Articoli
C'è uno scrittore amico che scrive che ci sono giorni in cui scrivere articoli (di taglio accademico o - come si dice a volte pomposamente anche nell'ambito degli studi umanistici - "scientifico") gli risulta un lavoro ingrato, un compito infinito, un dovere che lo priva di ogni energia positiva. A me è successo la stessa cosa mesi fa e non solo in relazione agli "articoli", ma anche ad altre pubblcazioni come possono essere le recensioni per riviste d'impatto, gli articoli d'opinione per un giornale locale o le conferenze da esporre oralmente in pubblico (l'ultima su Antonio Moresco, nell'ambito di un mega-congresso su "letteratura e misticismo").
A volte penso anche che la scrittura che non è fluida, che non nasce spontanea, che ci spossessa dell'energia positiva è destinata al cestino, alla sconfitta, all'impasse eterna. Ovvero: forse dovremmo scrivere solo quando siamo davvero convinti ed ispirati, quando l'ispirazione ci coglie lavorando (come diceva anche Picasso), quando l'immaginazione riesce a sorpassare a destra l'intelligenza e l'erudizione e diventa qualcosa di vibrante, qualcosa che perfino il lettore "non esperto" o "non accademico" riesce a percepire e, quindi, ad apprezzare.
In questo mese ho scritto due recensioni, un articolo, una conferenza e un'introduzione ad un evento organizzato dalla Società Dante Alighieri in collaborazione con l'Instituto Cervantes. Il testo migliore, senza alcun dubbio, è proprio il prologo all'evento culturale succitato, un testo di due paginette, ispirato e scritto con un linguaggio comprensibile a tutti, in cui torno così indietro nel tempo da riscattare Omero e citare l'episodio delle Sirene (una scena mitica di tutta l'Odissea, avvolta nel mistero e che pone una domanda cui ancora oggi non riusciamo a trovare una risposta: "cosa cantavano le Sirene?").
Poi mi viene in mente la paginetta in cui ho scritto l'indice e i punti centrali di un libro "ideato" il 22 di febbraio dell'anno scorso (2024) e che - ahimè - non sono ancora riuscito a mettere nero su bianco. La scrittura del libro mi sembra una missione impossibile da portare a termine, eppure, ho già in mente il contenuto dei capitoli, ho intere frasi scritte in mente, ho una caterva di citazioni "salvate" sul pc e da sfoderare nei momenti e nei luoghi strategici del libro. Dovrei solo trovare il tempo. Mettermi alla scrivania. Sedermi davanti al computer. E scrivere. Scrivere. Scrivere. Senza stare a badare troppo all'effetto che il libro potrebbe generare nei futuri lettori; senza pensare nemmeno a un potenziale futuro lettore. Dando il meglio di cui sono capace. Cosciente del fatto che non c'è il libro perfetto né potrebbe mai esistere una cosa del genere. Cosciente del fatto che i libri si dovrebbero scrivere sempre (e solo) con passione, come una domanda che ci assilla, come un'ossessione che si vuole osservare da vicino, come un puzzle che non si vuole finire...
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