miércoles, septiembre 11, 2019

"Vuelta al cole" (si torna a scuola)


E così si torna a scuola (la "vuelta al cole", definiscono gli spagnoli i primi giorni del reinizio dell'anno scolastico; per estensione, la definizione viene applicata anche al resto dei lavoratori di ogni ordine e grado e a tutti i vari e svariati tipi di occupazione lavorativa).

E c'è già chi si lamenta e non vuol tornare alla routine; e c'è già chi inizia a soffrire lo stress del tran tran quotidiano...

Intanto, le previsioni del meteo minacciano pioggia torrenziale in queste regioni del Sud del Sud della Spagna: il pericolo è tale che - guarda un po' - si paventa il blocco totale di tutte le attività scolastiche (e forse non si va neppure il venerdì).

Intanto, una collega italianista m'invita a partecipare a un congresso sulla "donna scrittrice" presso la sua Università: dovrò moderare una tavola rotonda sul "fumetto in quanto genere minore" (o qualcosa di simile); accetto perché è un'amica, non prima di averle ricordato, però, che sono solo un ispanista e un cinefilo per la passione per i fumetti, ma che dal punto di vista scientifico, non è che ne sappia molto (leggo solo Dylan Dog, da anni, e seguo ogni tanto Diabolik e poco più e sempre per puro piacere, senza fini accademici). Lei mi sorride e finisce di sorseggiare la birra che degustiamo a pochi passi dalla sua Facoltà (la famosa, mitica, gloriosa Facoltà di Lettere e Filosofia). Le strade del centro si riempiono di studenti con lo zaino in spalla e con il sorriso sulle labbra. Gli universitari non vedevano l'ora di sganciarsi dai loro genitori e tornare a vivere coi loro coinquilini coetanei.

Intanto, mi preoccupo di vedere i prezzi dei voli da Alicante a Napoli, per un futuro congresso cui - si spera - riuscirò a partecipare a Febbraio presso la "Federico II", su invito di altre care colleghe... A quanto pare, non c'è proprio modo di viaggiare con un volo diretto: tutte le compagnie aeree prevedono uno scalo a El Prat di Barcellona: mi arrabbio, scalpito, continuo a controllare meglio, ma niente, non c'è proprio modo di superare lo scoglio e, quindi, prendo il biglietto più a buon mercato (136 euro, andata e ritorno) e prevedo di sprecare quasi 2 giorni interi per arrivare a Capodichino, oltre che di prendere 4 aerei in 4 giorni... La prole mi odierà; la mia compagna d'avventure, pure...anche perché lei resterà con la prole qui in Spagna, da sola...

Intanto, la rappresentante di un gruppo di donne in pensione del centro della città mi chiede se, per favore, sono disponibile a impartire una lezione sui "classici" presso la sede della loro associazione culturale; mi chiedono di parlare de Il mago di Oz: riconosco di non aver mai letto il libro (di tale Lyman Frank Baum) e di aver visto molti anni fa il film (di Victor Fleming). Scopro che il libro è apparso nel 1900; e verifico che il film è del 1939. 

"E se parlassi di un...altro classico?".
"Certo, certo, si senta libero di scegliere l'opera che più l'aggrada, professore".

E rimugino su alcune scene (famosissime e bellissime) dell'Odissea: quando Ulisse piange mentre ascolta le proprie eroiche imprese raccontate (e cantate) dall'aedo presso i Feaci; quando Ulisse scende all'Ade ed incontra il fantasma della madre; quando Ulisse, sotto le mentite spoglie d'un mendicante, torna a casa e incontra di nuovo Penelope...

Intanto, l'allerta meteo sembra essere sfacciatamente smentita da un sole che spacca le pietre. Io continuo a tradurre un libro che chissà se mai vedrà la luce in italiano. La mia compagna d'avventure continua ad accudire la prole. Qualcuno ci manda un messaggio per Whatsapp e ci dice che (cito testualmente) "formiamo una bellissima famiglia! Complimenti!"...

E tutto questo quando ancora non sono cominciate le lezioni all'Università...e non so neppure che orario avrò...

lunes, septiembre 02, 2019

Lo Zen o l'arte della manutenzione della motocicletta di Robert M. Pirsig: sabotare il sistema o riflettere per cambiare



Ultimo giorno di vacanze prima del fatidico rientro a lavoro: il 1 Settembre segna la fine del divertimento e del relax per il 99,99% degli spagnoli (ma credo che per gli italiani valga la stessa percentuale) e ne approfitto per fare quasi 20 kms in bici, verso una delle mie spiagge favorite, e un tuffo nella piscina di un'amica, con l'acqua fredda che tonifica i muscoli e il sole cocente che ci asciuga (l'erba del prato è artificiale, ma non fa niente: le palme e gli olivi - strano mix - sono veri, e l'ombra che producono è altrettanto vera e salvifica).

Arrivo alle ultime pagine di un libro che mi ha tenuto in ansia in quest'ultima settimana di mare: Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, di Robert M. Pirsing, è uno di quei libri che mi ha sempre attratto, sin da adolescente, per il titolo misterioso ed evocativo; ricordo che più d'una volta, nelle librerie all'interno della Stazione Termini, sono stato tentato dall'allungare la mano per comprarne una copia. E invece...ho dovuto aspettare più di vent'anni per immergermi nella sua lettura, dopo averlo ri-scoperto grazie a Tiziano Sclavi, che lo cita in Non è successo niente (o forse era La circolazione del sangue? O Le etichette delle camicie?). 

Ora che l'ho (quasi) finito, capisco perché Sclavi lo citi (e, forse, perché l'abbia amato): Pirsig racconta una sorta di parabola su un uomo che ha sfiorato la pazzia, per poi rinascere a una nuova vita, una vita vista con gli occhi (e la mente) di chi sa che la pazzia è una malattia che può colpire chiunque, anche una mente brillante come colui che scrive questo libro, un libro strambo, strano, a tratti poetico, a tratti fin troppo riflessivo e filosofico, un libro in cui una sorta di professore universitario si sdoppia per parlarci di un tale Fedro che si ribella al sistema (siamo negli anni 70, nell'America degli hippies e dei ribelli anti-sistema - per intenderci, e per chi abbia già visto l'ultimo capolavoro di Quentin Tarantino: nell'America delle sette sataniche di Charles Manson e dei concerti dei Beatles, di Elvis Presley e della contestazione alla Woodstock).

E il lettore paziente va avanti e non capisce mai fino in fondo se Fedro è il professore universitario dietro cui sembrerebbe celarsi l'autore o se è tutta una finzione al quadrato per riflettere in parallelo alle riflessioni che il padre e narratore in prima persona singolare sviluppa attorno alla Qualità, alla Verità, all'Arte (appunto) della manutenzione di una moto... 

La parabola assume maggiore densità e profondità se pensiamo che molte di queste riflessioni il narratore le fa in presenza di suo figlio, Charles, un ragazzino di 8 anni che si ritrova ad attraversare mezza America sulla moto (appunto) del padre...

E il lettore va avanti insieme a questi due strani figuri, senza mai sapere bene dove voglia andare a parare il narratore e l'autore in carne ed ossa che ha riversato tutto se stesso in quest'opera, si nota, si vede, si sente quanto dolore, quanto coinvolgimento emotivo, quanta furia ci sia (c'è stata) nel mettere nero su bianco certe frasi.

Cito a caso (dall'edizione tascabile Adelphi del 2011 che ho sotto gli occhi, anzi, sotto gli occhiali da sole, in riva alla piscina di cui sopra):

"La gente va in fabbrica e dalle otto alle cinque si dedica senza fiatare a mansioni assolutamente prive di senso, perché la struttura esige che sia così. Non c'è nessun 'cattivo' che li vuol constringere a vivere delle vite senza senso, è solo la struttura, il sistema, lo esige, e nessuno è disposto ad assumersi l'arduo compito di cambiare la struttura solo perché non ha senso.
Ma smantellare una fabbrica, o ribellarsi contro un governo, o rifiutarsi di riparare una motocicletta solo perché essa è un sistema, è attaccare gli effetti invece delle cause. Il sistema vero è la nostra costruzione del pensiero sistematico, la razionalità stessa, e se si smantella una fabbrica lasciando in piedi il sistema di pensiero che l'ha prodotta, questo non farà che dare origine a un'altra fabbrica" (id., p. 104).

È un brano che dà da pensare, se lo rapportiamo al nostro secolo, all'era di internet e dei social, ma anche delle immigrazioni di massa e della povertà estrema di una grossissima parte della popolazione.

Idem per quest'altra citazione:

"La scuola insegna a imitare. Se non si imita l'insegnante si prende un brutto voto. Qui al College, evidentemente, lo si faceva in modo più artificioso, senza averne l'aria, dando ad intendere all'insegnante di aver còlto l'essenza del suo insegnamento per svilupparla con idee proprie. Era così che si conquistava il massimo dei voti. L'originalità, invece, poteva anche portare alla bocciatura. Tutto il sistema di votazione metteva in guardia contro di essa" (id., p. 193).

E chi di mestiere fa l'insegnante sa quanto ciò sia ancora vero oggi, nel 2019, forse ancora più di ieri (1974 l'anno di pubblicazione del libro)... Quant'è pericolosa, perniciosa, inutile, l'imitazione di ciò che dice o pretende di dire l'insegnante; quant'è molto più produttiva l'originalità...ma quando mai si premia l'originalità di uno studente all'interno delle gabbie della scuola o dell'Università?

Domani sarà il 2 Settembre: ci si saluterà affettuosamente, prima di tornare alla solita routine fatta di esami, correzione di esami, ricevimenti, lezioni, congressi, elaborazione di articoli, saggi, seminari, etc. etc.

Godiamoci quest'ultimo giorno di vacanza prima del ritorno alla realtà...

Letture pasquali Provo a leggere, in queste vacanze pasquali, tra una corsa in bicicletta in alta montagna e le mangiate assurde previste da...