martes, agosto 17, 2010

Madrid (III): dalla stazione di Méndez Álvaro

Madrid, stazione di Méndez Álvaro, ore 17:46 del giorno di Ferragosto (qui: della Virgen de la Paloma) del 2010.

Mi sembra davvero strano, eppure anche gli spagnoli (come noi) fanno scioperi all'improvviso e nelle date più strategiche: a quest'ora avrei dovuto essere arrivato già a Salamanca, e invece, per colpa dello sciopero, mi tocca aspettare fino alle 19,30 di stasera (e arrivare, di conseguenza, alle 22,30).

La stazione degli autobus (o Estación Sur) è molto moderna, piena di locali dove puoi mangiare e passare il tempo, c'è di tutto: dal negozietto che vende souvenir trash all'internet-point, dall'edicola al tabaccaio, dal fruttivendolo al “ bar de copas”. Qual è, allora, la grande differenza con l'Italia (con una qualsiasi altra grande stazione italiana)? Che qui c'è l'aria condizionata ovunque...Anche se fuori c'è solleone, e faranno come minimo 35 gradi, qui dentro si sta al ghiaccio, l'aria condizionata funziona come mai mi è capitato prima di vedere in Italia. Sono piccoli dettagli, d'accordo, però è facile convenire sul fatto che sono i dettagli a fare la differenza (Dio si nasconde nei dettagli, diceva Flaubert, se non erro).

Vado a Salamanca per seguire un corso di perfezionamento per docenti stranieri di spagnolo; non so ancora di quali altre nazionalità saranno i miei colleghi; so per certo che il concorso per la borsa di studio messo a disposizione dal “Ministerio de Asuntos Exteriores” spagnolo l'hanno vinto altri 17 colleghi italiani. Spero siano persone interessanti (e non i classici prof che conosco io) e che siano ben disposti a divertirsi, oltre che a lavorare. Staremo a vedere.

Intanto, rifletto: non si può lasciare una persona per telefono; non ci si può lasciare dopo tanto tempo per sms o per email (come ho sentito dire da qualcun altro). Certe frasi, certe idee, certi concetti vanno spiegati a viva voce e faccia a faccia, non ci sono scuse né sotterfugi né altri mezzi. Io quella persona devo guardarla in faccia quando le ripeterò ciò che penso di lei, assumendomi tutta la responsabilità delle mie parole. Non si può dire: “va bene, ti lascio”, per telefono, a distanza di molte centinaia di chilometri. Non si può dire: “ok, facciamo come dici tu, per ora non ci sentiremo più, poi si vedrà”, quando è implicito il fatto che noi (due) continueremo a pensarci (in coppia) anche quando non ci sentiremo più (per telefono)...E' tutto un gran casino, certe volte, che anche dirsi: “ti amo” (o il suo contrario: “ti odio”) diventa un'impresa impossibile. I telefoni non sempre uniscono; è questo quello che intendevo dire e che ho capito sulla mia pelle...

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