domingo, enero 25, 2009

L’hotel di fronte casa

Ho scoperto che quello di fronte casa (non proprio di fronte, diciamo di fronte ma spostato sulla sinistra di dieci metri) non è un ospizio per anziani, né un collegio per studenti americani (come suggeriva la padrona), ma un hotel. Ecco spiegati i due fari che, dal basso, dal pianterreno, sparano due raggi di luce durante la notte, fino a che non spunta il sole. Ed ecco spiegata la nicchia scavata nel cemento con dentro il nome: “Hotel President”. Il punto è che sembra sempre vuoto. Non c’è ombra di turista nei paraggi. Né di dipendenti. Eppure… le luci sono sempre accese di sera. Se mi affaccio dal balcone riesco a vedere perfino un quadro, di quelli tristi tipici di certi ospedali, una natura morta. E, dalla finestra di fianco, un crocefisso e una porzione di lampadario…

L’hotel è immerso nel verde (come casa nostra, d’altronde – io di fronte ho una collina di ulivi). L’ingresso è dato da una stradicciola sterrata che conduce a un portone alto due metri. Di legno antico. Con due battenti di bronzo che, a occhio e croce, devono pesare un accidente.

Se si segue la stradina che costeggia l’hotel si può arrivare fino a San Domenico e da qui su su fino a Fiesole. Da casa non solo riesco a vedere la cupola del Brunelleschi, ma anche spicchi di colline della zona fiesolana.

Leggo da una Storia della Letteratura Italiana edita da Einaudi che Fiesole e Firenze sono state acerrime nemiche durante il XIV e XV secolo. E che solo dopo anni di feroci battaglie campali, i fiorentini hanno avuto la meglio. Nel romanzo picaresco Guzmán de Alfarache, il cap. 1 del II Libro della “Segunda Parte” descrive la Firenze ai tempi della famiglia De’ Medici nei suoi più minuti dettagli; il narratore ne loda le strade pulite, l’ampiezza delle piazze, l’ordine e l’architettura delle case e dei palazzi, la vastità dei giardini di Palazzo Pitti, la grandiosità del Duomo, per poi sottolineare la gentilezza degli abitanti. A detta di Guzmán, Firenze gli stranieri “los admite, agrega, regala y favorece más que a sus propios hijos”. Oggi non mi sembra sia più così. E comunque fa un certo effetto leggere (oggi) di una città di oggi attraverso gli occhi di un autore (di ieri) puntati sulla stessa città così come appariva (allora).

C’è una finestra, al terzo piano, che resta sempre aperta, anche di notte. Solo che dentro non si vede mai nessuno (non a questa distanza, almeno).

Tutto intorno è buio. E stranamente, stanotte, soffia un vento caldo, pur essendo ancora pieno inverno. Ci sono solo due macchine, parcheggiate vicino all’ “Hotel President” e spero che siano di qualche dipendente. Perché io di turisti, qui attorno, non ne ho mai visti…né sentiti.

2 comentarios:

  1. Quest'hotel President mi fa venire in mente (nell'ordine):

    ** un bel Simenon (tipo: "Le finestre di fronte")
    ** un bell'Orson Welles (oh, yes, un bel "Terzo uomo")
    ** un bell'Hitchcock (un titolo a caso: "La finestra sul cortile"?)
    ** un bel Hrabal (in questo momento non trovo il titolo giusto, ma giuro che un Hrabal che ci azzecchi te lo trovo di sicuro ^__^

    ....accidempoli, ma tu che sei li a tre passi ancora non ci sei entrato?!

    Vogliamo saper tutto dell'Hotel President!

    ResponderEliminar
  2. Pensavo di farmi passare per un potenziale cliente e di farmi portare al terzo piano, nella stanza dalla quale si dovrebbe vedere casa mia, e da lì, da quella stessa finestra, scoprire proprio come si vede casa mia dall'Hotel "President"...ma forse è davvero un pensiero malsano (o hitchcockiano)...comunque, ti/vi farò sapere (alla prossima puntata)...

    ResponderEliminar

Letture pasquali Provo a leggere, in queste vacanze pasquali, tra una corsa in bicicletta in alta montagna e le mangiate assurde previste da...