sábado, diciembre 20, 2008

Tempus ruit

Nel bel saggio Mimima temporalia (Roma, Sossella, 2005), il filosofo teoretico Giacomo Marramao ci fa riflettere, tra le altre cose, sull’incredibile “accelerazione” dei tempi cui ci stiamo ormai abituando in questa nostra età moderna che sembra andare sempre più di fretta; cito:

 “La condizione moderna vive […] sotto una costrizione perenne: per guadagnare tempo, essa non può fare altro che temporalizzare tutto ciò che incontra sul suo cammino. Ma questa inflazione del tempo induce il paradosso della “morte del tempo”, del “tempo esaurito”: ogni futuro che il progetto moderno “intenziona” può sussistere nella sua effettualità solo in quanto delineato al passato”.

Temporalizzare: pensiamo alle offerte pubblicitarie che ci giungono da ogni mezzo di comunicazione (radio, tv, gionali, cartelloni in mezzo alla strada, etc.); non ce n’è quasi più nemmeno una che non punti sul fattore “tempo”: “approfittatene ora, comprate questa tv al plasma, questo cellulare, questa cucina, quest’auto, vi costerà il 20, il 30, il 40, il 50% in meno”, con la solita, eterna postilla: “offerta valida fino al 31/12/2008”…. Quando poi, scaduta l’offerta, basta guardare la pubblicità del mese seguente che ripete la stessa solfa, anche se con la “scadenza” spostata di un mese, per cui l’ “offerta sarà valida fino al 31/1/2009”…

O pensiamo alla programmazione cinematografica: l’ “ultimo” film di Woody Allen, l’ “ultimo” dei fratelli Vanzina (quello sì, a scadenza annuale, ogni Natale una boiata pazzesca per fare stare tranquilla la gente che paga per “non pensare”), l’ “ultima” puntata sull’Uomo Ragno, o Batman, o i Magnifici Quattro, etc. etc….

E’ vero, non possiamo non dirci d’accordo con Marramao: tutto è temporalizzato; ergo, tutto è soggetto a “morire nel tempo”, che fugge, scappa via, sguscia senza scampo, ci domina, ci perseguita, ci ingloba e ci include (sempre da sempre e ogni giorno in continuazione). Tanta l’angoscia che ogni cosa (ancora prima di nascere) non può che essere presentata, vagheggiata, “sperata” e “aspettata” se non come “cosa già da sempre appartenente al passato”… Perfino un progetto futuro può apparire, presentarsi, mostrarcisi come “progetto già declinato al passato”…

Che paradosso, che assurdità, che spreco di energia, ma quant’è vera questa asserzione se, ancora una volta, osserviamo quanto succede nel campo dell’arte… Ormai un film resta e resiste nelle sale cinematografiche per “non più” di una settimana (due al massimo, se ha davvero un successo tale da consentirne il “parcheggio temporaneo” per più di quel tot); o pensiamo ai libri, non solo ai cosiddetti best-sellers, ma ai libri di qualità, o che tali ci appaiono… Quanto dura oggi un libro in libreria (possiamo includere nel discorso i discount, i grandi supermercati o, in generale, la grande distribuzione – Feltrinelli, Ricordi, MelBookStore, etc.)? Quanto tempo ha a disposizione il lettore per comprare il libro che lo attira prima che questo venga ritirato dagli scaffali? Gli unici a resistere negli anni sembrano Omero, Dostoevskij o Proust, ovvero i cosiddetti “classici”… e per gli altri? Quanto il tempo a disposizione?

Ma pensiamo anche alle “anticipazioni”… Pensiamo ai “trailers” che dovrebbero metterci al corrente di un nuovo film… Perfino i “trailers” nascono morti; persino una pubblicità che dovrebbe titillare la nostra fantasia (i nostri “progetti per il futuro”) sembra appartenere al passato… e questo per due motivi fondamentali: 1) perché i trailers si assomigliano tutti più o meno tra loro (la ripetizione non aiuta a distinguere o a ricordare distintamente un film dall’altro); e 2) perché anche i trailers durano troppo poco per restare impressi nella nostra memoria troppo labile, e troppo “pressata” dalla succitata accelerazione dei tempi, per cui passa una settimana e di quel film di cui ho visto il trailer non ricordo già più nulla, o pochi dettagli, e poi se anche li ricordassi, ormai è tardi, è passata una settimana, il film è letteralmente “scomparso” dalle sale, dovrò aspettare la versione in dvd, o la copia pirata scaricata da internet… che noia, che palle, che sòla…

Il tempo fugge; le notizie che il giornale di oggi vuole presentarci (o darci in pasto) come fossero “le ultime novità scottanti”, “l’ultimo scoop straordinario”, già il giorno dopo sono polvere e cenere, già nessuno le ricorda più in tutta la loro “scottanza”; le novità diventano ricordi sbiaditi nell’arco delle 24 ore; il mio pc (nemmeno un anno di esistenza) è già preistorico, rispetto agli ultimi modelli; idem per il mio televisore (che non è né al plasma né a cristalli liquidi, e seppure lo fosse…); idem per il mio stereo; idem per quella notizia che ho registrato dalla tv o staccato e ritagliato dal giornale di ieri… In una situazione simile, che fare? Rallentiamo? Ci accontentiamo di restare a galla? Scegliamo di viaggiare con lentezza e di coltivare il ricordo come arte sopraffina che “trattiene” solo quanto ci colpisce davvero ed è davvero importante per noi? Fino a quando saranno vere le notizie che ricaviamo da una ricerca su internet? Fino a quando saranno lette come “notizie”? Fino a quando continueremo a leggere (leggere vuol dire anche esercitare la memoria per interpretare e conservare il senso di quanto sta scritto nel libro – o supporto tecnologico che esso sia)? Fino a quando continueremo ad assistere alla “morte del tempo” o al suo “esaurimento”? Davvero Google ci renderà tutti più stupidi? Io non lo so; e non è che Marramao ci dia risposte confortanti… Anche se ribalta la questione: forse non è possibile fare esperienza del tempo senza lo spazio; anzi, ogni esperienza di tempo è sempre anche (da sempre?) “spazializzazione del tempo”. E allora le domande da porsi saranno altre e riguarderanno i luoghi, gli spazi fisici, i quadri e i confini che ci abitano/abitiamo ogni giorno, giorno dopo giorno, cambiando necessariamente il punto di vista su quanto abitiamo, occupiamo, vediamo, sentiamo… Ma, appunto: questa è un’altra questione (spinosa), meglio fermarsi qua.

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