martes, agosto 07, 2012


Madrid, un encanto de ciudad



Madrid, un encanto de ciudad, che città spettacolare (nel senso che si offre agli occhi del visitante come uno “spettacolo” da guardare ad occhi aperti, come una sorta di scenografia in cui poter girare ognuno il proprio film, come una specie di luna park sempre acceso e con la luce dei lampioni sempre al massimo, con la gente per le strade del centro e della periferia sempre pronta a sorriderti, o a scambiare quattro chiacchiere con te, o a strillarti nell'orecchio, subito dopo aver comprato il giornale: “Ah, gli italiani! A noi spagnole siete sempre piaciuti, voi italiani, così belli, così passionali!” (quando invece, da noi, sono le spagnole ad avere quella fama, donne tutto fuoco, passioni dirompenti, un'idea certamente romantica che rispecchia certi pregiudizi che fanno fatica a scomparire – anche oggi, che viviamo tutti nel cosiddetto “villaggio globale” - la frase citata supra me l'ha detta una simpatica e arzilla signorina di 74 anni). Madrid, città in cui girovagare senza meta, in cui perdersi, in cui innamorarsi, in cui chiacchierare del più e del meno con la tua amica di una vita senza fretta e senza inganni...

Selene mangia un cous cous in una vaschetta di plastica; lascia 3 piccoli pomodorini.
I pomodorini non li mangi?”, le chiedo.
No, perché mi scoppiano in bocca e mi da fastidio”.
Ridiamo come due adolescenti che hanno fatto forca a scuola.
Sono quasi 9 anni che la conosco, Selene, ed ha sempre la capacità di sorprendermi con le sue battute al fulmicotone (come quella volta che ero a cena a casa sua e andai al bagno; ci misi un po' e quando tornai nel salone, mentre guardava Titanic, mi chiese, a bruciapelo: “Scusa, ma hai cacato nel mio bagno? Hai avuto il coraggio di farlo?”. E uno si domanda: ma come fa a pensarle, certe cose, come fa a porle, certe domande...).

Madrid, città che mi trasmette una voglia di vivere così potente che mi risulta complicato addormentarmi prima delle 2 di notte (e alle 8 del mattino sono in piedi, con le occhiaie e la faccia stravolta, ma in piedi, cristosanto, pronto ad affrontare un'altra gioranta di lavoro). Una città in cui potrei passare il resto dei miei giorni (se non fosse che l'insonnia, a lungo andare, provoca la morte... O no?).

Mi ricordo che devo consegnare un articolo ad una rivista di Salamanca; devo rivederlo e correggerlo in quanto a lingua e stile. Non è mai facile scrivere in una lingua straniera (anche quando questa lingua la si frequenta da anni e in modo continuativo, come capita a me per lo spagnolo). Eppure, mi sforzo e qualcosa di buono verrà fuori, ne sono sicuro.

Madrid, città che m'infonde un ottimismo che, in generale, in Italia non ho (perché lì, nel mio paese, i problemi sono tanti e non si ha sempre la voglia o il coraggio di affrontarli come si deve; troppi ostacoli, troppa gente che non fa funzionare l'ingranaggio, troppi sgambetti assurdi, povera patria, come canta Battiato...).

E intanto aspetto che l'editore di Roma mi mandi 3 copie del mio primo saggio di critica letteraria (chi non ha mai scritto per pubblicare non sa, non può sapere, non immagina nemmeno lontamente che razza di lavoro immane è prendersi cura di un libro, revisionarlo, correggerne i refusi, rileggerlo fino alla nausea, scegliere l'immagine di copertina, decidere il titolo, impostare la pagina della dedica e quella dei ringraziamenti, strutturarne i capitoli, controllarne una ad una le note a piè di pagina, un lavoro davvero immane e assurdo e pignolo e lungo e faticoso e io mi domando: “Ma che vita fanno i correttori di bozze?”, io lo vorrei conoscere, nella vita reale, un correttore di bozze e stringergli la mano e fargli i complimenti e chiedergli: “Ma come fai? Che vita è la tua, correttore di bozze, impegnato a scovare il più piccolo errore o la più piccola svista all'interno delle pagine di un libro in procinto di essere pubblicato?”).

Sì, lo ammetto, e lo comunico anche a Selene (una delle donne più belle che conosca, una con la marcia in più perché, oltre ad essere intelligentissima e molto colta, è anche molto ironica ed autoironica), le dico che sta per uscire il mio primo saggio di critica letteraria e lei:
Ma dai, ma perché non me l'hai detto subito? Lo compro subito il tuo libro, dai, dimmi il titolo”.
E quando le faccio notare che siamo in Spagna e che il libro è in procinto d'uscire in Italia, Selene sorride e mi dà una pacca sulla spalla e poi dice che aspetterà, e che appena lo troverà su internet lo ordinerà e lo leggerà e mi dirà che ne pensa e, se ci sono, mi farà notare i refusi... da vera amica qual è...

Madrid, città cosmopolita, sempre in movimento, che induce al movimento, che spinge all'azione (qui ti viene subito voglia di andare a correre al Retiro, di andare a teatro e al cinema, di leggere 20 romanzi al giorno, di montare a cavallo, di fare un'escursione sulla Sierra, di passeggiare per il Museo del Prado o in quello di Reina Sofía, di tirare tardi ogni notte, in compagnia di bella gente e di tanta, tanta birra con tapas...).

Propongo a Selene di organizzarci per un piatto di pasta. E lei: “Ma siamo a Madrid, dovremmo smetterla di pensare alla pasta!”. E poi: “Domani prendo i pomodori buoni dal contadino. Se ti va, ti faccio una bella insalatona”. E mi viene voglia di abbracciarla, perché Selene è una maga delle insalatone, e anche l'anno scorso mi invitò a cena da lei e ne mangiammo una che è rimasta nella storia, una simpatica, enorme, nutriente insalatona.

E le dico che sì, che va bene. Prima però dobbiamo tornare in Biblioteca Nacional a recuperare i nostri rispettivi computer. E anche attraversare col rosso diventa una piacevole abitudine, perché quella matta di Selene non ce la fa proprio ad aspettare il verde, è da quando viene a Madrid che attraversa col rosso, e se ne frega che qualche automobilista la mandi a quel paese, lei sorride e va dritta per la sua strada, Selene sorride e mi fa cenno di affrettarmi ad attraversare la strada, senza paura e senza remore... dai, forza!

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