lunes, enero 16, 2023

 Dall'ospedale

La nebbia. È da quasi 2 settimane che la nebbia avvolge gli spazi della mia città sui monti abruzzesi. Non riesco a credere che, salendo a più di 1000 metri di altitudine, la stessa scompare; come se fosse un trucco o una maledizione che vale solo per chi resta in basso (a 800 metri s.l.d.m.).

La chiamo prima di ripartire per la Spagna, ovvero, prima di riprendere il viaggio verso l'aeroporto di Fiumicino (ci accompagna mio padre, anche se odia guidare per Roma e il GRA lo spaventa alquanto).

Mi risponde con la voce squillante di sempre, ma dice che è ancora in ospedale: "Il post-operatorio. Ci sono state delle complicazioni. Non posso ancora uscire da qui". Le faccio forza, anche se a distanza; provo a distrarla; le mando le foto delle bimbe; le parlo dei prossimi impegni accademici, tra il Sud Italia e Madrid, tra Cosenza e Valladolid, tra Don Chisciotte e Sancio Panza. Lei sorride. La immagino sorridente, mentre prova a stare dritta appoggiando i gomiti sul cuscino, il letto disfatto, l'infermiera in procinto di avvicinarsi per dirle che deve riattaccare, deve fare delle nuove analisi, la devono visitare, "mi dispiace" - mi dice con tono concitato - "ma devo andare, c'è qui l'infermiera", io le dico che non c'è problema, che se vuole la richiamo dopo, che ci possiamo sentire anche dalla Spagna, "ciao ciao" e, in effetti, riattacca.

Ascolto il silenzio. Nessuno dall'altra parte del cellulare. Fuori la nebbia. Persiste. Non se ne va. I lampioni fanno fatica ad illuminare le strade vuote e fredde. Non so se riusciremo a vederci, dopo tante promesso e tanto tempo trascorso dall'ultimo incontro pisano.

Non so perché, mi ricordo di un'osservazione di Leopardi: il Lungarno di Pisa è più bello di quello di Firenze. Poi provo a dormire. Mentre penso alla nebbia che tutto pervade, circonda, accerchia. 

domingo, enero 08, 2023

Gennaio del 2023 

L’ultima volta che ho scritto su questio diario di bordo era il 31 agosto e faceva molto caldo e ci si apprestava tutti a riprendere la routine del mese di settembre (il ritorno a scuola, il rientro a lavoro dopo le meritate vacanze, l’eterno ritorno dello Stesso, come direbbe Nietzsche).


Oggi che torno a scrivere da queste parti (virtuali) è l’8 gennaio del 2023: sono passati 4 mesi che sembrano una vita, perché in 4 mesi può succedere letteralmente di tutto e persone a noi care possono morire dopo una malattia lenta e agonica, e persone amate possono optare per lasciarci andare, perché troppo invischiate in altre storie di passione e di Eros. Può succedere anche che uno si trovi così immerso nei fatti della vita, così travolto da quanto la vita gli offre giornalmente, da non trovare letteralmente le forze (fisiche) per mettersi a scrivere, per stendere nero su bianco ciò che di bello (o di brutto), di romantico (o di tremendo) gli è capitato nel corso dei giorni.


E così mi ritrovo a vivere un po’ la stessa sensazione sperimentata quel lontano 31 di agosto del 2022: anche oggi, domenica, ho la stessa ansia, la stessa angoscia, la stessa scarsissima voglia di tornare a lavoro, di tornare a fare lezione, di tornare a fare ricerca, di tornare a vedere volti, in realtà, amati, colleghi che sono ancor prima amici, amici che rendono la mia vita spagnola un Paradiso e, a volte, un’autentica avventura piena di belle sorprese.


Sì, è così, continuo a sperimentare la stessa ansia: eppure, non dovrebbe essere così, perché poi so che la routine mi salva, che avere un ordine mentale delle cose da fare può essere di aiuto, che anche per vivere occorre un minimo di organizzazione. E poi ho appena fatto 50 km in bicicletta, sono riuscito a fare il viaggio di ritorno, in senso inverso, dal mare all’entroterra, così come l’ho intrapreso il 5 gennaio, appena tornato dall’Italia, dove, nel mentre, mia nonna è morta. E poi…ho appena scritto un articolo, un breve intervento sulle foto e sulla malinconia che talune immagini generano quando le vediamo (in bianco e nero) all’interno degli album familiari e, solo dopo averlo scritto, ho capito che, in realtà, più che parlare di Barthes o di Benjamin, o di una poesia bellissima di Gospodinov, ciò che ho fatto è stato più che altro un atto di omaggio postumo a mia nonna paterna, a colei cui non sono riuscito a dare l’estremo saluto perché ero qui, in Spagna, nella mia seconda patria, e sarebbe stato davvero complicato viaggiare in quei giorni, volare al volo, per così dire, a Roma, quando né il tempo né gli impegni già presi giocavano a mio favore.


E, quindi, accettiamolo: a me dà l’ansia tornare a lavoro dopo 2 settimane di vacanze natalizie, dopo tutti i panettoni e i pandori mangiati a casa dei miei, dopo le risate coi fratelli e i film visti al cinema con mia cugina, che è quasi una sorella, oltre che un’amica e una confidente. Ammettialo e accettiamolo e andiamo avanti, sperando che non debbano passare altri 4 mesi prima che torni a scrivere su questo diario di bordo che mi porto dietro dal 2006...


Letture pasquali Provo a leggere, in queste vacanze pasquali, tra una corsa in bicicletta in alta montagna e le mangiate assurde previste da...