Il folle di Dio alla fine del mondo di Javier Cercas
La vita è piena d'ironia teatrale. Circa un paio di settimane fa, un importante giornale italiano (di cui, per ora, non farò il nome) mi chiede una recensione dell'ultimo libro di Javier Cercas, autore acclamato da critica e pubblico nel 2001, quando pubblicò Soldati di Salamina, un romanzo strano, ma affascinante su un oscuro episodio dell'atroce guerra civile spagnola. Di questo autore, nel corso degli anni, ho letto anche altri libri, ma nessuno è riuscito a farmi entusiasmare come quello che gli diede giustamente fama internazionale.
Mi appresto, dunque, a leggere Il folle di Dio in viaggio alla fine del mondo (Guanda, 2025, nella sempre scorrevole ed ottima traduzione di Bruno Arpaia) e...il libro mi cade dalle mani. È davvero difficile arrivare alla fine di questa sorta di cronaca di viaggio in Mongolia, in compagnia di alcuni vaticanisti e stretti collaboratori di Papa Francesco. Non nego che il libro abbia un qualche valore didattico, soprattutto grazie a determinate domande "scomode" fatte da un ateo a dei fedeli legatissimi al Vaticano. Ma mi domando dove sia il guizzo dell'immaginazione e della creatività letteraria. Mi domando dove finisce la letteratura in un "reportage" così "realista"...
Ovviamente, a lettura finita, scrivo la recensione. La mando l'altroieri; ieri muore Papa Francesco; non so se e quando uscirà la recensione. Di certo Cercas è idolatrato in Italia (non ho ancora letto una critica negativa o non elogiativa) e di sicuro il libro si venderà di più ora che Jorge Bergoglio è morto.
Scherzi del destino? Ironia della sorte? Misteri della fede...
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