martes, marzo 19, 2019

Un minimo di cortesia


Dunque, i fatti sono questi: un amico scrittore mi ha proposto un'idea: "E se traducessi tu dallo spagnolo all'italiano i miei racconti?". Ed io ho subito detto di sì. Perché, a mio modesto parere, l'amico e scrittore in questione è molto più bravo nella corta che nella lunga distanza (anche se - guarda il caso - è stato grazie ad uno dei suoi ultimi romanzi più estesi - circa 300 pagine - che è riuscito ad arrivare penultimo in uno dei concorsi letterari più importanti e prestigiosi della Spagna).

E allora mi attrezzo e inizio a cercare le eventuali case editrici che meglio si confanno alle bisogna. E inizio ad appuntarmele in una bella lista che mi ricorda (nella memoria) quella volta in cui tentai di fare lo stesso per una scrittrice d'ogirini italo-argentine che ora vive a Parigi (o in altra città francese, non ricordo bene) e che, a suo tempo, mi chiese il favore di far circolare il suo romanzo (pubblicato in spagnolo) nell'ambito italiano (se mai avessi trovato un qualche editore disposto a pubblicarlo nella lingua di Dante) e niente, succede che nessuno risponde, ovvero, che nessuna delle email "di contatto" che appaiono sui siti di tutte le case editrici nostrane dà segnali di vita, come se le stesse nostrane case editrici fossero così impegnate a lavorare giorno e notte da non avere tempo né risorse né personale per dare una risposta a chi - incauto e sprovveduto o innocente lettore ingenuo - tenti di entrare in contatto con le stesse; come se tutte le case editrici italiane (e mi riferisco specialmente a quelle medie e piccole, non certo ad Adelphi, né a Feltrinelli, né tantomeno a Mondadori) non avessero previsto nemmeno una semplice email di risposta cosiddetta "automatica", del tipo: "Gentile utente, grazie per averci contattato; in questo momento, non siamo disponibili né possiamo darle una risposta; le scriveremo non appena potremo". Niente. Nulla. Zero. Come se fossero talmente ingombre di lavoro e di email di questuanti, di potenziali scrittori in erba e di potenziali molestatori seriali (gente che non la smette di bussare alla porta finché qualcuno non si degni di aprire loro o di dare loro una risposta), che, alla fine, hanno optato per il mutismo ("Caro lettore/aspirante scrittore delle mie scatole, scrivi pure quanto vuoi, tanto noi non ti daremo la soddisfazione d'una risposta; anzi, ti cestiniamo ancora prima di leggerti e di sapere cosa diavolo vuoi o pretendi scrivendo all'email di contatto che appare sul nostro sito").

E allora uno pensa, uno ipotizza, uno immagina che, in realtà, un modo di lavorare di questo tipo è sintomatico di scarsa capacità imprenditoriale, di nulla valorizzazione dei propri capitali, di mancanza di cortesia, soprattutto, verso l'aspirante scrittore o il lettore molesto. Perché se è vero che le case editrici italiane saranno sommerse da migliaia e migliaia di manoscritti inviati per email (e io in tal caso proibirei l'invio tramite email e obbligherei tutti alla spedizione cartacea via posta tradizionale), se è vero che saranno disturbate quotidianamente da una caterva di lettori che vogliono chiedere mille informazioni sciocche sul loro conto o fare mille proposte editoriali, è pur vero che non costa nulla (o molto poco) rispondere, magari anche con un'email già bella e pronta, come quella che ho citato supra.

Per esperienza diretta, non esiste, in Spagna, casa editrice che non dia una risposta all'utente in men che non si dica. Diversi anni fa, quando ancora vivevo a Firenze, Anagrama (che potremmo paragonare alla nostra Einaudi) mi spedì una copia difettosa di Speak, memory, la pseudo-autobiografia di Vladimir Nabokov. Scrissi loro con tono non certo conciliante, perché mi pareva un'ingiustizia che il libro fosse stato stampato all'incontrario e iniziasse con il capitolo finale (anche se, chissà, forse Nabokov avrebbe sorriso d'un incidente simile). Non passarono nemmeno due giorni che Anagrama mi rispose per chiedere scusa dell'incidente e spedirmi (a carico loro e dopo una sola settimana) una nuova copia, questa volta in perfetto stato, del libro del Nostro.

E concludo dicendo che: l'indifferenza altezzosa o superba nei confronti dell'utente (qualsiavoglia sia la natura dello scritto dello stesso) è indice di scarsa professionalità. E a lungo andare, sia gli aspiranti scrittori sia i lettori molesti smetteranno di usare quell'email di contatto dietro cui si cela il nulla. E questo, diciamocelo francamente, è un grande auto-goal; non si può avviare un'azienda, non si può pretendere di farsi pubblicità positiva, non si può prosperare economicamente, assumendo un atteggiamento tanto scortese o tanto lontano dalla cortesia minima che si stabilisce tra il "produttore" e il "consumatore". Ipse dixit.

miércoles, marzo 06, 2019

A Tale of Two Cities di Charles Dickens e la primavera


A Tale of Two Cities: così s'intitola il romanzo di Charles Dickens che sto divorando in questi primi giorni di Marzo, mentre la primavera torna a farsi respirare per le strade della città del Sud del Sud della Spagna in cui vivo.
Parigi e Londra sono le due città evocate implicitamente nel titolo: due luoghi che, nelle mani del grandissimo scrittore inglese, diventano lo scenario su cui si stagliano descrizioni letterarie che ti lasciano letteralmente a bocca a aperta: per la precisione con cui il narratore ci mostra i luoghi, i personaggi e i fatti; per la ricchezza sinestesica con cui li rendi vivi (per cui - un po' come farà più tardi Marcel Proust nella sua Recherche - perfino gli oggetti "parlano" o diventano "animati"); per il ritmo cinematografico con cui si susseguono (ben prima dell'invenzione del cinema), per cui il lettore non può smettere d'andare avanti nella lettura (se ci si presta la giusta attenzione, ci si accorge che le descrizioni, lungi dal rallentare l'azione, la complicano, la amplificano e la rendono ancora più avvincente).
Cito al volo dal cap. 16 del Libro II (la traduzione dallo spagnolo all'italiano è mia e sarebbe interessante vedere come suona questo brano nel testo originale in inglese), da uno dei tanti brani in cui il narratore (e Dickens dietro di lui) ci rende partecipi del clima di terrore e rabbia sociale dei più poveri contro i più ricchi, della plebe contro l'aristocrazia, negli anni che precedono di poco lo scoppio della Rivoluzione Francese e quelli che seguono, detti, appunto "del Terrore":

"Le donne cucivano e cucivano cose inutili, essendo il lavoro meccanico un sostituto meccanico del mangiare e del bere: la mani si muovevano al posto delle mandibole e dell'apparato digestivo. Se le magre dita fossero rimaste inattive, gli stomaci si sarebbero sentiti ancor più attanagliati dalla fame".

E la descrizione va avanti, come se il narratore iniziasse una sorta di radiografia dello stato d'agitazione e di ansia, di attesa nervosa e rabbiosa delle donne nell'evolversi degli eventi:

"L'oscurità le circondò. E un'altra oscurità le avrebbe circondate quando le campane delle chiese, che, in quel momento, rintoccavano allegramente in ogni angolo della Francia, sarebbero state fuse e trasformate in cannoni tuonanti, e quando i tamburi militari avrebbero risuonato fino ad affogare una voce pietosa che, quella notte, riscuonava potente come la voce del Potere o dell'Abbondanza, della Libertà e della Vita. Tante cose iniziarono a circondare le donne che cucivano e cucivano e loro stesse iniziavano a circondare una struttura ancora non costruita e avrebbero continuato a cucire e a cucire, mentre avrebbero contato le teste che avrebbero cominciato a rotolare".

Contemplo le foglie degli alberi di fronte casa e mi domando quanto sia attuale ancora oggi questo brano se lo rapportiamo alle guerre ancora in atto sul Pianeta Terra (e all'odio che le hanno fatte nascere o che impedisce di frenarle). Penso a quanto ardore, a quanta energia, a quanta voglia di raccontare dovette percorrere le vene di uno come Charles Dickens da indurlo a scrivere brani come questi. E a quanto abbiamo da imparare, in quanto a scrittura romanzesca, da opere come A Tale of Two Cities...

Intanto, gruppetti di giovani donne vanno e vengono a piedi o in bicicletta, raggianti del sole primaverile, contente di andare a lavoro, mentre fuori la temperatura è ottimale.

Letture pasquali Provo a leggere, in queste vacanze pasquali, tra una corsa in bicicletta in alta montagna e le mangiate assurde previste da...