miércoles, noviembre 28, 2012


Stanley Kubrick e me, di Emilio D'Alessandro, ovvero: come vivere (e sopravvivere) accanto a un genio



Comprato quasi per caso presso l'ex MelBookStore (attuale IBS) di Via Nazionale, Stanley Kubrick e me (il sottotilo esplicita: “Trent'anni accanto a lui. Rivelazioni e cronache inedite dell'assistente personale di un genio”, Milano, Il Saggiatore, 2012) è un libro che mi ha profondamente colpito e divertito ed emozionato...

E' una sorta di diario di bordo, redatto da Filippo Ulivieri (esperto kubrickiano di lunga data e responsabile dell'ArchivioKubrick sul web – mai sentito parlarne prima, dovrò farci una capatina) e “dettato” allo stesso Ulivieri dall'eroe (o anti-eroe?) protagonista Emilio D'Alessandro, destinato a diventare l'amico più intimo, l'aiuto indispensabile, la spalla su cui piangere, il tuttofare disponibile 24 ore su 24, l'assistente più tartassato, oltre che quello più rispettato, del regista di Arancia Meccanica.

Come non provare subito simpatia per uno come D'Alessandro? Fuggito da un paesino nei pressi della natia Cassino nel 1960 in Inghilterra per evitare il servizio militare obbligatorio, fa vari lavoretti per poter sopravvivere insieme alla moglie, Janette, e ai figli piccoli. Coltiva la sua passione per le auto da corsa, fino a quando non viene contattato da tale Stanley Kubrick, che lo assume per fargli fare l'autista personale (quello che, per intenderci, è chiamato a scarrozzare i vari attori chiamati a partecipare nei film del regista americano dall'aeroporto di Londra alla tenuta che lo stesso si costruisce nella periferia più verde e isolata dell'Impero Britannico).

Emilio D'Alessandro non sa che pesci pigliare: non ha particolare esperienza nel campo del cinema, non sa nemmeno bene di preciso in cosa consista il lavoro del regista cinematografico. Ma comincia a stare bene, accanto a quest'uomo corpulento e dalla barba folta che, di media, impiega un paio d'anni per documentarsi sul film in corso e ce ne mette altri 2 per portare a termine il progetto finito...

Stanley Kubrick e me è, quindi, anche questo: il racconto in prima persona di una gran bella amicizia, quella tra Emilio e Stanley, ed è, al contempo, il racconto che consente a noi lettori aficionados di “entrare” nel dietro le quinte della vita di un genio, con tutte le sue debolezze e idiosincrasie, con tutti i tic che lo rendono, appunto, una persona “geniale” (o “fuori dalla norma”).

Sono innurevoli gli anedotti di vita vissuta che potremmo citare; a me sono rimasti in mente quello che riguarda Viviane (una delle figlie di Kubrick), giovanissima regista intenta a riprendere il papà mentre gira Shining (e Kubrick la sgrida – sia perché intralcia il suo lavoro con gli attori sia perché... sta usando lenti a suo parere sbagliate! Kubrick voleva avere l'ultima parola sempre e comunque, perfino nelle scelte della figlia aspirante regista!) e quello che riguarda la scena del ballo con cui si apre Eyes Wide Shut. Emilio è chiamato, in questo caso, a dare una mano e a ballare accanto a una delle modelle figuranti per permettere a Stanley di “calcolare” al centimetro la giusta distanza tra Nicole Kidman, Tom Cruise e gli altri attori del set e la famosa “steady-cam”. Dopo 3 ore di ballo, Emilio D'Alessandro non ce la fa più, cede la modella a un altro e sbotta, non prima, però, di averci confessato che quella è stata una delle serate più belle, serene e piacevoli passate in compagnia dell'amico regista.

Genio e follia; genio è follia. Emilio D'Alessandro ci mostra il volto umano (a volte, umanissimo) di un regista che, se agli occhi dei media è sempre apparso come una sorta di “orco cattivo” o “orso solitario”, agli occhi dei futuri lettori di questo diario di viaggio riuscirà ad apparire per quello che era in realtà: un uomo pieno di ansie, di paure, di ansia da prestazione; uno che non voleva mai deludere il suo pubblico e che, pur di fare buoni film, era disposto a tutto, anche a ribaltare un'intera casa, anche a disturbare il buon vecchio D'Alessandro alle 3 del mattino (per chiedergli, magari, soltanto: “Dove sono i miei calzini?”).

Il libro è “impreziosito” (come si dice in questi casi – sembra proprio una pubblicità, sta recensione) da un bel po' di foto inedite di Kubrick, del suo “entourage” e dei set dei suoi film più famosi (e queste foto fanno impressione, perché – pur essendo solo fotografie – riescono a “bucare” lo schermo della memoria e a riattivare nello spettatore le scene dei film cui alludono).

domingo, noviembre 25, 2012


Da un po' di tempo


E' da un po' di tempo che non aggiorno questo blog (quasi 18300 pagine visitate, inizio ad avere un po' paura e non riesco proprio ad immaginare chi siano i miei "potenziali" lettori... continuo a constatare che i "post" preferiti e più letti sono quelli dedicati al "cinema" - e io che pensavo di poter puntare tutto sulla "letteratura", vabbè... e vabbè pure che con la "letteratura", o meglio, con le cosiddette "humanae litterae" - o anche "studia humanitatis"  - ci campo, almeno fino ad oggi...).

Dicevo: è da un bel po' di tempo che non aggiorno il mio "diario di bordo" (di un "bordeline") e ce ne sarebbero di cose da annotare, appuntare, o su cui discettare, riflettere, pensare...

Un pensiero fisso, da un mesetto circa a questa parte, concerne però le donne... Quelle che ho conosciuto, quelle che frequento ogni giorno, oltre che quelle che mi piacerebbe conoscere per farci (magari) che ne so una famiglia (dei figli, per dire)... Le donne (in quanti "post" parlo di voi, donne?).

E pensa che ti ripensa, mi è venuta in mente una frase, che ho messo nero su bianco, e ho cercato di trasformare in algoritmo (che ci sia riuscito, beh, questo è - come suolsi dire - un altro bel paio di maniche).

E dunque, le donne ("male necessario" per noi maschi, secondo alcuni; "bene prezioso" per me che senza di loro sarei perso, o non sarei ciò che sono - un uomo, con tutti i limiti e i difetti che il termine "uomo" implica; un amante, schiavo di certe debolezze, affascinato dal corpo femminile, e da certe parti dello stesso; un compagno di avventure, cui confidare i propri segreti più nascosti e che ama confidare a certe donne i propri segreti più inconfessabili). Ecco, questo è l'algoritmo (piuttosto sciocco e strampalato, come sono io ultimamente):

"Le donne con me sono come le altalene: ridono, piangono, si disperano, gioiscono, fanno piani per il futuro e poi sposano qualcun'altro. Delle due l'una:o sono io che le faccio schizzare o è che attiro solo le altalene. O ancora un'altra ipotesi (la più inquietante): sono io l'altalena e loro salgono su per farsi un giro..."

E ciò detto, rimando a una prossima puntata le riflessioni pseudo-seriose su "cinema" e "letteratura"...

Letture pasquali Provo a leggere, in queste vacanze pasquali, tra una corsa in bicicletta in alta montagna e le mangiate assurde previste da...