martes, enero 01, 2019


Le vacanze mordi e fuggi (l'Italia vista in un lampo)



Troppo poco il tempo a disposizione, quando si torna in Italia, nella propria nazione, la propria patria, le radici culturali e sociali, linguistiche, soprattutto, da cui dipende la tua identità e l'evolversi della stessa nel corso degli anni. 

Non si ha il tempo di visitare la Feltrinelli con tutta la calma necessaria a scovare le novità (sono troppe, le novità, non è vero che il mercato editoriale italiano è in crisi, o se lo è davvero, non si nota, moltissimi gli autori italiani di cui non ho mai sentito parlare, fin troppi i famosi che pubblicano, da Totti a Pif, passando per la Littizzetto ed altri che non voglio citare). E proprio mentre sono in procinto di sfogliare l'ultimo saggio del grande Nuccio Ordine (Gli uomini non sono isole. I classici ci aiutano a vivere, Milano, La nave di Teseo, 2018), un paio di polizziotti ci invitano ad "evacuare il locale per motivi di sicurezza" (la sera dopo, al telegiornale delle 13:00, scopriremo che si trattava di una valigia contenente non ricordo più quanti chili di cocaina purissima; l'Italia è anche questo: paura degli attacchi terroristici e costante porto di mare in cui continuano a sbarcare le droghe che poi finiscono nei piatti del resto delle nazioni del mondo occidentale).

E non si ha nemmeno il tempo di rendersi conto di come, a dispetto della discreta pulizia dell'aeroporto di Fiumicino, il G.R.A. resta ciò che ha sempre incarnato, ovvero, il Caos (con la maiuscola). Noi italiani guidiamo come pazzi, non c'interessa il rispetto delle norme stradali, perché non superare sulla corsia d'emergenza (a destra) se è sempre libera? Che ce ne frega della polizia che sta circolando dietro di noi con le sirene accese (ma senza la sirena)?

E non si ha il tempo di rendersi conto di quanto invecchiano le nonne. Le rughe sono ormai innumerevoli; i movimenti, lenti, sempre più lenti, come se annaspassero nel buio; il carattere è inacidito dai dolori fisici del corpo che crolla, che sta smettendo di lottare per la sopravvivenza, perché è stanco, forse nauseato, e non ce la fa più a tirare avanti (i medici c'insegnano che, spesso, è tutta una questione di testa, è il cervello l'organo che ci permette di risorgere ogni mattina al risveglio, e vaglielo a dire alle nonne - 89 anni l'una, 93 l'altra - di essere ottimiste, che la vita va avanti, che non bisogna lamentarsi, che molte altre non ci sono arrivate alla loro età, non serve a niente, no, a niente, perché, in realtà, in cuor nostro, ci auguriamo caldamente di non arrivare mai alla loro età veneranda, perché fa schifo la vita quando non sei più in grado di lavarti da solo e anche fare i bisogni diventa un'impresa senza il pannolone che ti aiuta a trattenere i liquidi; perché 89 e 93 anni sono sì età incredibili da raggiungere, ma ne vale davvero la pena, in queste condizioni? Dipendere dai figli, dalla badante, dai nipoti, con il fantasma dell'ospizio all'orizzonte: "Io voglio morire qua, voglio morire a casa mia", mi dice quella di 89 anni, costretta sulla sedia a rotelle dopo una caduta e conseguente rottura del femore...e come darle torto? Come costringerla ad accettare per buona l'altra ipotesi? Che progetto di vita è quello di una anziana sulla sedia a rotelle costretta a parcheggiare la propria sedia a rotelle in una casa di cura per anziani, per bella ed elegante, per efficiente ed accogliente che essa possa essere?).

E non si ha nemmeno poi tanto tempo per vedere le pubblicità, sintomo delle mode del momento, specchio della mentalità di una nazione ("dimmi cosa compri e come spendi i tuoi soldi e ti dirò chi sei"). I panettoni e i pandori la fanno da padrona, come è ovvio e giusto che sia, dato il periodo dell'anno in cui ci troviamo; seguono a ruota moltissimi prodotti nostrani, dal latte al parmigiano, dal caffè alla mozzarella; è la mia compagna di avventure a farmelo notare: "Ma perché state sempre lì a sottolineare "prodotto in Italia"? O: "fatto solo con latte italiano?"; o: "100% italiano?". Cos'è tutta questa mania nazionalista?". Ed è vero, è piuttosto curioso vedere quanto siamo orgogliosi dei nostri cibi e delle nostre specialità e quanto ci vergognamo, al contempo, di certi nostri politici contemporanei, di certi loro slogan assurdi, di certi nostri vizi atavici (dalla mafia alla camorra, passando per l'arroganza degli ignoranti che sono fieri d'esser tali).

Se uno guarda l'Italia dai tg nazionali si rende conto subito di questo strano contrasto tra l'esaltazione di quanto è più puro e italico e la critica (di almeno la metà della nazione, o è così che voglio sperare) di chi non ha nulla da esultare e si lamenta, nonostante Salvini (o a causa di Salvini) e nonostante Di Maio (o a causa di Di Maio). 

Se poi uno si azzarda a contemplare l'Italia da Blob (uno dei programmi televisivi più intelligenti e acuti che siano mai stati creati nella storia della televisione italiana) si rende conto del fatto che l'Italia sembra davvero sull'orlo del precipizio: si crolla a pezzi, come gli anziani di cui sopra; e non mi riferisco solo al famoso ponte di Genova che è costata la vita a tanti "innocenti"; non mi riferisco solo a Pompei o al Colosseo o agli grandi monumenti simbolo dell'Italia che, col tempo, si deteriorano senza che chi di dovere ponga rimedio; mi riferisco alle tante scuole, ai tanti edifici, ai tanti centri storici a rischio frana, terremoto, nubifragio... E va bene che non è costruttivo essere pessimisti o apocalittici, ma a me pare davvero che ci sia ben poco da stare allegri...e che siamo anche parecchio sfortunati...e che certi problemi, ahinoi, non sono né saranno mai all'ordine del giorno di nessun governo, a meno che non ci scappi il morto...

E insomma, quando uno fa un viaggio mordi e fuggi non ha tempo di fare nulla, quando arriva in Italia, nella propria nazione, nella patria in cui si coltiva la lingua madre, e si riparte sempre con un senso di smarrimento, di nostalgia, di malinconia, di tristezza pacata. Perché siamo comunque certi che torneremo; perché siamo sempre attenti a vedere come procede la "cosa" in Italia; perché quelle radici lì non possiamo proprio smarrirle o trascurarle o, peggio, reciderle.

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