lunes, mayo 06, 2019

Roberto Calasso legge Sir Thomas Browne: o del senso della vertigine


Chi conosce Sir Thomas Browne sa già che leggendo le sue opere s'imbatterà in questioni di una certa trascendenza e, se ci riflettiamo un po' sopra, non è nemmeno poi tanto strano che ciò accada: Browne (nato il 19 Ottobre nel 1605 a Norwich e morto lo stesso giorno, ma del 1682, ovvero, 77 anni dopo, nello stesso luogo) era, innanzitutto un medico, e poi, subito dopo, un teologo e un erudito. Insomma, si trattava di un uomo d'un certo grado di cultura che, davanti a un cadavere, non solo si preoccupava di scoprire le cause ultime del decesso, ma si domandava anche dove potesse finire l'anima del deceduto, se all'Inferno, o al Paradiso, o al Purgatorio...dunque, uno che ci ricamava parecchio sopra, su certe questioni, anche perché - amante dei libri (rari e antichi) e di letteratura - era dotato d'uno stile proprio davvero geniale e particolare e perfino riconoscibile, quando uno vi entra in contatto e vi stabilisce una certa confidenza (basti leggere Religio Medici o Urn Burial, che è un po' il suo capolavoro, e un lettore attento si rende conto del tipico giro della frase "alla Browne").

Ora, leggere un saggio di un altro tipo esperto di mitologia, archeologia, sociologia, storia delle religioni e letteratura  comparata come Roberto Calasso (colui che - possiamo dirlo -  inventò l'Adelphi in Italia negli anni 70, dando vita ad uno dei cataloghi letterari più eleganti ed interessanti di tutto il Mondo) non può non riservare delle belle sorprese, per svariati motivi.

Il primo è, di nuovo, quello relativo allo stile: chi ha letto (e goduto della lettura di) Le nozze di Cadmo e Armonia (1988) sa già come scrive Calasso, di quale eleganza espositiva è dotato, di quanta erudizione si nutre, ma senza mai strafare, senza mai atteggiarsi a "colto" che ne sa più di te, sempre accompagnando il lettore con attegiamento davvero umile.

Il secondo è legato, invece, al contenuto del libro: fa davvero impressione scoprire che questo testo è la tesi di laurea di Calasso, discussa nel 1965 presso l'Università "La Sapienza" di Roma, quando Mario Praz fu suo relatore e, si suppone, maestro spirituale nel corso di una ricerca tutta a metà tra letteratura inglese, filosofia antica e, come dicevo supra, storia delle religioni. 

Il terzo motivo è legato alla data di discussione della tesi, il già ricordato anno del 1965. Ebbene, basta una rapida ricerca su Wikipedia per scoprire che nel 1965 Roberto Calasso aveva appena 24 anni! E allora l'ammirazione che uno sente verso uno scrittore e studioso ed erudito che scrive già così a soli 24 anni non può che aumentare fino all'Empireo...

Il quarto motivo deriva, invece, dalla struttura stesso del libro: ogni capitolo è un avvicinamento sempre più deciso verso il mistero dei geroglifici, così come li hanno "inventati" ed "utilizzati" gli antichi egizi. Fermo restando che il mistero resta tale, è incredibile constatare come e quanti autori canonici, oltre a Sir Thomas Browne, si siano interessati ai geroglifici come primordiale (o primitiva) forma di comunicazione tra gli esseri umani: da Ficino a John Donne, da Pico della Mirandola a Coleridge (grande ammiratore e fervido lettore di Browne), da Sant'Agostino fino a Paul Valèry, sembra che non ci sia scrittore di razza o poeta o intelletuale che non si sia fatto prendere dal fascino indelebile ed imperscrutabile dei geroglifici.

E Calasso, sorpassando, in parte, la rigidità tipica del genere "tesi di laurea", riesce nel miracolo di avvincerci, di trascinarci, di ipnotizzarci nelle mille pieghe (nei "Millepiani", mi verrebbe da dire, alla Gilles Deleuze e alla Félix Guattari) dei geroglifici e delle opere principali del grandissimo Sir Thomas Browne...

Succede, ad esempio, nella parte finale, quando Calasso chiosa il famosissimo e citatissimo capitolo V di Urn Burial (talmente famoso e talmente citato che Jorge Luis Borges, in combutta con l'amico Adolfo Bioy Casares, pensò bene di aggiungervi dei frammenti apocrifi, scritti secondo il perfetto stile Browne):

"Così arriviamo a parole famose e stupende: 'Quale canzone cantassero le Sirene, o quale nome abbia assunto Achille quando si nascose fra le donne, sono domande astruse che pur si prestano a congetture... Ma chi fossero i proprietari di quelle ossa, o quali corpi avessero costituito quelle ceneri, neanche gli annalisti potrebbero dirlo'. Tombe, urne, ceneri, tutto viene disperso; tutto torna all'anonimità; la memoria dei fatti è affidata al caso" (id., p. 167).

E noi, poveri lettori mortali, non potremo più evitare di porci quelle domande astruse: quale canzone cantassero le Sirene, quale nome abbia assunto Achille quando si nascose fra le donne...

La letteratura (per Calasso, ma anche per Browne) è anche questo: la possibilità di porsi delle domande cui è impossibile trovare una risposta. O anche: un insieme di geroglifici di cui abbiamo perso il codice.

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