L'insostenibile pesantezza dell'essere
Da Firenze una mia vecchia amica di avventure mi scrive che è all'ospedale: febbre alta, tremori, è perfino svenuta. Ora ha una flebo nel braccio sinistro. Guarda The Young Pope sul telefonino perché le ho fatto venire voglia (quando mi fisso su una serie, siete spacciati, amici cari, amiche di vecchia data).
Da Venezia una Prof.ssa importante attende un mio articolo (ma ce la farò mai a finirlo)?
Da Pisa un'altra mi chiede un altro favore e non sospetta, non potrebbe nemmeno immaginare, che io sto cercando in tutti i modi di rinunciare a lavorare di più, io voglio lavorare di meno o, almeno, lavorare a ritmi più normali.
Un saggio mi osserva di sottecchi: s'intitola La España vacía (ovvero, "La Spagna vuota") ed è di Sergio del Molino (ovvero, di una delle menti più brillanti di questi ultimi anni qui in terra ispanica).
Una bellissima ragazza di cui non ricordo più il nome (o il "nick-name") parla sul suo canale del Facebook di un "meme" che l'ha indignata: facile prendere una foto e modificarne il senso, aggiungendovi una frase, un motto, uno sberleffo; facile - dice lei, e ha pienamente ragione - commentare la foto e aggiungere il proprio fiele, la gente sta male, quelli che usano i "socials" non si censurano, quando si tratta di offendere qualcuno, in modo assurdo, in modo violento, in modo davvero inquietante (e se poi usi una falsa identità è ancora più facile, facile servirsi dell'anonimato per massacrare qualcuno, anche se questo qualcuno è una ragazza bellissima e con la testa sul collo e il cervello sveglio come è lei).
"Guardiamo Pina?", mi chiede dolcissima, distesa seminuda sul divano. Mi ci vuole mezzo minuto per capire che si riferisce al documentario di Wim Wenders (la settimana scorsa abbiamo fatto scorpacciata dei maggiori film del regista tedesco: Il cielo sopra Berlino, quello che ci ha commosso di più, anche se non lo ricordavo così logorroico - un film di 2 ore e mezza in cui i dialoghi reali ammontano a un totale di 2 minuti e mezzo e il resto è tutto eco dei mille monologhi impazziti delle mille persone con cui entrano in contatto i due angeli interpretati egregiamente da Bruno Ganz e Otto Sander...Troppo, davvero troppo lungo e logorroico il prosieguo, ovvero, Così lontano, così vicino, che io vidi quando uscì, ovvero, nel lontano 1997, quando avevo 20 anni...e mi piacque, perché ero ancora un adolescente pieno di dubbi esistenziali e di dilemmi amletici...).
Qualcuno urla da fuori, per strada. Un gatto si siede sulla panchina. Un cane prova a scalciare e scrollarsi di dosso il guinzaglio del padrone che gira in tuta e si appresta a buttare l'immondizia (dopo le 22:00, mai prima, perché in Spagna fa caldo e se tutti gettassero la spazzatura prima delle 22:00 sarebbe un disastro, puzza nauseabonda ovunque, quando impararemo qualcosa in Italia?).
Gli U2 cantano "Faraway, so close": ecco, questa è una delle poche cose che salvo dal film succitato di Wenders, una canzone bella e perfetta, tenera e romantica, che calza a pennello, in questa notte del 2 di Ottobre del 2018...
"Preferirei leggere", le rispondo. E lei: "Va bene, allora leggiamo"...e regna di nuovo il silenzio in casa, ognuno immerso nel suo mondo di carta, tutti e due consci di amarci e di essere amati l'uno dall'altro.
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