miércoles, octubre 09, 2019

Premi letterari

Per la prima volta in vita mia, m'invitano a partecipare alla giuria di un premio letterario molto importante nella regione del Sud del Sud della Spagna in cui mi trovo e lavoro. Decido di accettare anche se so che, a fine giugno, diventerò padre e avrò, di conseguenza, molto meno tempo da poter dedicare alla lettura.

Proprio per questo, gli altri 6 giurati mi fanno il favore di darmi soprattutto libri di poesia, raccolte poetiche brevi o che, al massimo, occupano un centianio di pagine. Nel mucchio, capitano anche 3 o 4 romanzi (un paio piuttosto voluminosi).

Leggo ovunque, anche in sala parto, anche in ospedale, mentre la mia compagna di avventure si riprende dall'operazione, dall'evento miracoloso e dal miracolo della vita che si fa strada con forza e vede la luce.

Leggo anche quando ricominciano i corsi all'Università; quando appoggio la causa di un gruppo di colleghi iscritti al sindacato e che m'invitano ad appoggiare il sindacato; quando la prole dorme, dalla mezzanotte in poi, ma anche quando è sveglia (e diventa davvero complicato intrattenerla e svoltare pagina).

E passano i giorni e passano i mesi e, finalmente, arriva il giorno tanto atteso, il giorno in cui il vincitore verrà eletto e riceverà i 5 mila euro del premio e l'applauso dei lettori. Due settimane prima, però, assisto alla lotta interna tra il bando di chi sceglie questo determinato scrittore (che, obiettivamente, si merita di vincere) e il bando di chi, per una sorta d'odio irrazionale, vorrebbe far passare il secondo classificato.

È la primissima volta che mi vedo coinvolto in una diatriba del genere ed è davvero incredibile (e anche leggermente inquietante, oltre che divertente) vedere come si scannino professori, editori, scrittori che hanno già vinto il premio in edizioni anteriori, librai e uomini della cultura e della letteratura che, si suppone, sono accomunati dalla stessa passione per i libri e baciati dalla stessa stella umanista.

Sfioriamo la rissa, ma alla fine sì, si decide a maggioranza che il vincitore è lui. E allora eccolo, il giorno in cui lo scrittore si presenta davanti al sindaco, al Rettore, alle autorità e, ovviamente, ai noi, Signori della Corte...

Lo scrittore è emozionato: legge un brano dal suo romanzo, la voce trema davanti al microfono, poi è tutto un batter di mani, un'ovazione, applausi a non finire.

Siamo tutti amici come prima; si esce dall'Aula Magna per andare a spilluzzicare qualcosa nel buffet che ci è stato gentilmente offerto da non ricordo più quale sponsor. Pacche sulle spalle, i membri della giuria (me compreso) si godono un po' di meritato relax. 

"Dio santo, quanti libri orrendi ci siamo visti obbligati a leggere", dice una.
"Che faticaccia!", esclama l'altro.
"È stata un'esperienza arricchente", affermo, tanto per dare loro ad intendere che mi sono sentito onorato dall'aver condiviso con loro questo lavoraccio.

Lo scrittore beve un po' troppo; poi mi si avvicina e mi dice che è davvero contento che tra i membri della giuria ci sia un italiano, un ispanista, un esperto della letteratura spagnola. Gli prometto che, prima o poi, scriverò un articolo sul suo romanzo. Lui sorride e continua a bere, mentre la moglie lo elogia davanti alle amiche.

Gli altri poeti, scrittori, editori e librai si scatenano a sparlar male di altri colleghi assenti. Io brindo alla vita e alla letteratura, con la speranza che l'anno prossimo nessuno si ricordi più di me, perché va bene premiare la letteratura, ma a volte leggere troppo può risultare davvero indigesto...

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