viernes, agosto 11, 2006

Everyday life follies

Spesso camminare in pieno centro può riservare molte sorprese: un uomo dal vestito elegante contempla come in estasi un secchio dell'immondizia. Lo osserva attentamente, sembra voglia infilarcisi dentro, chissà se è un finto ricco (e un vero povero), penso, un barbone che ha appena rubato un completo di Valentino a qualche ricco vero (o finto povero), mi chiedo: e se ha fame e non aspetta altro che il momento giusto - quando nessuno lo guarda - per acciuffare qualche rimasuglio, i resti di cibo dei vicini negozi e supermercati e alimentari della zona?

Passano poche ore. Davanti al distribuitore di bibite e caffè della biblioteca. Mentre la mia collega e amica Sele mi accusa di dicotomia ("Come dici?", chiedo; "Sei dicotomico", mi spiega; "ho detto: dicotomico", poi consiglia: "Aggiungi un po' di grigio alla tua vita"), e mentre io provo a spostare l'attenzione su un altro argomento e a parlarle dell'influenza di Antonio Tabucchi su Enrique Vila-Matas (ricordo quando Alyssa si precipitò per me alla Feltrinelli di via dei Calzaiuoli per scattare una foto al folle scrittore di Barcellona e ci riuscì, anche se, mi confessò, si vergognò non poco quando Vila-Matas venne interrotto dal flash della macchinetta e la fissò come a dirle: "Ora mi da quella macchinetta o la uccido e non esce viva da questa libreria"), ecco che si presenta (meglio: autopresenta) un tipo mezzo calvo e sulla cinquantina che, ci dice, sta conducendo degli studi di psichiatria clinica. Ha gli occhi spiritati e sembra essere appena scappato da un centro di salute mentale. Sì, insomma, sembra un pazzo scappato dal manicomio. Sele, che è sempre gentile, non so la sente di mandarlo subito a quel paese, come si dice: i pazzi bisogna assecondarli. E lui: "E lei cosa studia?"; e lei: "Mi sto specializzando in letteratura italiana medievale, da Cecco Angiolieri in poi"; "Ha mai letto Freud?", no, non ci credo, ora va a finire che mi cita pure: "Psicopatologia della vita quotidiana, sì, quello dovrebbe leggerlo, glielo consiglio caldamente, anche se mi domando: è stato pubblicato prima questo titolo o il saggio sul Motto di spirito che tante somiglianze mostra con Psicopatologia della vita quotidiana?". Sele ammette di non ricordare quelle date. Il tizio sembra adirarsi. Poi ingurgita il caffè (o era un cappuccino?) d'un sol colpo e ci dice che è stato un piacere per lui conoscerci e che ora deve andare perchè lo aspettano alcuni "casi molto molto interessanti", aggiunge, con ghigno sottilmente (e perturbantemente) maligno...

A casa, alle 4,30 del mattino. L'insonnia è ormai un'abitudine. Eppure, a volte, mi sembra un regalo: quando si hanno più ore a disposizione di quelle previste per la giornata "normale" così come la vivono le persone "normali" si ha l'impressione di avere molto più tempo a disposizione, come se si potesse godere di alcune ore in più, supplementari, e così, a volte, ne ho approfittato (per vedere film, rileggere romanzi letti in gioventù, scrivere qualche racconto che, il mattino dopo, mi sembrerà prodotto della follia di un genio che si crede genio e invece è solo pazzo come gli altri), ma stasera no, non è una di quelle volte (non vedo film, non leggo niente, nemmeno scrivo, ho solo la testa in panne e sudo freddo nel letto che mi attanaglia mio malgrado) e all'improvviso lo sento: un vicino di casa che litiga costantemente coi suoi genitori, deve avere sui vent'anni o poco più, sbraita, "voi volete uccidermi, lo so, ma io non me ne vado, avete capito, io questa cazzo di casa di merda non la lascio, capito? Fanculo tu e fanculo tu, io a lavoro non ci vado, lo so io quando è ora, ti pare questa, eh, ti sembra questa l'ora per chiedermi di spegnere il cellulare? Ma quanto sei stronza, non lo vedi che sono le quattro di mattina, dimmi, chi cazzo chiamo alle quattro di mattina?", testuali parole.

Faccio una telefonata a casa. Invece di mia madre sento la voce sensuale di una sconosciuta. Mi chiede se ho bisogno di massaggi. Le dico che forse, evidentemente, ho sbagliato numero. Mi dice che no, che il numero è esatto; se ho voglia di massaggi, devo citofonare al 3 scala B, interno 14. 3-B-14. Lo appunto. Come per scaramanzia. Non ho mai giocato al lotto. Mai. Poi rifaccio il numero: "Ma, ho risofferto d'insonnia". Mi chiede se continuo a prendere il caffè dopo cena. "No, ma c'è un vicino di casa che non mi lascia dormire". Poi cade la linea, mentre iniziavo a sfogarmi. Bah.

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