domingo, enero 14, 2007

Polvere siamo...

e polvere diventeremo. Il pensiero scatta dentro una delle stanze più nascoste del nostro Dipartimento ("nostro" di chi? ai post---eri l'ardua sententia). La porta d'ingresso m'introduce immediatamente in un corridoio lungo, ai lati sono appesi quadri di pittura astratta, si sente puzza di chiuso, ragnatele ai piedi di una scala di metallo che conduce al secondo piano (ma è davvero il secondo? ed è davvero un altro piano?). La luce è soffusa, non si distingue bene, la polvere riempie i polmoni e rende affannata la respirazione, due mosche fanno sesso sopra una scrivania sepolta da grossi libri dalle copertine in similpelle. Basta aprirne uno per capire che sì, si tratta proprio di tesi di laurea (o di dottorato). "Università degli Studi di Pisa"... "Titolo tesi:..." "Candidata:..." "Relatore: Chiarissimo prof. ..." "Correlatore: Eccelso prof. ..." "Anno Accademico: 1991/92". Quanti anni fa? Quanti ne avevo nel 1992? Da quanto tempo giacciono in questo stato tutte queste tesi?
Lo sguardo si sposta in alto, su uno scaffale. Mucchi di riviste, che contengono montagne di articoli, recensioni di altri libri, riassunti, saggi più o meno fortunati, letti da lettori (quanti?) più o meno attenti e interessati. Da quanto tempo più nessuno mette piede in questo scantinato? E' il destino, direbbe un mio amico, filosofo danese. Una massa di parole finite a poltrire e a prendere polvere in una mini-biblioteca chiusa al pubblico e che, tranne gli addetti ai lavori, più nessuno ricorda o frequenta.
Ai miei piedi una lampada arrugginita. Sotto la lampada un calendario, del 1988.
Torno al presente. Una collega di anglistica m'invita a prendere un caffè. "Ma che hai fatto? Che roba è tutta quella polvere sulla giacca?".
Polvere siamo...

3 comentarios:

  1. Bella l'atmosfera: la luce soffusa, la polvere ovunque, l'odore pesante delle cose vecchie, le mosche. A volte scopriamo questi piccoli angoli del mondo e per una strana ragione ne veniamo affascinati. Così li rubiamo alla realtà e li trasformiamo in un'immagine per farli nostri per sempre.

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  2. La polvere nasconde agli occhi, ma non cancella. Il passato, poi, e' sempre presente, sta in disparte, sotto la polvere, e quando vuoi puoi andare a fargli visita. Non e' poco. Ricordo un concetto che mi colpi' parecchio tempo fa: possiamo decidere di ricordare ma non di dimenticare, non ci sono esercizi e sembra strano ma e' proprio cosi'. Non sempre riusciamo a dimenticare, anzi, piu' lo vorremmo, a volte, meno ci riesce.

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  3. Guarda tu il caso (le coincidenze):proprio in questi giorni ho finito di leggere un libro stranissimo e affascinante di Juan Benet; un libro che potremmo tradurre: "Tornerai a Región". E trovo, tra le altre, questa frase, dal tono aforistico, su quanto tu ricordavi nel commento, cara Cupiditas (mi mancano le nostre chiacchierate davanti una birra media dalle parti di La Latina): "El presente è già passato e tutto ciò che ci resta è ciò che un giorno non accadde; nemmeno il passato è ciò che fu, ma ciò che non è stato; soltanto il futuro, ciò che ci resta, è ciò che è già stato". Non so. Non capisco cosa voglia dirmi in questo zig-zag verbale l'autore, mi turba parecchio, devo dire la verità. E mi ricorda parte del tuo commento, la polvere che non cancella, le tracce che restano...quanto è già successo.

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