Alla fermata del bus
Alla fermata del bus capitano le cose più assurde e strambe e
incomprensibili. Come l’altro giorno, quando un tizio coi capelli sconvolti e
al vento, il fisico rachitico, l’andatura da vecchio, mi si avvicina e inizia a
parlarmi e io non ricordo chi sia, né come si chiami, né quando l’ho conosciuto
(“Non ti ricordi? Al congresso sul valore educativo dell’esperienza” e io mi
domando subito: “Ma ho mai partecipato a un congresso sul valore educativo
dell’esperienza? Può l’esperienza avere un valore educativo?”).
Arriva il bus e il tizio che non so come chiamare mi sospinge e mi
fa accomodare accanto a sé. Iniziamo a parlare dell’Università, delle molte ore
di lezione, dello stress creato dagli studenti più pigri o più ignoranti,
quelli che ti scrivono email su questioni facilmente risolvibli consultando il
sito del Campus, quelli che chiedono a che ora è l’esame, quelli che rompono le
palle per ogni bazzecola, e poco a poco comincia a parlarmi dei suoi interessi,
dei suoi campi d’indagine, del suo ambito di ricerca:
“Sai, qui do corsi su Lingua Inglese, ma la mia vera passione è la
Letteratura Inglese”.
Gli chiedo che periodo studia o a quale autore si dedica. Ed è
come se gli avessi dato il “là”. Inizia a sproloquiare, non si ferma più, so
già che dovrò ascoltare fino al capolinea.
“Mi occupo di Dante Gabriel Rossetti”, mi fa, con tono papale, e
aggiunge: “Studio i rapporti tra l’immagine e la parola nella poetica del
Poeta”.
Provo a fare mente locale: i Preraffaelliti, Dante Gabriel
Rossetti, un italiano che appare nel manuale di Letteratura Inglese, ma non
ricordo se scrisse sempre e solo in inglese o se pubblicò qualcosa anche in
italiano.
Il tipo assurdo mi viene in soccorso, specificando e snocciolando
amabilmente date e nomi ed interi alberi genealogici:
“Suo padre, Gabriele Rossetti, fu famoso per aver pubblicato un
saggio su Dante, o meglio, sull’immagine di Beatrice all’interno della Divina Commedia”.
Allora è per questo che si chiama così, deduco in quattro e quattr’otto:
Dante, la grande passione di Gabriele, suo padre. Dante + Gabriel + Rossetti.
Ma suo padre scrisse e pubblicò sempre e solo in italiano?
“Fece scalpore. Offriva una rilettura in chiave esoterica del
famoso personaggio femminile. Il libro fu censurato e messo al bando. Era
impossibile procurarsene una copia, fino a qualche anno fa”.
Mi viene subito la curiosità di sapere come s’intitola questo
saggio esoterico su Beatrice e Dante.
Il tizio non lo ricorda e assume un tono a metà tra la malinconia
e la depressione più nera:
“Che gran peccato non conoscere l’italiano... So per certo che
quel libro potrebbe darmi qualche indizio giusto per interpretare correttamente
l’intera poetica del Nostro. Una volta l’ho perfino toccato con mano. Il
manoscritto originale, intendo, quello che scappò alle grinfie della censura. È
conservato all’interno della British Library. Che emozione. E che tristezza non
parlare la tua lingua. Dovrei studiare italiano a fondo. Conosco bene l’inglese,
mi difendo in francese, ma l’italiano...mio Dio...”.
Ecco: questo folle è riuscito a contaminarmi. Mi ha già trasmesso
il virus (benevolo) della curiosità erudita. Come s’intitola? Chi è davvero
Gabriele Rossetti? Che razza di lettura ha fatto del capolavoro dantesco?
Deriva davvero dalla sua passione per Dante il nome del figlio? Dove visse o
dove nacque il figlio? Chi erano i Preraffaelliti?
Al capolinea mi saluta stringendomi forte la mano e promettendomi
un caffè al bar della facoltà. La mattina seguente a questo incontro assurdo
vado a cercare informazioni su Wikipedia (fonte inaffidabile, ovvio, ma è pur
sempre un principio, un modo per iniziare le indagini).
E scopro che Gabriele Rossetti è mio conterraneo: è nato a Vasto,
in Abruzzo, a pochi passi dal paesino di montagna in cui sono nato anch’io. Ha
pubblicato un Commento analitico al
Purgatorio di Dante nel 1826 e dei Ragionamenti
sulla Beatrice di Dante nel 1842. Fu “conservatore dei marmi e dei bronzi
antichi” del Museo di Napoli; “poeta” del Teatro San Carlo, sempre a Napoli;
nel 1820 appoggiò i moti liberali (era un giacobino convinto) e per questo fu
costretto all’esilio, prima a Malta, poi a Londra, dove arriva nel 1824 e dove
resterà per il resto dei suoi giorni. Qui diventò professore di Lingua e
Letteratura Italiana presso il King’s College, dove insegnò fino al 1847
(morirà 7 anni dopo, all’età di 71 anni). Come suo figlio, scrisse poesie, sia
di carattere civile che religioso. Recentemente sono stati scoperti due
manoscritti autografi di un poema che s’intitola Il Tempo, ovvero Dio e l’Uomo, opera subito inclusa nell’ “Indice
dei Libri Proibiti” per i suoi violenti attacchi contro il Papato e contro la
Monarchia.
A Vasto è attivo un “Centro Europeo di Studi Rossettiani” che, tra
le altre cose, organizza i “Giovedì rossettiani”: ora, ad esempio, dal 27 Marzo
al 24 Aprile, ogni Giovedì, presso la Pinacoteca del Palazzo d’Avalos, si
riuniscono scrittori e critici italiani per parlare... di letteratura
contemporanea.
Cerco su Amazon i due titoli che riguardano le interpretazioni di
Dante e della figura di Beatrice nella Divina
Commedia e scopro che costano moltissimo, dai 110 euro in su (chi ce li ha
usati non li molla per meno di 90 euro). Cosa ci sarà mai scritto nei Ragionamenti sulla Beatrice di Dante...
O nel Commento analitico al Purgatorio di
Dante... Perché proprio il Purgatorio e non l’Inferno; perché Beatrice e
una lettura esoterica del personaggio; perché giacobino e anti-papista; perché Il Tempo, ovvero Dio e l’Uomo...
Ecco: ormai non potrò più avere pace fino a quando non potrò
trovare risposte certe a questi interrogativi. Maledetto sconosciuto che ti ho
conosciuto a un congresso sul “Valore educativo dell’esperienza”... Può l’esperienza
avere un valore educativo? Almeno a quest’interrogativo so rispondere: certo
che sì, certo che può... Perfino alla fermata del bus.