lunes, enero 20, 2014

L'incantatore che strega: Vladimir Nabokov crea Un mondo sinistro


Cominciano subito col dire che Vladimir Nabokov non delude mai (come avevo accennato anche in un post precedente di fine d'anno). E Bend Sinister (o Un mondo sinistro, come è stato tradotto liberamente in italiano - o Curva sinistra, come potremmo tradurre letteralmente) lo conferma appieno.

Scritto nella prima metà degli anni 40, Nabokov – quando è già un cittadino americano – ricrea in questo romanzo distopico un mondo in cui vige un totalitarismo ottuso che tende ad annientare le differenze tra le persone. I cittadini sono considerati "parti integranti" dello Stato; lo Stato regna sovrano e assoluto al servizio (apparente) dei cittadini. Chi è contro è visto come una minaccia per il popolo e sarà condannato al silenzio, al carcere o all'esilio (quando non all'eliminazione fisica). Al centro della trama (ben congegnata, a dispetto o al di là delle molte digressioni e "a parte" del narratore onnisciente esterno) c'è un professore universitario che è anche filosofo e scrittore di successo, Adam Krug (che in russo significa "cerchio"), in piena fase di "elaborazione del lutto" in seguito alla morte di sua moglie Olga.

Krug vive la sua nuova vita da vedovo riversando tutte le sue attenzioni su David, il figlio di 8 anni, cercando invano di non scendere a patti col Partito dell'Uomo Comune, fondato dal tiranno Paduk (un ex-compagno di liceo che Krug chiama anche col nomignolo offensivo di "Rospo").

L'abilità narrativa di Nabokov ci accompagna lungo il percorso di "discesa agli Inferi" di questo personaggio "integro" che tenta in tutti i modi di difendere le sue opinioni e la sua libertà d'opinione e di scelta (contro il gretto "pensiero unico" del dittatore), fino a che i nemici politici non gli rapiranno proprio il figlio (non starò a commentare qui una delle scene più atroci e spaventose che abbia letto negli ultimi anni, e cioè, quella che riguarda proprio l'uso che Paduk fa delle "creaturine" o dei "bambini" rapiti alle famiglie dei "dissidenti" per far sfogare la violenza indomita dei prigionieri delle carceri statali – è una scena che solo uno come Nabokov potrebbe scrivere con tanta destrezza, con tanta puntigliosità, con tanta efficacia visuale, con tanta crudezza).

Il lettore (anche quello meno attento) è spinto, ovviamente, ad accostare Un mondo sinistro sia all'altro romanzo "distopico" di Nabokov, Invito ad una decapitazione, sia all'arcinoto 1984 di George Orwell. In realtà – come lo stesso Nabokov ci ricorda nell'introduzione alla nuova edizione del romanzo del 1963 – si possono scorgere echi anche da Il processo di Kafka. E non vi sono dubbi che kafkiana sia la situazione esistenziale nella quale si trova costretto a vivere il protagonista (mi viene in mente anche la trasposizione cinematografica del 1962 di Orson Welles, con un bravissimo Anthony Perkins, già noto all'epoca per Psycho: Krug viene incriminato da una banda di polizziotti del regime che invadono il suo appartamento senza preavviso e senza mandato alcuno; ogni vicino potrebbe essere una spia; Mariane, la stessa governante che accudisce suo figlio, sembra essere la responsabile della denuncia finale del professore).

In un universo romanzesco così cupo, però, non manca l'umorismo tipico dell'autore (che a volte rasenta lo humor nero che più nero non si può) né il suo altissimo senso del ritmo: la trama viene spesso frammentata attraverso pensieri e riflessioni dello stesso narratore onnisciente che s'intromette nella mente del protagonista (per commentarne i pensieri più intimi e filosofici – cfr. il tema del "tempo", della "memoria", della "nascita" – o per criticarne ironicamente le scelte), oltre che attraverso squarci (in senso anche tipografico) in cui, tra parentesi, sembra fare capolino lo stesso autore (e nemmeno svelerò qui la parte conclusiva del romanzo, in cui il rapporto tra autore e personaggio di finzione arriverà a una svolta decisamente "inquietante" - oltre che molto "unamuniana" o anche "pirandelliana").

D'altronde, è lo stesso Nabokov a prendersi in giro (o a giudicarsi con sana auto-ironia) nell'introduzione del '63, quando – spiegandoci in che momento della sua vita elaborò questo incubo ad occhi aperti – ci confessa che quello fu:

"[...] un periodo particolarmente sereno e vigoroso della mia vita. La saluta era eccellente. Il consumo quotidiano di sigarette si era attestato sui quattro pacchetti. Dormivo come minimo quattro o cinque ore e per il resto della notte camminavo con la matita in mano nello squallido appartamento di Craige Circle a Cambridge, Massachusetts, dove abitavo sotto una vecchia signora dai piedi marmorei e sopra una giovane donna dall'udito ultrasensibile" (Vladimir Nabokov, Un mondo sinistro [1947], tr. it. di Franca Pece, Milano, Adelphi, 2013, p. 11).

Deliziose anche le critiche a quei futuri critici letterari che vorranno scovare simboli o significati nascosti all'interno del romanzo e più o meno riconducibili alle teorie del dottor Freud; Nabokov aborrisce la teoria psicanalitica e si diverte a citare quante volte apparirà nel testo una curiosa pozzanghera che tenderà ad ossessionare la mente del povero professor Krug.


Ecco: Un mondo sinistro è anche questo: la dimostrazione del fatto che la creazione di un mondo "distopico" non deve per forza di cose essere collegata o rapportata a uno stato d'animo triste o angoscioso; il vero artista è chi riesce a immaginare la paura e la fine del mondo anche godendo di ottima salute o di uno stato d'animo allegro o sereno. Nabokov è un incantatore che strega anche quando parla di paura o di una possibile, imminente fine del mondo.

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