In procinto di tornare in Italia
Un collega mi scrive per chiedermi il testo di un ricordo da leggere il 12 dicembre prossimo in memoria di una collega morta a fine settembre. Non sono convinto di ciò che ho scritto, a volte sono troppo esplicito, altre troppo autobiografico, dovrei tagliare e, infatti, dopo un'ora di dubbi, elimino le parti in cui il mio "io" invade troppo il primo piano. Qui la protagonista è Giulia. Che non c'è più. Che non ci manderà più libri da Pisa. A cui non potremo più chiedere un'opinione su questioni di teoria letteraria o di traduzioni, che non potremo più salutare dall'Italia facendole gli auguri di Natale (o di Pasqua, o di Buon Ferragosto).
Un'altra collega mi avvisa: andremo a cena in un ottimo ristorante vicino Piazza Dante. Non ci credo: dopodomani sarò a Milano Malpensa; poi Torino, per un congresso sul Franchismo; poi, finalmente, Pisa, per una lectio sul Quijote. E sono sicuro che è lì, sarà a Pisa, che ricorderò con più intensità e malinconia Giulia, la mia cara Giulia, un'amica, ancor prima che una collega, un'esperta di letteratura spagnola, una persona dotta e sensibile, piena di ironia e di autoironia, una che non ha mai smesso di lavorare, perché il lavoro è passione quando coincide con ciò che uno sa fare meglio, studiare, leggere, tradurre...
In procinto di tornare in Italia mi chiedo quanto freddo farà al Nord, quanta pioggia bagnerà le strade che tornerò a percorrere a piedi, dopo alcuni anni (Torino), dopo decenni (Pisa), come se il tempo non fosse mai passato o come se fosse passato troppo in fretta. Mai tempo.
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