21 Agosto del 2016
Dunque,
vediamo: è da più di un mese che non metto piede in questo “spazio virtuale”,
in questo “diario” di bordo di uno che vive ai bordi… Care 3 o 4 lettrici
affezionate, vi starete di sicuro chiedendo che fine abbia fatto, perché sia
scomparso, perché non mi sia messo a scrivere recensioni di libri letti da
poco, di film visti o di classici rivisti, perché non abbia più riflettuto
sulla mia vita, sulla Vita e sulla Morte, in generale, su Dio e sul perché si
invecchia… La risposta è presto detta (o meglio, scritta): perché ho trascorso
un mese e passa a viaggiare in auto (una Volkswagen Golf con 14 anni di vita e
162 mila chilometri di strade percorse a tutto gas) per mezza Europa, tra
Spagna, Francia e Italia...
Barcelona,
Valencia, Madrid, Perpignan, Montpellier, Marseille, Aix-en-Provence, Nîmes,
Bézier, Toulon, Cannes, Monaco, San Remo, Genova, Livorno, Pisa, Arezzo, Roma,
Perugia, Orvieto, Terni, i nomi delle città in cui ho messo piede per la prima
volta o in cui sono tornato dopo tanti anni (Pisa, ah! Il Lungarno pisano, quel
Lungarno che anche Leopardi preferiva a quello di Firenze! La Piazza dei
Miracoli, la Piazza dei Cavalieri, Borgo Stretto, la Piazza delle Vettovaglie,
ah, quanti ricordi, miodio, legati a Pisa!) mi si accavallano nella memoria ed
è difficile tenere il conto…
Mi risulta
impossibile poter narrare anche solo una minima parte di questo viaggio lungo e
appassionante; impossibile anche solo citare tutti i personaggi conosciuti
lungo il cammino insieme alla mia “compagna di avventure”; impossibile
ricordare tutte le esperienze che so già che mi lasceranno una traccia
indelebile nell’animo; impossibile, anche se, come sosteneva Julio Cortázar, la
scrittura migliore, quella più vera, è proprio quella che pretende di
raccontare tutto, quella che ha l’ambizione di narrare il tutto, anche se sa
già che ciò è una “missione impossibile”…
Vi basti
sapere che mi trovo in una casa di montagna a circa 1200 metri di altitudine;
in una regione spagnola del Sud ricolma di oliveti (qui fanno l’olio più buono
del mondo, a detta di molti); in un paesino di circa 500 anime (d’inverno;
perché d’estate si ripopola, grazie a quelli che tornano da Barcelona o da
Madrid o da Sevilla per rivedere i familiari).
La casa è
eredità della nonna della mia “compagna di avventure” ed è costruita su un
promontorio isolato; dalla terrazza vediamo la croce della cima della montagna
più vicina; dalla finestrella del bagno si vede il bosco (ogni tanto vedo lupi
e cervi che saltano da una roccia all’altra o che si nascondono dietro un
tronco).
La casa è
enorme, ci potrebbero dormire almeno 14 persone, ho contato (per ora) almeno 4
o 5 camere da letto; ci sono 2 bagni; 2 cucine enormi; una terrazza (già
citata) da cui si può godere una vista spettacolare sulla Natura che ci circonda.
Insomma, un vero Paradiso e invece… siamo tutti e due impauriti all’idea di
dover trascorrere la nostra prima notte dopo il viaggio ulissiaco in questa
casa. In una delle camere abbiamo trovato una fotografia in bianco e nero degli
anni 30. La mia “compagna di avventure” mi indica vari parenti morti e sepolti
e, tra questi, una ragazzina di circa 12 o 14 anni che le assomiglia in un modo
davvero inquietante. Lascio la fotografia sul comò, mi allontano da quello
sguardo sperso di una giovane morta chissà da quanto tempo e chissà per quale
malattia rara, quando mi reco in bagno inizio a credere di sentire un rumore
strano, costante, e anche piuttosto fastidioso.
Tremo e
chiamo la mia “compagna di avventure”: le chiedo di salire sopra e di ascoltare
anche lei il rumorino di fondo. Viene da una seconda ed enorme terrazza di cui
ignoravo l’esistenza. Il rumore cessa, poi riprende, come di qualcuno che sta
scavando o graffiando la tapparella. Ora siamo entrambi a tremare, la paura ci
paralizza entrambi, bisogna agire, faccio l’uomo (si fa per dire) e con una
scopa in mano (ridicolo redivivo Don Quijote) mi avvicino alla finestra della
terrazza e sollevo la tapparella di colpo: un gatto nero scatta all’indietro e
poi ci fissa con atteggiamento di sfida, come se l’avessimo disturbato con la
nostra paura, e la mia stupida e ridicola scopa in mano.
“Era solo un
gatto”, fa la mia “compagna di avventure”.
“Sì, ma è
nero e gli manca un occhio, non lo vedi?”, le rispondo, facendole notare il
dettaglio anatomico perturbante di quest’animale che vorrebbe entrare da noi
proprio quando noi vorremmo uscire da qui.
Chi riuscirà
a dormire in queste condizioni? Come conciliare il sonno?
La mia
consorte si lava i denti in bagno con la porta aperta perché ha paura del gatto
orbo; io lascio la scopa in cucina; speriamo di riuscire a far l’amore e di non
avere gli incubi. Maledette foto del passato, che congelano (per l’eternità) i
volti dei morti di tanti e tanti anni fa…
E’ il 21
Agosto del 2016 e l’orologio segna la mezzanotte e 43 minuti…
P.S.: è il 24 Agosto del 2016, oggi; sono passati solo 3 giorni dal "post" che avevo intenzione di pubblicare il giorno stesso in cui lo scrissi e che poi, per vari imprevisti, non sono riuscito a far apparire su questo blog; solo 3 giorni, e in così breve arco di tempo, un terremoto ha messo a tappeto un paese (Amatrice) e sconvolta mezza Italia centrale (a pochi chilometri, in linea d'aria, dall'ameno paesino sui monti abruzzesi in cui ho visto la luce). Il pensiero va alle vittime; a chi aiuta e scava tra ciò che resta delle case; a chi è sopravvissuto e porta la paura nel cuore.