viernes, julio 28, 2006

Questa è una storia vera (ma già il fatto di chiamarla storia dovrebbe mettere in allarme e fare stare in allerta: cosa distingue la Storia - raccolta dei fatti veri, realmente accaduti - da una storia - racconto di fatti verosimili, che avrebbero potuto ma non sono accaduti, o almeno, ancora non sono successi?): ero in metro, con Sele, amica e collega. Diciamo che dovevamo spostarci dalla Stazione Termini a Piazza Vittorio, una fermata soltanto, come chi vive o ha vissuto a Roma sa (o ricorderà con certa facilità). Ebbene, prendiamo la metro nella direzione opposta - chiacchierate a non finire, risate e qualche ricordo dei primi anni d'Università e addio, sbagli strada, capita. Andiamo in direzione Battistini, verso S. Pietro, proprio l'opposto. Chiediamo in giro a un paio di turisti che ci guardano allarmati (tutte quelle valigie e la sudata atroce di questi giorni di asfalto bollente), poi a un paio di studenti romani, annoiati e nemmeno rispondono, poi a un dipendente di Met.Ro e questi ci dice che siamo a S. Giovanni e che dobbiamo riprendere la metro proprio in direzione Battistini se vogliamo scendere a Piazza Vittorio. Io e Sele ci guardiamo in faccia: ci deve essere qualcosa che non torna. Come diavolo abbiamo fatto a "saltare" Piazza Vittorio e ritrovarci due fermate dopo Termini in direzione Anagnina? Penso a un vuoto attraversato alla luce della velocità (ops: alla velocità della luce); siamo capitati in un buco nero, c'è stato qualche guasto alla cabina di regia, un salto spazio-temporale privo di logica. Il tempo... che ossessione! Ma è davvero una freccia sparata da un passato lontano verso un incerto futuro? Oppure è circolare, come credevano certe popolazioni indigene dell'Indonesia (o erano australiani? O messicani?). E se è circolare, allora tutto ritorna. E ci si può ritrovare a S. Giovanni saltando Piazza Vittorio e andando in direzione contraria... Mah... Certo che è curioso. E nessuno dei due aveva bevuto alcol. Sì, d'accordo la stanchezza, ma fino a questi livelli! Se la prossima volta mi dovrò spostare uso l'autobus. Almeno vedo dove vado. A cielo aperto. Sotto un sole che schianta e che mi abbronza mentre cammino, carico di libri e di fotocopie.

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