sábado, agosto 01, 2020

Ogni cosa edificata è destinata a crollare



Ancora lui, ancora Mark Cousins, dal suo bellissimo saggio Storia dello sguardo (Milano, il Saggiatore, 2018, p. 134):

"Ogni cosa edificata è destinata a crollare, ma nel periodo precedente alla sua caduta, un edificio e la città di cui fa parte ci concedono sguardi di tipo progettuale, contemplativo, condensato, oppressivo, educativo, casuale e futuro. L'ordine presente è il disordine del futuro".

Ecco, un pensiero del genere mi aiuta a capire perché, da un po' di mesi a questa parte (diciamo pure dallo scoppio del coronavirus a questa parte), mi sia messo a fare foto ai ruderi, alle case abbandonate, ai supermercati fuori mano ormai messi in affitto e perció dismessi, con quegli enormi parcheggi vuoti frequentati solo da erbacce e da buste della spesa espatriate lì da chissà dove (e uno si domanda: ma dove sono finiti i clienti che lì ci facevano la spesa quotidiana?).

Ho anche pensato di usare la macchinetta fotografica buona, quella che ci regalarono 6 anni per il matrimonio, una Sony che fa delle foto bellissime. Perché non la smetto proprio, anzi, da quando sono riuscito a uscire da casa dopo il confinamento, è dinvetata - mi ripeto - una vera e propria ossessione quella di immortalare i resti, ciò che il tempo ancora non ha cancellato del tutto, i pezzi di mura o di abitazioni in cui l'assenza dell'uomo è lampante e dà da pensare).

C'è un quartiere, qui vicino, fatto di tanti palazzi di 5 o 6 piani (costruiti durante il cosiddetto "boom del mattone" - e del business edilizio) completamente abbandonati. Fa impressione vedere come quello che, nel 2007 o nel 2008, era l'incarnazione di un ordine perfetto e futuro e ambito o vagheggiato da molti (mi compro l'attico, in una zona periferica, ma almeno vivo in uno spazio più grande dei soliti 30 metri quadrati del centro) sia diventato oggi l'emblema del disordine e della decandenza presente (gli appartamenti, ancora tutti invenduti, sono di fatto rimasti vuoti, non ci sono mobili, né suppellettili che attestino la presenza dell'uomo, solo le finestre, tutte ovviamente rotte, vuoi dal passare del tempo vuoi dagli atti vandalici).

Mi vengono in mente anche le Twin Towers (perché il quartiere di lusso di cui parlo è vicino a un palazzone che presenta due torri laterali che potrebbero evocare quelle americane). Ecco. Le Torri Gemelle sono state (sono e saranno per sempre, credo) l'emblema simbolico del XXI secolo del fatto che "ogni cosa edificata è destinata a crollare", anche quella che emana più prestigio, forza, bellezza, potenza (e i terroristi islamici estremisti non scelsero a caso il loro bersaglio).

Anche le due torri di questo palazzone che immagino sia popolato di uffici prima o poi cadranno o verranno abbattute per dare spazio ad altri palazzi, o ad altri uffici.

Ed è incredibile e pazzesco constatare come uno sguardo "anacronico" o "eterocronico" possa essere allenato proprio alla contemplazione della decrepitudine 'in potenza' dei luoghi del presente e di quella vissuta, realizzata appieno, fattasi carne, per così dire, dei luoghi del passato che, nonostante il peso del loro stesso passato, continuano a richiamare la nostra attenzione di testimoni oculari inermi di fronte a tanto sfacelo (quanti quintali di calcestruzzo ci saranno voluti per tirare su un palazzo di 5 o 6 piani in una zona della periferia prima praticamente desertica?).

Continuo a leggere e a godermi questo saggio sullo sguardo, mentre il calendario mi (ci) ricorda che è il primo d'agosto. Domani si torna in Italia, coronavirus permettendo...

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