domingo, septiembre 14, 2008


I libri che ho comprato (e devo ancora leggere) da quando sono andato a convivere

Dunque, vediamo, perchè c'è qualcosa che non torna (o che m'incuriosisce nelle mie ultime scelte d'acquisto): da quando sono andato a convivere con Alyssa (e Silvia, una delle due o tre lettrici di questo blog ha scoperto anche - finalmente - chi si cela dietro questo nick-name o nomignolo finto inventato ad hoc per motivi che è meglio tralasciare in questa sede), ho comprato:

1-L'uomo senza qualità, di Robert Musil (Torino, Einaudi, 1996, due volumoni che superano le 1700 pagine);

2-Cantare del Cid, di autore anonimo (Milano, Garzanti, 2003, a cura di Andrea Baldissera, è il primo poema epico della letteratura spagnola);

3-La natura, di Lucrezio (Milano, Garzanti, 1994, a cura di Francesco Giancotti, è forse uno dei "classici" più universali della tradizione greco-latina);

4-L'era del porco, di Gianluca Morozzi (Milano, TEA, 2008, forse non un "classico" della contemporaneità, ma certamente scorrevole e divertente - di fatto, finora, è l'unico libro che abbia comprato e letto);

5-Fotografia come letteratura, di Giuseppe Marcenaro (Milano, Bruno Mondadori, 2008, saggio su una mia antica passione - parallela a quella sui rapporti ormai antichi tra cinema e letteratura).

Dunque, escludendo il libro n. 4 (un piacevole passatempo) e il n.5 (un saggio agile e interessante), i libri dall'1 al 3 sono dei "classici" indiscussi. Sono libri complessi e complicati; che implicano una lettura attenta e meditata. Sono anche libri che durano nel tempo (perchè sono arrivati fino a noi, nonostante le mode dei secoli e del momento). Sono libri, diciamolo, "seri". Sono diventato più serio, da quando vivo con Alyssa sotto lo stesso tetto? Non direi (Morozzi viene in mio soccorso e smentisce la serietà da "topo da biblioteca" della succitata lista - evviva Morozzi!); sono diventato improvvisamente lettore di "classici"? Non è proprio così: quel saggio al n. 5 sulla fotografia sta lì a testimoniarlo. E alllora? Che succede?

Succede che a 31 anni (compiuti l'8 Settembre; chi non ha fatto gli auguri è scusato e perdonato in anticipo; io scordo perfino il giorno del compleanno di mia madre!) uno decide di leggere solo quello che pensa valga la pena di leggere. Mi spiego meglio: col passare degli anni (e dopo aver letto diversi libri; non migliaia, ma "diversi"...), uno si rende conto che in fondo non sono poi moltissimi i libri che valga la pena leggere. Sì, ci sono quelli che tutti leggono in quel dato periodo (i famosi e famigerati best-sellers), ma poi ti rendi subito conto che ci sono libri che non puoi non aver letto prima di morire. Più si accorcia il tempo che ci resta da vivere e più si affina l'olfatto per i libri che meritano davvero tutta la nostra piena attenzione e la nostra più pura curiosità. Di Lucrezio e del suo trattato De rerum natura sento parlare sin da quando frequentavo le medie; del Cid Campeador sono venuto a conoscenza il primo giorno di lezione di Letteratura Spagnola (da allora mi è rimasta impressa una scena che non vedo l'ora di scovare nell'originale dell'antico castigliano in cui l'opera è scritta e si è tramandata nel corso dei secoli); di Robert Musil e del suo capolavoro incompiuto ho sempre sentito parlare all'Università (per le sue digressioni, per la sua struttura "aperta", per i suoi personaggi; ho cominciato da poco a leggere il I volume e posso dire di essermi già invaghito di Clarisse e di essere già "compagno di sventure esistenziali" di Ulrich). E così per l'Eneide, di Virgilio, e le Storie di Ammiano Marcellino... e così pure per The adventures of Huckleberry Finn di Mark Twain o Moby Dick di Herman Melville... e un lungo, lunghissimo eccetera (per cui uno pensa che ci vorrebbe più d'una vita per leggere davvero tutti i libri che valga davvero la pena di leggere prima di morire...).

Avrò il tempo per sì ardua impresa?

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