Diario di Borderline
domingo, diciembre 07, 2025
sábado, diciembre 06, 2025
Domenico Starnone, Destinazione errata (Torino, Einaudi, 2025)
Che cosa succederebbe se, invece che mandare un “Ti amo” a nostra moglie (o
alla nostra fidanzata), lo spedissimo per sbaglio ad un’altra donna? Destinazione
errata, l’ultimo romanzo di Domenico Starnone, parte proprio da questo
tremendamente possibile, quotidiano, fattibile errore di scrittura e invio
tramite cellulare (la “scatola nera” delle nostre vite private, secondo felice definizione
di Carla, una mia cara amica, a cui pure regalai a suo tempo Autobiografia
erotica di Aristide Gambía (del 2011).
Chi conosce lo scrittore napoletano sa bene che il suo stile asciutto,
apparentemente semplice, nasconde in realtà un’accuratissima attenzione ai
dettagli, al non detto, all’elissi e alle accelerazioni improvvise. Soprattutto
verso la fine, Destinazione errata si legge con il palpito, con il cuore
accelerato, con l’ansia di volver vedere come va a finire il benedetto
(maledetto?) qui pro quo. Nel mentre, ovvero, nel corso del viaggio
verso l’inevitabile, temuto finale, il narratore in prima persona, il “mascolo”
protagonista della trama, ci rende partecipi delle sue riflessioni, dei suoi
monologhi in progress, nel pieno dei sensi di colpa, dei dubbi, delle
paure, del desiderio di assecondare il desiderio (perché è così, anche nella
vita reale: basta guardare una persona da un altro punto di vista, basta proiettare
Eros verso un’altra persona, che repentinamente cambia il nostro modo di
osservarla, di apprezzarla, di inquadrarla: il desiderio distorce e fomenta una
visione “idelizzata” o “idealizzante” del soggetto che può divenire stranamente
“oggetto del desiderio”).
Come in altre sue opere, Starnone è bravissimo a scandagliare le zone d’ombra
di tutti noi (maschi e femmine, non credo ci sia differenza, quando parliamo di
tradimento; e di fatto, Claudia, la collega cui il narratore spedisce quella
dichiarazione d’amore che scatena il caos, è pure ella sposata, è anch’ella
abile a orchestrare menzogne pur di cedere alla passione con il collega creduto
timido o fin troppo distratto). Anzi: sia lui che lei sono apparentemente
felicemente sposati; sia lui che lei hanno figli (e le figlie giocano con
piacere tra di loro). A che pro, dunque, cedere alla tentazione? A che scopo
ingarbugliarsi i destini e le vite, se ci vanno di mezzo mogli e mariti
legittimi all’oscuro di tutto? Perché far del male (potenziale) a dei figli
minorenni?
Starnone si diverte a mostrarci l’ampio spettro di emozioni e sensazioni di
chi sperimenta nella vita il senso della trasgressione. E attraverso i
personaggi simpatici di Clelia e di Carlo ci fa capire anche quanto Eros sia
importante anche in età avanzata, quando la vecchiaia ci limita nei movimenti e
nei desideri impellenti.
A un certo punto, non ricordo se lui o se lei, qualcuno afferma: “[...] non
c’è nessun bivio, si obbedisce al corpo, e sennò a chi?” (p. 113). E qualcun’altro
afferma (per il proprio tornaconto): “L’infedeltà non è un tradimento, è una
manifestazione di curiosità” (p. 87). E chissà che non sia proprio così: chi
tradisce lo fa perché vorrebbe sperimentare altre vite. Assaporare altre sensazioni
ed emozioni che lo portino a sperimentare ciò che non c’è (più) nella quotidianità
e nella routine. Che Eros possa sopravvivere solo grazie al tradimento? E allora
come spiegare l’esistenza di quelle coppie che, pur essendo sposate da anni,
continuano a desiderarsi e far l’amore con impeto? E allora come spiegarsi
quelle altre coppie che, pur essendo sposate da anni, hanno ormai bandito o
dimenticato il sesso? Lettura amena e allo stesso tempo avvincente, Destinazione
errata ci spinge a porci queste domande. Le domande eterne che forse non
prevedono risposta.
miércoles, diciembre 03, 2025
Ubriaco d'Italia
Quanti misteri italiani irrisolti, come quelli di cui è ghiotto un Carlo Lucarelli qualsiasi...
Poi arrivo a Torino e qui le cose cambiano radicalmente. Un palazzo enorme con la scritta illuminata LAVAZZA è il segnale evidente che siamo vicini al centro. Fa freddo e anche percorrere i pochi metri che mi portano al tram 13 fa intirizzire. Sembra di essere in Abruzzo, il freddo è lo stesso, ti sferza il volto, non dà tregua. Sbaglio strada e ci metto il doppio per raggiungere i colleghi al ristorante vicino all’Università, la “Spada Reale”, in Via Principe Amedeo, 53. Arrivo con netto anticipo, perché, dopo la prima giornata di lavori, i colleghi hanno pensato bene di concedersi un bell’aperitivo. Quando arrivano, li accolgo come fossi il maitre o il cameriere che si occuperà di loro per tutta la serata.
Risate a crepapelle, pettegolezzi su chi è andato via e chi resta, su chi si è trasferito e che è asceso all’ordinariato, chi è ancora associato (come me) e chi è appena diventato ricercatore a tempo fisso (come una giovane che viene da Siviglia). Accanto a me, un signore distinto, molto simpatico e molto elegante che sembra abbia conoscenze ovunque, è amico dell’Appendino, ha pranzato una volta con Fassino, conosce Renzi, insomma, un tipo che ha un collegamento abbastanza evidente con la politica (locale, ma anche nazionale).
Brindiamo all’amicizia, che ci lega nonostante l’ambiente non sempre facile del mondo accademico, pieno zeppo di gente che fa lo sgambetto, di persone spregevoli, di tipi davvero loschi e poco raccomandabili.
La sera non dormo per l’emozione di essere in Italia. L’Abruzzo è lontano, ma mi sento a casa, e, come sempre mi succede nel cambiare letto, l’insonnia mi fa compagnia, mentre provo a immaginare come vivano qui, in questa residenza per studenti, le centinaia di iscritti alle più disparate facoltà dell’Università di Torino.
Il 26 novembre, il secondo giorno di congresso sul Franchismo, è tutto un fiorire di emozioni: per gli interventi degli esperti di letteratura (tra questi, vengono incluso anch’io, anche se provo a smentire, non sono esperto di nulla, nemmeno di come si fa a vivere), per la musica del gruppo che è stato invitato a suonare i canti popolari antifranchisti, per i disegnatori e creatori di fumetti e graphic novel e per i cinefili che ci regalano la visione di un documentario molto premiato sugli anni della dittatura in Spagna e i rapporti dei dissidenti comunisti con l’editore Einaudi (qui a Torino è nata la famosa casa editrice, qui la FIAT, qui i movimenti sindacali, motore dell’economia italiana e centro nevralgico della lotta anticapitalista).
Ceniamo “Da Michele 1922”, un ristorante e pizzeria storica della città, in Piazza Vittorio Emanuele (enorme e senza statue nel mezzo). Io mangio delle strepitose fettuccine ai funghi; qualcun’altro preferisce il secondo: tanto la carne como i primi piatti e le pizze sembrano ottime. Antichi sapori che mi carezzano il palato.
La notte, finalmente, riesco a prendere sonno, faccio almeno 5 ore filate di riposo. Il giorno dopo riparto per Pisa, dove, appena sceso dal treno, mi aspetta la Dany, amica di vecchia data, sin dai tempi del dottorato.
Che strano tornare a Pisa! Dopo più di 10 anni! E 20 anni fa il dottorato, la parentesi felice di studio intenso, di scrittura intensa, di amori intensi... Quanti ricordi legati a Pisa e che emozione davvero enorme entrare al Palazzo Boileau e fare lezione sul Quijote, in italiano, ai ragazzi dei licei linguistici della zona. Sono quasi tutte ragazze: stanno attente, fanno domande, una mi dice che le ho fatto venire la voglia di leggere il capolavoro di Cervantes. Tutto questo non ha prezzo. Mi emoziono ancora di più quando la Dany chiede un applauso ai partecipanti e loro lo fanno, mi applaudono per il piccolo, modesto intervento per introdurre i più giovani a un classico universale.
E siccome domani, 28 novembre, c’è lo sciopero nazionale, la Dany preferisce fare un aperitivo e scappare prima delle 21:00, tornare a Livorno in treno prima di correre rischi di cancellazioni o blocchi. Il tagliere; il Morellino di Scansano; i sapori toscani che facevano parte della mia quotidianità quando vivevo qui con Alyssa (tra Pisa e Firenze, per quasi 9 anni). L’ho avvisata. Domani arriva. In macchina, lei che ha il terrrore di guidare.
Dormo male, perché cambio di nuovo letto, presso le Benedettine, a pochi passo da quello che Leopardi considera il Lungarni più bello di tutti (migliore anche di quello di Firenze).
Intanto, il 28 mattina, Selena mi scrive, è tornata da Trento, un congresso sui dialoghi rinascimentali. È davvero un’impresa starle dietro: mi presenta tutti i responsabili della Biblioteca d’Ateneo; mi fa chiacchierare con colleghe spagnole ormai diventate pisane; mi trascina da un prestito all’altro, da un ufficio all’altro, senza pausa né soste, fino a che, verso le 14:00, si va a mangiare un panino con salsiccia strepitosa a “I Porci Comodi”, una paninoteca gestita da un ex-pugile toscanaccio e sarcastico come solo i toscani sanno esserlo. Mangiano in preda all’estasi. Poi un caffè e l’addio, arrivederci, amore, ciao...
Alle 17:30 Alyssa mi avvisa: è arrivata nel suo ostello, ha parcheggiato, possiamo trovarci, se voglio. E sì, lo voglio: passiamo il resto del pomeriggio e della serata a rimembrare i tempi passati, a ridere come una coppia di vecchi comici che si conoscono a memoria e sanno rispettare i tempi dell’altro, i nostri sketch continuano a far(ci) ridere, ci abbracciamo forte, ci baciamo, ci confessiamo tenerezza mutua e infinita, amicizia eterna, al di là delle distanze spaziotemporali. La notte mi risulta impossibile dormire. L’areo parte alle 11:00, Alyssa fa colazione con me a pochi passi dall’aeroporto Galileo Galilei. “Ma te lo ricordi quando mi stressavo per nulla?”. “Ma guarda che ancora oggi ti stressi per nulla! Non sei cambiato per nulla, caro mio!”. E la vita ci scorre davanti. Siamo entrambi consapevoli di averla vissuta a fondo, con passione, con intensità, con determinazione, anche quando ci facevamo del male...
domingo, noviembre 23, 2025
In procinto di tornare in Italia
sábado, noviembre 08, 2025
Novembre 2025: corse e ricorsi storici
domingo, octubre 19, 2025
Madrid semper
Intanto, passeggiando tra la Gran Vía e Calle Fuencarral, non si finisce di ascoltare parlare in italiano. Prima o poi qualcuno dovrà studiare in modo scientifico perché noi italiani siamo così attratti dalla Spagna, dagli spagnoli, dal modo di stare al mondo dei fratelli ispanici. Si vede lontano un miglio che non si tratta di turisti, di gente di passaggio: no, questi sono italiani che vivono a Madrid, che pagano le tasse in Spagna, che non hanno più contatti burocratici, vitali, amministrativi, economici con l'Italia. Una collega ispanista mi dice che a Barcellona quella italiana è la comunità più numerosa dopo quella cinese. Gli italiani che lasciano l'Italia per vivere all'estero sono in costante aumento: perché? Cosa c'è che non va in Italia?
A cena mi dirigo verso Plaza Olavide: A., la mia migliore amica madrilegna, italiana d'origine, nata a Firenze, ma cittadina spagnola da più di 30 anni, mi fa entrare in casa, scusa il disordine, un bimbo di 8 anni, uno di 5 e una neoanata di pochi mesi... Il marito ha esposto da poco alla Biennale di Venezia, è un fotografo sloveno che fa delle fotografie incredibili, molte di rovine, edifici che crollano a pezzi, palazzi dismessi e fabbriche abbandonate. La serata trascorre placida e allegra tra vino rosso, spaghetti al burro e parmiggiano, polpo con patate e paprika, risate e ricordi di una vita fa, di quando eravamo tutti più giovani e avevamo meno pancia e meno capelli bianchi.
martes, septiembre 30, 2025
Lo stress di tutti i giorni
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