Il
Fu Mattia Pascal (o della forza delle abitudini)
Dopodomani
dovrò chiacchierare (per così dire) de Il Fu Mattia Pascal
all'Università; non sono un esperto di Letteratura Italiana e
tanto meno un profondo conoscitore dell'opera di Luigi Pirandello. E
però due cose sono certe e le ho capite: a) è vero, Pirandello è
un autore complesso, anche solo per quel continuo e costante
ragionare dei suoi personaggi (qui Anselmo Paleari è tra i più
riusciti, in quanto a stravaganza e tendenza al grottesco); b) è
vero, Pirandello potrebbe a tratti peccare di “pirandellismo”, ma
ci sono brani, all'interno di quest'opera, che riescono a scavalcare
questo ostacolo con brillantezza e un certo senso di leggerezza che
non guasta affatto, all'interno di una trama in cui la pesantezza
sembra avere la meglio (anche quando cambia nome e passa a chiamarsi
Adriano Meis, il povero Mattia Pascal continua a restare attaccato
alla sua identità; hai voglia a viaggiare, lontano, lontanissimo da
quella casa in periferia in una città di provincia in cui la suocera
e la moglie fanno il bello e cattivo tempo; hai voglia a vincere
somme ingenti di denaro al casinò di Nizza; hai voglia a vivere in
affitto presso pensioni decadenti! Mattia Pascal non può
re-inventarsi davvero un destino nemmeno indossando la maschera di
Adriano Meis...ed è tutto qui il dramma (anche il nostro
dramma...ahinoi!).
Uno
di questi brani in cui Pirandello sembra riuscire a salvarsi dal
pirandellismo è proprio quello in cui, verso il finale, Mattia
Pascal torna a casa, sotto le vere spoglie (non è morto, come
credevano moglie e suocera, ma ha solo fatto finta di impossessarsi
della morte di un altro per scappare e rifarsi una vita). Ebbene:
ormai, a distanza di tanto tempo, la moglie si è rifatta una vita
(come si suol dire), è diventata sposa di Pomino, uno dei vecchi
amici e soci in affari di Mattia, ha avuto dei figli da lui e,
quindi, come rimediare? Dove collocare questo “morto in vita” che
torna dall'aldilà?
Si tratta di una scena drammatica, ricca di tensione, proprio perché ci obbliga a pensare e a domandarci: cosa faremmo noi con un nostro caro morto se tornasse a bussare alla nostra porta? Se tornasse alla vita, essendo creduto morto per tanto tempo? Come trattare un risorto, quando le nostre condizioni di vita sono cambiate? Dove metterlo? Cosa dirgli? Come giustificarci di fronte ai suoi occhi increduli? Cosa fare con i soldi che noi credevamo di avere ereditato? Cosa?
E
allora, a un certo punto, Romilda, la ex-moglie ed ex-vedova ora non
più vedova di Mattia Pascal, si mette a fare il caffè e, qui, in
questo momento, Pirandello s'inventa questo dialogo:
“Nel
porgermi la tazza, mi guardò, con su le labbra un lieve, mesto
sorriso, quasi lontano, e disse:
- Tu, al solito, senza zucchero, vero?
Che
lesse in quell'attimo negli occhi miei? Abbassò subito lo sguardo”.
Ecco
che in questa scena il lettore avverte tutta l'irresistibile forza,
la potenza inevitabile delle abitudini. La viva chiede al presunto
morto se il caffè lo prende sempre uguale, come quando vivevano
insieme, sotto lo stesso tetto, e lei era sua moglie legittima e lui
suo marito e non c'era Pomino né dei figli nuovi appena nati...
La
scena va avanti e il tono familiare continua in questo nuovo dialogo:
“A
proposito, Romilda: avresti ancora, per caso, qualcosa di
mio...abiti, biancheria?”.
“No,
nulla...”, mi rispose dolente, aprendo le mani. “Capirai...dopo
la disgrazia”.
“Chi
poteva immaginarselo?”, esclamò Pomino”.
Ed
è qui che noi capiamo il dramma di un revenant, di uno
zombie, di un morto in vita che torna alla vita quando ormai la vita
è andata avanti, il tempo non si è fermato, sua moglie si è
rifatta una vita, e il morto vivo non ha più vestiti o biancheria da
riciclare... I nostri vestiti, una volta dati per morti, non li
indosserà più nessuno; al massimo, verranno riciclati o dati in
beneficenza. Ed è così che Mattia Pascal – in una scena ricca di
pathos – riceve l'ennesima riprova del fatto che non si può
scappare ai fili che ci legano alla vita; che chi si finge morto poi
la paga cara; che chi torna alla vita dopo essere stato in fuga dalla
stessa non ritroverà più né la moglie ad attenderlo né i vestiti
ad aspettarlo affinché vengano riutilizzati. Resta solo quella
abitudine di sempre di prendere il caffè senza zucchero. Sono
trascorsi, in realtà, due anni dalla fuga di Mattia Pascal e dal suo
presunto decesso; eppure, Romilda, sua moglie vedova ormai solo
ex-moglie e non più vedova, si ricorda ancora di come suo marito
prendeva il caffè... Ci sono fili che sembrano non spezzarsi mai,
sembra suggerirci Luigi Pirandello. Ci sono fili e rapporti che
durano anche dopo che si sono interrotti o spezzati.
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