sábado, agosto 30, 2014

Celibe


E’ strano: è da più di due anni che indosso un braccialetto di cuoio, nero, e proprio stanotte mi si è rotto. E’ strano perché l’autodistruzione del bracciale avviene la notte prima di un evento che – almeno in teoria – cambierà per sempre la mia vita e – almeno immediatamente e all’atto pratico – cambierà per sempre il mio stato civile. E’ strano, ma non del tutto anormale, quindi, il fatto che io attribuisca alla rottura del braccialetto un significato del tutto particolare, un significato simbolo (la rottura sta per qualcos’altro, ovviamente). Domani cambio vita e ancora non me ne rendo bene conto.
In realtà, so già cosa mi aspetta: quali sono i gesti di rito (grazie, non dovevi; oh, ci sei pure tu! Grazie, sei un mito! Madonna, ma ti sei fatto tutti questi kilometri per venirci a trovare, non dovevi proprio! Grandissimo, era una vita che non ci vedevamo, eh?), quali le parole convenzionali previste dal codice civile, quali i momenti culminanti della festa (finiremo tutti a ballare la tarantella o la “Macarena”, brilli a più non posso, è inevitabile, suvvia). E so pure quali saranno i riti che continueranno a puntellare la mia vita di coppia con la mia compagna di avventure. So che lei è la mia compagna di avventure ideale. E so, quindi, che nel più profondo del mio animo, nella zona più intima della mia coscienza, anche domani (come pure dopodomani o come pure tra un mese o anche un anno), io continuerò a pensare alla mia compagna di avventure come l’ideale: qualcosa di perfetto, o quasi. E continuerò a pensarlo pure sapendo, in realtà, che “ideale” non lo è nessuna donna in carne ed ossa e che respiri su questa Terra. Perché anche lei – che ora definisco con l’aggettivo di cui sopra – è “umana” e, dunque, soggetta a quei difetti, a quegli andirivieni, a quei tic che ci contraddistinguono tutti in quanto “esseri umani” e perciò: “deboli”, “arbitrari”, “irascibili”, “influenzabili”, “incontentabili”, “indecisi”, “invidiosi”, “gelosi”, “permalosi”, “orgogliosi” e via di seguito.
Le dedicherò perfino un mini-discorso, domani, alla mia donna ideale (o all’ideale di donna per me o alla mia idea di donna perfetta). E in quel caso non adotterò a proposito l’aggettivo “ideale” proprio per non venire meno alla consapevolezza che “ideale” non potrà mai esserlo perché se l’accetto così com’è dovrò accettarla anche perché si discosta (o si discosterà sempre) dal mio “ideale”. Sarà, dunque, sempre “umana”.
E allora ecco, ora capisco che è proprio perché riesco a vedere il suo lato “umano”, la sua fragilità, in quanto donna e in quanto essere umano, che io ne sono perennemente (ancora, sempre, sempre di più) attratto: e questo ha un che di magico, ha un che di irrazionale, ha un che di – perché non dirlo? – romantico che mi fa impazzire, che mi fa ridere e che mi fa sorridere come poche altre cose su questa Terra.
E allora mi preparo: ad accoglierla e ad abbracciarla, a baciarla e ad amarla per quel tanto che posso, per quel tanto che sento, per quel tanto che provo.

Sì, è una notte strana questa, e stramba, ed emozionante. Una notte in cui anche la rottura di un bracciale può assumere valenze filosofiche o universali esorbitanti. E domani vedremo come andrà a finire davvero, e se l’alcol non farà ballare gli invitati prima del tempo (ma conoscendoli, credo proprio che sarà così).

miércoles, agosto 20, 2014

"Autori" in balia del tempo (oltre che del caso)



La storia è andata avanti, ovviamente, come tutte le storie (anche se ancora non è finita, non per ora, almeno - e mi domando anche: "Quando finirà?"). 

L'autrice del romanzo di cui io avevo dato la mia opinione non ha tardato molto a mandarmi un'email dicendomi che le era piaciuta molto la mia recensione (anche se non si trattava di una recensione, come ho spiegato nel post precedente) e che era davvero contenta di sapere che c'era gente disposta a leggere le sue cose (nel mondo di oggi non sono molte le persone disposte a leggere con attenzione il frutto dell'immaginazione di autori "in erba" o poco noti o affatto noti ai più). 

Nella parte finale dell'email, poco prima dei saluti di congedo di rito, la scrittrice ha pensato bene di rifarmi la stessa domanda che mi aveva posto la presidentessa dell'Associazione Culturale di cui sotto: "Secondo lei, è davvero un romanzo degno di essere pubblicato?".

Mi sono sentito in dovere di risponderle, utilizzando tutta la mia diplomazia e i miei modi gentili. Le ho spiegato che secondo me un romanzo che parla della Sicilia dei primi del Novecento e che mette in scena le difficoltà e il dolore di una donna che soffre sulla propria pelle i soprusi di una società fondamentalmente "machista" poteva certamente trovare il riscontro dei lettori italiani medi di oggigiorno. Certo - aggiungevo - bisogna trovare l'editore giusto, l'editore disposto a scommettere su questa storia, l'editore capace di scorgere la qualità letteraria di cui (obiettivamente) il libro era dotato.

E allora, a questa mia risposta, è seguita subito un'altra email, in cui la scrittrice in erba mi chiede se posso farle l'immenso favore di suggerirle qualche editore italiano disposto a pubblicare la traduzione dallo spagnolo del suo romanzo. E qui sono cominciati i rompicapi, perché io non ho mai avuto rapporti diretti con casa editrice alcuna, o meglio, ho sì avuto qualche rapporto, ma in modo molto sporadico, indolore e asettico (le cose che ho pubblicato io finora riguardano il mondo accademico, non certo la letteratura di fantasia o quella rivolta al cosiddetto "grande pubblico").

E insomma, gira che ti rigira, mi prendo a cuore la questione suscitata dalla mia nuova amica e collega e comincio a spulciare sui siti della grandi case editrici italiane: Einaudi, Mondadori, Garzanti, Adelphi, Bompiani, Ponte alle Grazie, Rizzoli, se dobbiamo puntare, che si punti in alto, penso tra me e me (povero ingenuo).

La semplice ricerca effettuata su internet mi spinge a leggermi gli avvisi che tutte (o quasi tutte) le case editrice appongono sulle loro "porte" virtuali in vista delle domande frequenti degli autori inediti (o in erba) e gli avvisi si somigliano un po' tutti: "Caro autore inedito, per cortesia, prima che lei ci inondi le stanze delle nostre case con manoscritti e scartafacci originali, si prenda la briga di dare uno sguardo al nostro catalogo: non verranno accettati prodotti che si allontanano o che si discostano o che non ci azzeccano proprio nulla con le collane da noi gestite" (e ci può anche stare: inutile mandare un romanzo "horror", per dire, a una casa editrice che pubblica romanzi "rosa", ma poi il tono cambia): "Ci teniamo anche ad avvisarla che - data la carenza di personale / data l'attuale crisi / dati i tempi lunghi che richiede la lettura di milioni di manoscritti inediti che ogni giorno invadono la nostra casa / date le circostanze - non potremmo darle una risposta prima dei 6 / 9 / 12 mesi successivi al suo invio" (e qui uno comincia a guardare alla realtà delle case editrici con un occhio un po' meno benevolo; le case editrici sembrano mondi sul punto di soccombere sotto quintali di carte, gli editori sembrano guru che ti stanno facendo un enorme, immenso favore anche solo a leggerti, figuriamoci poi darti una risposta una entro l'anno o i nove mesi o i sei, quelli più rapidi).

Insomma, alla fine riesco a trovare un blog scritto da qualcuno che conosce perfettamente l'ambiente del mercato editoriale italiano, un'anima pia che ha messo online tutti gli indirizzi "giusti" di quasi tutte le case editrici esistenti sul territorio nazionale con l'aggiunta di tutti i messaggi o avvisi che ogni casa editrice ha scelto di apporre alla propria "porta" virtuale al fine di avvisare l'ingenuo o ignaro scrittore in erba di turno...

E io mi sono fatto un'idea di come vanno queste cose: forse mi sbaglierò, ma mi pare proprio che è l'editore che ti sta facendo un favore, non sei tu, autore inedito, a rappresentare una chance per l'editore, è vero esattamente il contrario: io, editore, rappresento una chance per te, autore, e se vuoi diventare tale, sappilo sin da ora, dovrai prima passare sul mio cadavere (dovrai prima essere sottoposto al mio supremo, insindacabile, inappellabile, tardivo giudizio). Non ci sono santi né madonne. C'est la vie... Gli autori inediti (come il resto dell'Umanità, d'altronde) sono pure loro sottoposti agli strali del destino, alle fortunose vicende del fato, sono, per farla breve, pure loro in balia del tempo e del caso (incarnato in tal caso dalla volontà superiore degli editori).

 Un incubo (letterario) La fortuna (o il caso o  il destino o chiunque si trovi a gestire le nostre vite terrene) ha voluto che, un paio di ...