Ipotesi di lavoro
(per un racconto sull’insonnia)
Non lo so il perché; sta
di fatto che mi affascina l’insonnia, soprattutto come tema narrativo, come
spunto per riflettere sulla condizione umana, come ottima scusa per girarci
attorno e dare vita a racconti surreali o realisti e crudi o simbolici e
allegoricamente interessanti (o entrambe le cose; si può?).
Eppure non soffro
d’insonnia. O meglio: ne ho sofferto, ma tanti anni fa (quando, in realtà, più
che d'insonnia “normale” potremmo parlare di una specie d’insonnia “alla
rovescia”: appena le lancette della sveglia luminosa e fluorescente
s’avvicinavano alla 4 del mattino, ecco che il mio cervello si ridestava e non
c’era proprio verso di tornare a dormire tranquilli con la testa poggiata sul
cuscino, dovevo alzarmi per forza e dedicarmi ad altro: la lettura di romanzi
lunghissimi, i cosiddetti “romanzi-fiume”, o la visione dei film in bianco e
nero che emetteva Enrico Ghezzi da Fuori
orario, o la frequentazione di siti vietati ai minori – che titillavano gli
“istinti di base” più che quelli legati alla facoltà immaginativa – e qui si
potrebbe aprire una grande parentesi per discettare sull’annosa diatriba: può
la pornografia aspirare ad essere considerata “arte”? E cos’è che ci permette
di tracciare una linea sicura tra ciò che definiamo “arte” e ciò che definiamo “eros”
e “porno” o “porno-soft” o “eros spinto”? Ma questa, appunto, è materia per un altro post, torniamo a Bomba).
Dunque, ecco una (delle tante) ipotesi di lavoro per un racconto futuro sull’insonnia: lui soffre d’insonnia, soprattutto da quando la seconda moglie, Marta, l’ha lasciato. In realtà, di notte, si ferma a riflettere davanti al computer e scrivendo dei suoi amori passati si accorge del fatto che tutte, ma proprio tutte le sue ex, soffrivano dello stesso male: in ordine cronologico di ex, dalla più recente (nonché traumatica) alla più veterana:
a) Marta perché faceva
sempre lo stesso incubo ricorrente: in sogno le appare il fantasma della
ragazzina che ha ucciso senza volerlo in un incidente stradale da cui è
riuscita a sopravvivere illesa nel fisico ma segnata nella coscienza,
b) Sara (la prima moglie)
perché oltre che insonne, alle volte è sonnambula e si sveglia e comincia a
camminare per casa e a parlare con i muri, facendo discorsi strani sulla
virilità del marito;
c) Nadia perché soffriva
di uno strambo mal di schiena che si acuttizzava o veniva fuori solo di notte;
d) Anna perché scambiava
il giorno con la notte e, quindi, dormiva di giorno e si svegliava ed era
iperattiva di notte (con le logiche conseguenze sul suo rendimento accademico
all’Università).
L’ennesima notte d’insonnia
il nostro protagonista la passa a fare questa specie di lista degli amori del
passato; si accorge di quanto abbia amato le sue ex condividendone gioie e
dolori e, soprattutto, condividendo con loro le ore notturne passate a fissare
le pareti o a litigare o a guardare film o a fare l’amore con stanchezza e
stravolgimenti psichici reciproci (particolarmente sconvolgenti i rapporti con
Nadia e con Sara) e, alla fine, capisce qual è la possibile medicina che fa al
caso suo. Finire il racconto, smettere di ricordare il passato (soprattutto
quello legato a Sara) e cercare di riproiettare la sua vita verso il futuro
(magari accanto a una donna che non soffra d’insonnia come le sue ex
succitate).
Possibile scenetta tragicomica
(secondo lo stile di certo Woody Allen): l’apparizione momentanea e repentina,
in camera da letto, dei fantasmi delle ex (che cominciano ad accusarsi a
vicenda o a litigare su chi avrebbe amato meglio il nostro eroe).
Possibile scena “horror”:
lui che tenta di suicidarsi dopo aver visto alla tv un film che racconta quanto
abbiamo appena raccantato. È come se si vedesse in uno specchio. Solo che si tratta
del film che parla della sua vita. Prendere coscienza di quanto triste sia
questa vita è il motivo scatentante che lo spinge ad ammazzarsi.
Possibile scenetta
esplicitamente grottesca: lui che tenta di impiccarsi, ma la corda si scioglie
e fa un grosso capitombolo che provoca l’ira del coinquilino del piano di
sotto; lui che tenta di infilare la testa nel microonde ma salta il contatore;
lui che si spara alle tempie con una vecchia pistola, ma la pistola fa cilecca;
lui che si taglia le vene, ma la lama non è affilata e riesce solo a provocarsi
dei lividi orrendi; lui che chiama Marta e le confessa che ancora la ama e che,
finalmente, ha capito qual è la causa della sua insonnia e lei gli dice che può
anche crepare perché lei ormai non lo ama più ed è guarita (il fantasma della
ragazzina che ha ucciso con la macchina non la disturba più, si è
riappacificata con lei).
Ecco: questo è il punto;
usare l’insonnia come motivo “serio” di riflessione in un racconto in cui si
bilancino le scenette tragicomiche a quelle “horror” e a quelle più
esplicitamente grottesche. Ci vorrebbero insieme un Dario Argento, un Ingmar Bergman e un Woody Allen per fare una roba del genere. E un tocco (o pizzico) di Hitchcock. E un linguaggio poetico
e sperimentale. Un James Joyce in vena di battute. E saturnino. E molto, molto
malinconico (i discorsi sull’amore, e sul tempo che passa, e sulla morte che s’appressa)…
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