domingo, junio 22, 2008

Diario di bordo del viaggio verso il Sud del mondo (V)


Il caldo afoso è arrivato anche qui. Molto sbracciate e con scollature generose, le studentesse si chinano sui libri e sugli appunti per un ultimo ripasso prima che io mi sieda e faccia l'appello. La tensione si taglia a fette nell'aria viziata dell'aula; negli sguardi di queste "fanciulle in fiore" si leggono l'ansia e l'angoscia per un voto cattivo o, addirittura, la bocciatura.


"Scusi, professore, posso andare in bagno?". Permesso accordato. La prima recita bene la sua parte. Non per sadismo nè per civetteria, ma al solo scopo di tastarne la tempra, le faccio una di quelle domande cui è impossibile rispondere se non hai studiato a fondo, se non si è approfondito l'argomento di propria spontanea iniziativa. La ragazza alza gli occhi al cielo e tira un sospiro di sollievo. Trenta. Mi ringrazia ma la fermo subito, sono io che ringrazio lei perchè vuol dire che le mie parole non si sono perse nel vuoto, che quanto ho tentato di spiegare è arrivato all'orecchio dell'ascoltatore, che un minimo della mia passione per i libri sono riuscito a trasmetterla a chi prendeva nota e provava a seguire il ragionamento.



Si siede la seconda della lista, una di quelle che mi aveva scelto come suo correlatore. Le tremano la voce e le mani. "Mi parli di un argomento a piacere", dico, tanto per sgonfiare la tensione. Lei parte spedita in uno spagnolo a volte troppo maccheronico, altre decisamente italianizzato, ma abbozzo e la lascio proseguire. Alla terza risposta giusta la interrompo, chiedendole il perchè del suo atteggiamento quando, mesi prima, senza avvisarmi di persona, ha deciso di seguire il consiglio della sua relatrice, ha scelto un altro correlatore, io sono stato informato all'ultimo dalla collega - una tipa losca, che non gode certo di buona reputazione, una con cui non berrei nemmeno il caffè alla macchinetta del corridoio - perchè, le chiedo, perchè non ti sei fatta viva di persona? La studentessa arrossisce; si sente in colpa, evidentemente, e alla fine scoppia a piangere.



Non ho mai fatto piangere nessuno fino a oggi a un esame orale. Forse sono stato troppo severo; forse ha capito l'errore e le spiego che l'esame è andato bene, le metto trenta, perchè è brava e ha studiato tanto e se lo merita, ma l'Università dovrebbe insegnare anche come comportarsi nella vita, dovrebbe insegnare anche la correttezza e non il gioco di prestigio o la gara a chi è più furbo...



Ma com'è difficile, essere imparziali. E com'è complicato fare i giudici. E' tutto così relativo e soggettivo; è difficile per un tipo timido sbloccarsi e superare le proprie paure parlando a voce alta in sede d'esame. Chi sono io per giudicare? Chi mi dà il diritto di far piangere questa studentessa così ligia al dovere e forse così influenzabile da un parere contrario, così piccola e indifesa davanti alla mia scrivania e alla mia domanda intorno alla sua presunta paura di venirmi a dire in faccia come stavano le cose?



Basta così poco per ridurre una persona al silenzio o spingerla sull'orlo del baratro (o spingerla a piangere senza censure davanti a un'intera aula).



Doppo quattro ore si siede l'ultima della sessione pomeridiana. Sono esausto. E mentre lei parla dell'asino di Sancho io guardo fuori della finestra, vedo un campanile che batte le ore, le mezze ore e i quarti d'ora. E' il campanile di una chiesetta che si trova a pochi metri dalla Facoltà. Il tempo scorre lentamente sotto un sole accecante e in questo stesso istante si sentono le grida d'euforia di chi ce l'ha fatta e ha passato l'ennesimo test; e al contempo si sentono le critiche amare di chi non l'ha passato e accusa il professore, hai visto che stronzo, che pezzo di merda, che razza di domande, che antipatico, come mi ha trattata?



E' tutto così relativo e così complicato, chi siamo noi per giudicare gli altri, classificarli attraverso un voto o un numero, un'etichetta o un aggettivo, un "approvato" o un "respinto", un sì e un no...

2 comentarios:

  1. Bello questo post, molto...potrebbe essere l'inizio di un racconto o di un romanzo. Scrivi ancora? Perchè non mi mandi qualcosa da leggere?

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  2. Sto scrivendo a spizzichi e bocconi un racconto lungo che si chiama "Rinchiuso". E potrei mandarti una cosa, anche se mi vergogno un po'... ci sentiamo via email, ma se te la mando voglio critiche severe! Un beso

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