miércoles, febrero 28, 2007

Dialogo di due marziani che s'incontrano per caso sulla Luna



"Toh! Chi si rivede?"
Guardandone la generosa scollatura, ma con nonchalance, per non farsi sgamare:
"Oddio, che sorpresa! Ma che fine hai fatto? Come stai? E' una vita che non ci vediamo".
"Eh, sono anni. Sempre in giro, come sempre, coi piccoli e il lavoro, non immagini che stress, per fortuna che mio marito mi da una mano, altrimenti a quest'ora ero morta".
Lui, sguardo stralunato (è normale sulla Luna), a metà tra lo shock e l'imbarazzo:
"I tuoi piccoli? Tuo marito? Ma allora ti sei sposata?".
Lei lo fissa dritto e ne apprezza gli occhi (verdi, sia i suoi che quelli di lui):
"No, sposata, nossignore: io sono una coppia di fatto; o meglio, io e il mio lui siamo una coppia di fatto".
Lui, sguardo rattristato e melancolico:
"E come si chiama il tuo lui?"
"Marco. Sono già 4 anni che stiamo insieme, mio dio, mi sembra un secolo. E tu? Come te la spassi? Ce l'hai una morosa?"
"Cooosa?"
"Sì, una ragazza, una fidanzata, come la chiami tu? Una compagna..."
"Ah, sì, ce l'ho, non è che sono single, abbiamo pensato anche di sposarci, ma sai com'è, la vita è cara, i prezzi sono alle stelle anche su Marte, con tutti quei cinesi poi, c'è stata l'invasione...".
"E il lavoro?"
"Nzomma, si tira a campare, come si suol dire. Ma ti trovo bene, sei davvero carina, sai? Mi sembri una donna d'altri tempi, una degli anni 50, per dire, quando si stava ancora sulla Terra".
Lei sorride (alle donne fa sempre piacere ricevere complimenti sotto la Via Lattea, in mezzo a milioni di stelle e meteoriti):
"Grazie, troppo buono. Ma anche tu non stai mica male, sei molto elegante con questo cappotto, il nero ti dona e ti sfila. E hai gli occhi sempre belli, un verde luminoso".
Lui sorride (anche agli uomini piace ricevere apprezzamenti sul proprio aspetto esteriore):
"Grazie a te, ora non esagerare sennò arrossisco".
"Ma prima dicevi anni 50: non mi trovi mica invecchiata, vero?".
Ridono entrambi, in coro (ed un momento raro e una gioia quando succede: sono di quelle volte in cui si registrano le immagini nella memoria del cervello per poi masterizzarsele e rivedersele a piacere ogni volta che si ha voglia di ritrovare un po' di calma e di bellezza, o serenità):
"Ma no, affatto, sei sempre tu. Solo che mi ricordi quell'ambiente lì, quando abitavamo sulla Terra".
"Ah, allora grazie, non devo preoccuparmi, no? Ora scusami, ma devo scappare, se perdo l'ultimo shuttle sono cavoli amari, devo scappare a fare la spesa, il frigo è deserto".
"Figurati, vai pure. Stammi bene, allora".
"Anche tu, e mi raccomando, teniamoci in contatto, eh?"
"E' stato un piacere, sai?"
"Anche per me, davvero. Ora vado. Ciao! E alla prossima!"
"Ciao!"
Lui si morde le mani. Non appena lei è scomparsa dalla sua visuale si è ricordato di essersi dimenticato di chiederle quanti figli ha e come si chiamano i suoi piccoli.
Lei, non appena si allontana e se lo lascia alle spalle, arrossisce al pensiero che il suo Marco non le aveva mai detto che sembrava una donna degli anni 50.
La Terra è un puntino azzurrognolo all'orizzonte, continua a girare intorno al Sole (in via di spegnimento) e intorno al proprio asse, sempre più inclinato rispetto al baricentro.
La Luna è fredda. Marte è caldo. Come sempre.

martes, febrero 27, 2007

Non so nemmeno...

...per quale diavolo di ragione mi hanno cambiato la versione di questo blog, non ricordo che tasti ho premuto, comunque non fa niente, si continua, finchè c'è vita...

Il bagno è occupato; una coppia si unisce mentre l'altra si lascia. Nico chiede un po' di consolazione, bisogna pur tirare avanti. Mentre Gianni si tuffa in vasca e liscia la schiena di...non mi ricordo più come si chiama, questa nuova fiamma. Intanto, c'è l'Anna che mente al marito, lui non se n'è accorto, come spesso succede in questi frangenti, lui sarà l'ultimo a sapere. Io ho mandato qualche curriculum a Firenze. Altri a Pisa. Finirò con il mandarne a Roma. E poi Parlemo. E infine un paio, tra Madrid e Barcellona.

Sul blog di un altro (quanti saranno i blogs in rete?) ho letto che uno dei momenti per rilassarsi e per poter riflettere serenamente è quando ti sposti e fai il pendolare. In treno, in autobus, in tram, trovi il tempo per chiederti che vita conduce quel vecchio con la busta della spesa, e quell'altro che sembra drogato e fissa le tette di quella professoressa con in braccio due bambini e tre saggi su Shakespeare. Trovi la giusta posizione per leggere il giornale di quello che hai seduto di fronte (lui legge il fronte tu il retro, una situazione che, in fondo, fa comodo a entrambi - a te di più, non hai pagato per il giornale). E la mente è finalmente libera di vagare dove vuole, dalla facciata di Santa Maria Novella alla cupola del Brunelleschi, mentre in via dei Calzaiuoli c'è il solito traffico cittadino (quelli con le biciclette non rispettano mai i segnali). E ti ricordi che devi fare la spesa, comprare quella cosa, chiamare a casa. Fa piano, torna presto, che a casa ti aspettano. Con il ritratto della Madonna che ti guarda con una faccia così triste, ma così triste, che hai quasi voglia di schiantarti contro il prossimo palo, o albero, o muro, cazzo... E poi sale il controllore (o la vecchietta con le stampelle, che non ce la fa o lo zingaro che vuole fregarti il portafoglio) e torni coi piedi per terra. Ma ricordati che devi comprare quella cosa. Che lei ti aspetta. Che a casa ti vogliono bene...

martes, febrero 20, 2007


Mulini a vento

La finestra è chiusa e la stufetta accesa. Una delle signore delle pulizie spalanca la porta, straccio e scopa in mano, pronta a fare piazza pulita. Lo studente ricorda che sono le 18,04 e che se non si affretta quelli della portineria lo lasciano chiuso dentro... orrore. Restare dentro la biblioteca dell'Università mentre gli altri vanno a casa, tutti pronti davanti ai televisori, tutti intenti a consumare la cena, mentre tu sei solo, in mezzo a libri e a riviste di vecchio stampo, quanta carta stampata, quanti pericoli dietro l'angolo, non serve nemmeno aprire la finestra per fare entrare un po' d'aria, ormai è fatta, ramazza e spazza, pulisce e spolvera, addio, la signora delle pulizie è andata, via, lontano, mentre entra Sancho con un panino imbottito e ti chiede se hai per caso visto Don Chisciotte, è di nuovo fuggito dal libro di Cervantes, non si riesce a tenerlo fermo ultimamente, mentre fuori fa freddo e soffia il vento, sei solo, la signora delle pulizie una vaga allusione sbiadita ad un passato ormai remoto, e Sancho ti domanda che fine hai fatto, dov'è quell'altro matto, ma che siamo tutti impazziti, guarda che casino e quanti libri e che giganti, spuntano da sotto il tavolo gli appunti dell'anno accademico 1996-97, un nano, un nonno, una mano, un pezzo di bandiera di Spagna, tre trottole, una videocassetta con su il titolo di un film che non ricordi di avere mai visto: "Don Quixote", per la regia (folle) di quel pazzo di Orson (Welles), requiescat (in pace)...

lunes, febrero 05, 2007

L'altra mattina, di Domenica, sul tardi, ho fatto una scoperta (il bello delle scoperte è che le fai quando meno te l'aspetti): sul letto, in compagnia di Alyssa, ho visto un film stranissimo; il regista è il norvegese Aki Kaurismaki (me ne aveva parlato Lu, ma l'avevo dimenticato). Il film s'intitola L'uomo senza passato, è uscito nel 2002, ma basta guardare le prime sequenze per "non" riuscire proprio a capire in quale epoca si svolga.
La trama è semplice (all'apparenza) e molto pirandelliana: un uomo, un saldatore, a quanto pare, prende il treno da una città di cui non sappiamo nulla per arrivare in un posto che non ci viene mai detto che posto sia; il tipo scende dal treno e viene malmenato da un gruppo di teppistelli. A causa della botta in testa perde la memoria. Non ricorda nemmeno più come si chiama, quando i primi che lo soccorrono (una famiglia povera che vive in una specie di baracca) gli chiedono spiegazioni.
Il film è girato in modo a dir poco perfetto (geometria delle passioni, mi verrebbe da dire, pensando a un titolo di Remo Bodei). La fotografia è fredda e gelida, come il paesaggio nordico, evidentemente, in cui si svolgono i fatti. La musica è geniale. I dialoghi sono eccelsi, da Premio Oscar. Il regista riesce a parlarci di religione, Dio, politica, ingiustizia sociale, povertà e filosofia del tempo con battute indimenticabili in cui si mescolano la tenerezza e il surrealismo più sfrenato (ora che ci penso, la faccia del protagonista - all'inizio con la testa fasciata - così imperscrutabile e così impassibile, nonostante le difficoltà del caso e gli scherzi del destino - scherzi pesanti, come perder la propria identità e non poter riuscire nemmeno a trovare un lavoro perchè, sfido io, chi vi assumerebbe senza carta d'identità? - mi ricorda la maschera gelida e divertentissima di Buster Keaton); battute indimenticabili, dicevo, come quella in cui il guardiano Attila (detto anche "il flagello di Dio") gli affitta un container, almeno un tetto sotto cui ripararsi, mostrando tutta la sua taccagneria:
LUI: "Quando posso traslocare?"
ATTILA: "Appena mi giro e non ti vedo"
LUI: "E per le chiavi?"
ATTILA: "Vedi una serratura da qualche parte?"
LUI: "No"
ATTILA: "Non fare il difficile allora. Un mese d'affitto in anticipo"
LUI: "Avrò i soldi domani, a Dio piacendo"
ATTILA: "Le sue vie sono infinite e a me sono sconosciute ma... se tu non paghi entro domani ti mando il mio cane killer a staccarti il naso con un morso".
LUI: "Tanto quello dà solo fastidio. Fa ombra sul panorama, dovunque io vada".
ATTILA: "Però non potresti più fumare sotto la doccia".
O quella in cui un imprenditore fallito va in banca per prendersi la somma esatta dei suoi risparmi congelati e l'uomo senza passato si trova in mezzo, mentre tenta di aprirsi un conto:
IL LADRO: "Adesso dovrò chiudervi qui dentro, per avere un po' di vantaggio, mi dispiace".
LUI: "E' perfettamente comprensibile nella sua posizione".
IL LADRO (chiudendo l'uomo e la cassiera nella cassaforte): "Mi fa piacere che tu capisca".
O quella, davvero indimenticabile (o da non dimenticare mai, quando la vita ci fa schifo e ci sembra di affogare nella merda e il suicidio è l'unica soluzione a ogni problema), in cui lui, l'uomo senza passato che sembra venuto dalla luna, approcia una poliziotta amica (con la quale avrà una romantica liason piena di humor e di pathos):
LA POLIZIOTTA: "Sei vestito come un pezzente".
LUI: "Ultimamente ho avuto delle avversità, ma penso che le supererò in pochi giorni".
Semplicemente geniale. Da morire dal ridere. O dal piangere di gioia...

jueves, febrero 01, 2007

In un periodo in cui regna il caos, l'anarchia, gli orari sballati e un'incertezza assoluta; in un periodo in cui, come disse Vattimo a Serena Dandini in uno dei pochi programmi guardabili della tv italiana degli ultimi vent'anni (Parla con lei, spostato fortunatamente in prima serata, alle 21 circa, il Giovedì, su Rai3) mi sento "apocalitticamente ottimista", sto cercando di trovare il tempo per portare avanti e (eventualmente) chiudere un nuovo racconto sul tradimento (tema a me caro, che più che tema è un'ossessione, come dice Alyssa, ormai stanca di "leggermi", tant'è vero che, almeno è quanto credo, ha smesso pure di leggere questo blog, tanto, dice, racconto sempre le solite cose - e non la biasimo, ma così facendo, con il suo "rifiuto", mi rende orfano di quelle due o tre "uniche" lettrici che ancora mi sopportano, aggiugendo ogni tanto magari anche qualche commento carino).
Il racconto in questione s'intitola (s'intitolerà, o forse, potrebbe intitolarsi) "Nicotina" e parla, giustamente, di gente che fuma (per vizio, per nervosismo, per abitudine, nel racconto cerco di farci rientrare tutti questi casi, per coprire la casuistica - o la casistica, come si dice in italiano - o almeno credo). Il protagonista è Andrea, parla in prima persona e racconta una mattinata in cui Franco, il suo coinquilino e compagno di sventure, si sveglia con la luna storta perché Gloria, una quarantenne avvenente e sposata, lo mette davanti al fatto compiuto: possono pure scopare, ma lei non lascerà mai il marito, ciccione e ricco.
Il punto.
Il punto è che Franco rompe le palle ad Andrea proprio mentre questi è impegnato a lasciare Mirella, la sua fidanzata, per email (metodo quant'altri mai antipatico, scorbutico e triste - anche per lasciare un cane; non ci si lascia per email, e io, personalmente, rimango sbigottito quando sento di amiche che sono state "scaricate" via sms, my god!). Andrea vuole arrivarci, al punto, chiarirsi le idee, ma Franco fuma e fa avanti e indietro, non riesce proprio a concentrarsi finché... arriva Mirella. E Franco la lascia entrare. E Andrea non fa in tempo a spegnere il pc portatile (con la batteria scarica) che Mirella legge l'email appena iniziata e che il suo "fidanzato" non terminerà mai più perché, giustamente, Mirella capisce l'andazzo e non vuol sentire ragione, gli molla un ceffone e affanculo, brutto codardo.
La trama si complica. Perché a questo punto i due "sentimentali" cercano di distrarsi ricorrendo all'azione. Franco spinge Andrea ad accompagnarlo fin sotto casa di Gloria, che vive ai Parioli, zona in della capitale, mentre loro soffrono il freddo in un bilocale schifoso di Centocelle, zona periferica e un po' così. E' notte e Franco indica ad Andrea la casa di Gloria e solo allora i due scoprono (con grande rammarico e sopresa di Franco) che la quarantenne focosa è anche madre e per di più di un ragazzo costretto a stare sulla sedia a rotelle (non si capisce bene se perché disabile o vittima di un incidente - o di una malformazione genetica).
Sono arrivato a questo punto. Che forse è un punto morto. E non so come andare avanti. Mi era venuta in mente un'altra scena. Quella in cui Andrea consola Franco. I due tornano a casa. Andrea scende a comprare l'ennesimo pacchetto di Marlboro e proprio nel bar sottocasa intravede il marito ciccione di Gloria. E' in compagnia di una biondona. Si avviano verso la sua macchina per appartarsi (lontano dagli sguardi indiscreti). Ma mi sembra troppo trito. Ovvio e scontato. Andrea potrebbe spifferare tutto a Franco e questi mettere Gloria davanti al fatto compiuto. Suo marito, il ciccione, la tradisce e lei non si è accorta di niente, lei che è pure madre, oltre che moglie, e che dovrebbe stare più a casa, ad accudire quel poveraccio che sta sulla sedia a rotelle.
Insomma, una montagna di luoghi comuni da evitare, se non voglio correre il rischio di scivolare nell'ovvio. Ho anche pensato a una versione "fantascientifica", a una più stile thriller e a un'altra più sul genere slapstick o "commedia rosa". Dovrei riguardarmi un po' i film di Ernst Lubitsch. Lui sì, che se ne intendeva d'intrighi rosa... tendenti al giallo o al noir...

 Un incubo (letterario) La fortuna (o il caso o  il destino o chiunque si trovi a gestire le nostre vite terrene) ha voluto che, un paio di ...