miércoles, junio 25, 2025

 La fine di un ciclo "chisciottesco" nel caldo torrido spagnolo

Temperature torride, sorrisi spenti, prof che vorrebbero andare già in vacanza, ma gli impegni accademici e burocratici che ruotano attorno a questa professione lo impediscono... L'aria condizionata dell'ufficio segna 24 gradi, fuori ne faranno almeno 36. L'auto scotta e pur abbassando i finestrini si suda come in una sauna. L'asfalto si sfalda sotto i colpi di sole di questo fine Giugno tremendo. Presso la Biblioteca Regionale, nonostante la stanchezza, riusciamo a portare a termine un caffè letterario chisciottesco. Lancio la domanda: "Che idea vi siete fatti di Miguel de Cervantes? Cosa ne pensate di lui ora che avete letto o riletto alcuni dei capitoli della Seconda Parte del Chisciotte?".


Una donna sui settant'anni alza la mano: "Dovette essere una persona tremendamente colta. Un vero intellettuale. E io mi domando come facesse ad avere una memoria del genere, capace com'era di citare dalla Bibbia, dai classici, dai suoi contemporanei con tanta nonchalance...".


Un altro lettore di nome Gesù alza la mano anche lui: "Io credo che Cervantes sia stato un tipo divertentissimo, dotato di grande senso dell'umorismo, uno davvero molto ironico e pefino autoironico, uno che raccontava le barzellette, ne sono quasi sicuro...".


Un altro di nome Cesare aggiunge: "E anche un tipo acuto, molto diretto nella critica a ciò che non andava nella sua società. Io mi domando come fosse riuscito a schivare la Santa Inquisizione, perché se leggiamo bene il Chisciotte, anche lì ci sono molte scene "problematiche" o "complicate" dal punto di vista morale...".


M'intrometto anch'io: "È per questo che il finale del Chisciotte mi sorprende, come vi dicevo prima... Alonso Quijano el Bueno muore in modo cristiano, sul letto di casa sua, al cospetto degli amici e dopo aver ricevuto l'estrema unzione. Si confessa e fa testamento e lo ripete mille volte: "Io rinnego da Don Chsciotte della Mancia, riconosco il mio peccato e la follia a cui mi ha spinto la lettura dei romanzi di cavalleria; io non sono più quello di una volta; io voglio morire sperando che tutti si ricordino di me come di un buon cristiano, rispettoso della fede e di Dio". Non vi sembra un po' artificiale, un po' troppo forzata questa sorta di conversione in articulo mortis?".


Una ragazza giovane, dai lunghi capelli neri e ricci, molto timidamente alza la mano e aggiunge la sua riflessione: "Io credo che Cervantes abbia inventato questo finale proprio a scanso di equivoci e proprio per evitare problemi con la censura. E che, in realtà, era ciò che tutti qui hanno già detto, ovvero, una persona tremendamente ironica, divertente, colta, una sorta d'intellettuale in grado di fare la radiografia della realtà storica del tempo a partire dalla visione distorta di un pazzo".


Fa davvero caldo in questa città del Sud del Sud della Spagna in cui vivo da ormai più di un decennio, ma che bello, che emozione, che piacere vedere che questa sorta di mini-corso chisciottesco abbia dato luogo a questi dibattiti a metà tra la vita e la finzione, tra il testo letterario e le paure e le speranze di cittadini del XXI secolo... Cervantes fa parlare di sè anche nel 2025. E Don Chiosciotte - ma lo sapevamo già, lo sanno anche i bambini - non muore mai.

sábado, junio 07, 2025

 I compromessi "letterari"


Un amico regista. Ho il "privilegio" e l' "onore" di avere un amico regista. Spagnolo, ha studiato a Cinecittà (o ha fatto il tirocinio nei famosi studi italici) e da circa 30 anni gira film "d'autore" che pochi apprezzano, pochissimi hanno visto e i più considererebbe "troppo impegnati".

Quest'amico è un fan di Pasolini e di Orson Welles, di Coppola e di Hitchcock, ed è insomma ovvio che provi a fare un cinema che vada al di là degli schemi e della narratività cinematografica che va per la maggiore nel Mondo.

Non solo: il mio amico regista è anche scrittore, nel senso che ha scritto anche racconti e romanzi, oltre alle sceneggiature dei suoi film misconosciuti. E l'altro giorno ha avuto la gentilezza di propormi la lettura del suo primo romanzo, a cui lavora (appunto) da 30 anni e che non ha ancora trovato un editore che lo pubblichi o si degni almeno di leggerlo. Ho accettato per l'amicizia e il rispetto che ci unisce, ma anche con un certo senso d'angoscia. E se il romanzo è un flop? Se è illeggibile? Se è indigesto? 

In mezzo a esami, tesi e tesine, mentre porto a termine un corso sul Quijote presso la Biblioteca Regionale, trovo il tempo per iniziare a leggerlo. Non è un romanzo illeggibile, ma fa acqua da più parti. In realtà, la storia-marco è una mera scusa per introdurvi ciò che conta davvero, ovvero, 6 racconti che sembrano un omaggio a Edgar Allan Poe. Ovviamente, sono molti i riferimenti alla settima arte, il finale sembra addirittura una sorta di riscrittura di Profondo Rosso (1975) del mitico Re del Terrore Dario Argento.

Come fare a dirgli che il romanzo non è propriamente un romanzo e che i racconti che contiene non sono malvagi, ma neppure dotati di un certo valore letterario? Come fare a dargli un feedback senza risultare offensivo? Come spiegare quali sono le (molte) cose che non vanno?

A volte ho sentito anch'io il desiderio di pubblicare, ma poi mi sono sempre frentato, ci ho rinunciato perché chi fa il mio mestiere e si dedica a leggere testi letterari diventa molto esigente e capisce che è difficile raggiungere le vette di tutti quei geni che ci hanno preceduto. 

L'amico regista ora è a Roma (un altro dei molti spagnoli che si trova a Roma in questo periodo) e mi manda una foto molto bella e in bianco e nero da Cinecittà, lì da dove partì tutta la sua carriera e la sua passione cinefila. "Goditi Roma!", gli rispondo, con un pizzico d'invidia e senza sapere cosa dirgli quando tornerà qui e mi chiederà conto della lettura del suo romanzo inedito...

 Lo stress di tutti i giorni Sembra sia un fenomeno universale, che riguarda tutti, senza distinzione di genere, età, condizione sociale. Lo...