NUBI
La parola "crisi" aleggia in casa come una nuvola che minaccia pioggia. C'è stato un dottorando, francese, di Grenobles, che ha rinunciato a viaggiare nel Sud del Sud della Spagna in cui mi trovo e in cui ho coordinato da poco un progetto europeo sulle immagini della violenza in letteratura per paura della DANA e delle alluvioni che hanno devastato alcuni paesi dei dintorni di Valencia. E poi c'è la parola "stress" che è legata sia allo sforzo extra dovuto alla coordinazione del progetto, sia all'ansia di chi mi accompagna in quest'avventura assurda che è la vita per un altro impegno accademico che determinerà tutta la sua carriera futura (e chissà se, di riflesso, anche la mia vita).
E, infine, c'è la parola "solitudine": un bene prezioso di cui posso godere solo di rado, che molti evitano o di cui molti hanno paura e, invece, a me sembra un'opportunità per frenare, per fare le cose con calma, per poter leggere in profondità, per poter godere come si deve di un buon film (o di un buon vino).
Ho scritto a uno scrittore italiano che ho avuto ospite (per un altro progetto che non ha nulla a che vedere con quello succitato) perché avevo voglia di fargli sapere di quanto sia piaciuto un suo romanzo in un congresso su "letteratura e misticismo" (l'autore in questione è agnostico, o sicuramente ateo, o certamente lontano anni luce dalla religione cattolica). Poi ho chiamato per telefono un altro scrittore, questa volta spagnolo, per il semplice desiderio di sapere come sta, perché è anziano, ultranovantenne e certe telefonate vanno fatte, prima che sia troppo tardi...
Questa sera, invece, andrò al cinema a vedere La vita degli altri (di Florian Henckel von Donnersmarck, del 2006): un film che fa riflettere e che colma la solitudine di chi forse, un sabato 30 di novembre, non dovrebbe passare così tanto tempo da solo. Poi si vedrà. Sperando che la "crisi" e lo "stress" vadano via o si attenuino o diventino qualcos'altro...
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