jueves, marzo 10, 2016

GOMORRA




Uno degli effetti immediati che produce la lettura di Gomorra (Milano, Mondadori, 2006) riguarda il modo in cui il libro cambia il nostro punto di vista sulla realtà esterna; se prima della lettura, ci sentivamo “innocenti”, a lettura terminata siamo diventati (quasi inconsapevolmente, quasi in modo ineluttabile) “complici” dell’autore, co-autori del reportage di Roberto Saviano. A partire da questo momento, non potremo più ignorare certi fatti (certi nomi e cognomi), certi meccanismi di potere, certe storpiature interne al Sistema (e con questo termine non mi riferisco solo e soltanto alla Camorra – che è il senso che Saviano dà a questa parola – ma anche allo Stato – e non soltanto quello italiano, che è anche quello che subisce più da vicino e quotidianamente le storpiature e le manipolazioni della Camorra – il Sistema all’interno del Sistema –, ma anche quelli esteri, tutti gli Stati che compongono il panorama geopolitico attuale, dalla Cina all’Uganda, passando per l’Australia e la Norvegia).

Roberto Saviano riesce a trasmetterci l’odore del sangue delle vittime delle faide camorriste; il senso della filosofia capitalista brutale che si trova alla base della fame di denaro e di potere dei clan; il senso d’impotenza e la rabbia profonda di chi sente il bisogno di dare una testimonianza diretta, netta e chiara dei fatti.

La parola (letteraria o giornalistica: i dubbi sono leciti, a tratti il libro lascia incerti circa l’uso di uno stile che pare continuamente a metà tra Letteratura e Giornalismo) come arma che può cambiare le cose. Ecco, anche solo per questo aspetto, Gomorra merita il plauso che ha ottenuto dal 2006 fino ad oggi (un plauso paradossale, perché – come tutti sanno – proprio a causa del successo del libro Saviano è stato fatto oggetto di minaccia di morte da parte di quegli stessi boss di cui racconta le imprese criminali).

E se dovessi scegliere il capitolo più riuscito perché più sconvolgente, sceglerei l’ultimo, intitolato “Terra dei fuochi”: qui Saviano ci racconta come funziona lo smaltimento illegale dei riufiti tossici e ci offre un quadro apocalittico della società attuale. Il mondo come enorme container di spazzatura; l’essere umano come assurdo pupazzo che paga per eliminare ciò che non è più utilizzabile (gli scarti che inquinano) e che, pagando, si scava la tomba con le proprie mani… Come se fossimo precipitati all’interno di un circolo vizioso in cui l’aria è irrespirabile e in cui la speranza di vita si riduce ogni giorno di più.

Tremendo e atroce atto d’accusa verso un Sistema che non vuole aprire gli occhi e che, così facendo, permette all’altro Sistema di crescere e prosperare sulle spalle degli ignari (a volte, anche innocenti) cittadini…

jueves, marzo 03, 2016


Echi di Eco (e di Sebald)




E insomma, è il 3 Marzo del 2016 e dopo 10 anni mi accorgo del fatto che il protagonista de La misteriosa fiamma della Regina Loana (Milano, Bompiani, 2004) si chiama Yambo Bodoni come omaggio: a) all’illustratore e scrittore per ragazzi Enrico Novelli (in arte, appunto, “Yambo”); b) al carattere omonimo del programma di scrittura Word.

Echi di Eco. Quanto ci mancherai, Umberto E.?

Dico 10 anni perché proprio 10 anni fa gli dedicai un articolo al succitato romanzo di Eco (per me, uno dei suoi migliori marchingegni narrativi, insieme a Baudolino, e uno dei suoi libri più allegri e autobiografici e colorati), in occasione di un congresso di Letteratura Comparata (e di fatto, accostavo Eco a W. G. Sebald per l’uso delle immagini – o di vari e variegati “documenti visivi” – all’interno della trama romanzesca e del corpo del testo – con esiti, a dire il vero, tutt’altro che simili, anzi…quasi simmetricamente contrapposti: il protagonista di Eco cerca di ricordare il passato a partire dalle immagini (di libri, giornali, pubblicità d’epoca); i narratori di Sebald, invece, introducono le immagini per dare maggiore effet du réel a quanto vanno raccontando, storie che sembrano del tutto irreali, o inverosimili, e di fatto, stranamente, le foto (anche di persone realmente esistite) non fanno altro che aumentare i dubbi del lettore, che non sa che pesci prendere, a cosa appigliarsi, nonostante la profusione dei documenti visivi del narratore, un caos).

E chissà, forse fra 10 anni scoprirò qualche altro dettaglio interessante che mi era sfuggito leggendo Vertigini o Gli anelli di Saturno (i due capolavori, per me, di Sebald).

Intanto, mi godo il momento della scoperta (quella frazione di secondo in cui senti che c’è un filo comune tra le cose che hai letto e che leggi, che si scova un significato nascosto dietro le parole, che quelle parole aprono la porta verso interpretazioni cui non avevi prestato attenzione all’inizio, a una prima lettura, che ogni lettura è nuova e può apportare nuova luce al senso di ciò che hai letto, anche se – come giustamente ci ricorda Eco – c’è un limite alle interpretazioni, a tutto c’è un limite, non ci si può abbandonare alla semiosi infinita).


Echi di un grande Eco (quello in foto, invece, è "Yambo").

Letture pasquali Provo a leggere, in queste vacanze pasquali, tra una corsa in bicicletta in alta montagna e le mangiate assurde previste da...