jueves, noviembre 16, 2006



Perché non ce ne andiamo?

Quante volte mi sono posto (e ho posto a Alyssa) questa domanda? Perché non ce ne andiamo, e ci lasciamo dietro le spalle tutto quanto, gli impegni, il lavoro, i doveri (ah! quanti doveri! quanti compiti - per casa, ma soprattutto, per lo spazio che oltrapassa il nostro uscio), sbarazzarsi dei freni mentali, morali, psichici, quante pippe mentali inutili, sia detto tra parentesi e per inciso, en passant. Gabriel, un mio amico anconetano, mi scrive in un email da Praga che lí si sta da dio, ci vive da due anni ormai, quante bionde il fine settimana (bionde sia le birre - che, come tutti sanno, a Praga costano meno che da noi e te ne servono in quantità nettamente superiori alle nostre - sia le ragazze, che non si pagano, ma mi vengono dei dubbi: di quali bionde stavamo parlavando?). Un'altra mia cara amica mi dice che si iscriverà presto a un corso di dizione a Torino (lei ci vive vicino); l’ho presa un po’ in giro, non mi sembra abbia una cattiva dizione, ma abbiamo tutti da imparare nella vita (impostare la voce, assumere una determinata postura del corpo quando leggiamo in pubblico, attività che non ignoro e che mi ha sempre regalato attimi d’adrenalina pura). Un'altra (una delle mie migliori amiche, solare e allegra) è scappata a Milano per un colloquio (o una serie di colloqui) di lavoro, forse ha trovato qualcosa, una soluzione per sopravvivere e portare a casa la pagnotta, come si diceva ai tempi di mio nonno. Tra poco parto per Roma, poi un nuovo viaggio nel mio paese d'adozione: da Madrid a Jerez de la Frontera, e da qui a Puerto de Santa María (mi vengono in mente, a sentire un nome simile, per un paesetto sul mare, a pochi chilometri di distanza, in linea d'aria, dal Marocco, le tre caravelle di Colombo, la Nina - o era la Niña, con grafia spagnola? - la Pinta e la Santa María, appunto). E lascio una scrivania in condizioni pietose. Che mal di testa! Ma quanto durerà ancora? Intanto, finisco di fare la valigia (tanto, tra poche ore, stasera, dopo cena, la disfo di nuovo, mi disfo a disfare valigie, ultimamente) e penso a mio fratello che vorrebbe imparare inglese in Australia (Sidney) e spagnolo a Valencia (o a Madrid o a Barcelona). Un suo amico ci va davvero (a Sidney) almeno per un anno. Mentre mia madre mi aspetta con ansia, co sti treni, co sti aerei, stai attento, mi raccomando, come se uno avesse più chances, quando si può morire anche stando fermi e chiusi a chiave nella propria stanza. Percorro stanze. Attraverso spazi. Imparo a leggere in bilico sulle rotaie dei treni. Consumo il mio tempo percorrendo chilometri di strade (e di pagine). E mi prendo un'aulin o un mesulid o un artifex o un furadantin o un eptomol o come diavolo si chiama, purché il mal di testa scompaia, santoddio e cristosanto...

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