sábado, diciembre 02, 2017

Intertestualità

Stanco e senza quasi voce (mal di gola maledetto, che arriva puntuale al primo abbassarsi della temperatura), mi reco in aula come il condannato a morte verso la sedia elettrica. Tanti, troppi alunni seduti in attesa del prof. che li illumini.

Stanco e stressato, con la testa a Roma (dove una casa editrice abbastanza seria ha appena ricevuto il nostro "visto si stampi" - il che vuol dire che, a partire da quel momento, il libro va in stampa e non sarà più possibile apportare correzioni o ripulire gli inevitabili refusi), mi accingo a spiegare un concetto non certo facile: che cos'è l'intertestualità e come funziona. Che vuol dire che i testi (soprattutto quelli del cosidetto "postmodernismo") dialogano tra di loro, a distanza, a volte sotto forma di parodia, altre sotto forma di omaggio, altre ancora (la maggior parte delle volte) come ri-scrittura di un modello appartenente a un'altra epoca, un altro contesto culturale, un'altra ideologia...

E non so né come né perché, mi rammento della famosa scena della carrozzina ne La corazzata Potemkin di Sergej Ejzenstejn (del 1925!): è una scena mitica, ogni cinefilo che si rispetti la conosce a memoria:


L'esercito sta trucidando il popolo ribelle e una madre prova come può a difendere il figlioletto, ma un soldato le spara e mentre la donna si accascia a terra, spinge senza volere la carrozzina del bimbo... E la carrozzina, ovviamente, comincia a scendere lungo la scalinata, inesorabilmente, inevitabilmente, e Ejzenstejn, che ha inventato il montaggio alternato, riesce a creare una suspense immane con l'alternarsi (appunto) di primi piani (delle vittime) e campi lunghi (del paesaggio), di movimenti inarrestabili dei soldati e di movimenti sincopati del popolo innocente... Dura 2 minuti, ma sono intensissimi, gli studenti trattengono il fiato, è incredibile come un film del 1925 riesca ancora oggi a sorprendere e a scioccare lo spettatore.


Bene, e ora guardate cosa fa Brian De Palma nel 1987 ne Gli intoccabili, un gangster-movie americano tipico:


Il bambino nella culla è un po' più grandicello di quello del film russo: la scena è molto più lunga (circa 7 minuti) e, soprattutto, il finale è specularmente opposto a quello di Ejzenstejn. Perché? Una ragazza coi capelli neri lunghi alza la mano: "Perché qui i buoni vincono e i cattivi perdono".

La ringrazio e le rispondo che ha ragione: ma non solo. Qui De Palma spettacolarizza la scena de La corazzata Potemkin, perché il bambino si salva in mezzo a una pioggia di proiettili e di mafiosi intenzionati a fare fuori chiunque gli si pari innanzi. Perché qui l'agente amico di Kevin Costner arriva (proprio all'ultimo momento) a frenare la corsa spericolata della carrozzina parandola come fosse un pallone sul punto di finire in rete (anzi, ha perfino il tempo di lanciare una pistola carica all'amico rimasto a secco).

Omaggio? Parodia? Ironia? Ri-scrittura?

Possiamo rifletterci un po' su, ma è quasi inevitabile constatare come tra la Russia degli anni 20 di Ejzenstejn e gli USA degli anni 80 di De Palma c'è un vero e proprio abisso. E il fatto che l'americano non possa fare a meno dell' "happy end" la dice lunga su un certo modo d'intendere la vita, e il cinema, e la realtà tutta (da parte dello stesso regista, ma anche da parte della politica degli "studios" e di Hollywood tutta...). Riflettiamoci. Riflettetici. E poi tornate a leggervi l'Odissea e, in parallelo, aprite Ulysses di Joyce.

La voce completamente svanita, il bruciore in gola mi paralizza, ma mi faccio violenza e esco dall'aula con in mano lo zainetto pieno d'acqua. Sta piovendo a dirotto. Il cielo è nero. E tira un vento che fa tremare le auto. Le chiome degli alberi sbandano come alcolizzati sulla via del ritorno. È il primo giorno del mese di Dicembre. E siamo riusciti a portare a termine una lezione che sembrava un macigno. Un'alunna che si era seduta nelle ultime file mi si avvicina con un ombrello in mano e mi chiede se accetto una caramella alla menta: "Per il suo mal di gola", aggiunge. Ha un sorriso bellissimo. Vorrei abbracciarla forte forte. Mi trattengo e accetto, la ringrazio e affronto la tempesta. Iniziamolo bene quest'ultimo mese di fatica prima delle vacanze natalizie. Dai.


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