miércoles, abril 13, 2011

Walter Benjamin legge Proust

Chi ha già letto un qualche saggio di Walter Benjamin, sa già che si tratta di qualcosa di più d'un semplice "critico letterario". Mi piace definire Benjamin una sorta di "filosofo a-sistematico", uno che non ha mai dedicato nemmeno un minuto della sua vita a costruire un sistema filosofico, ma che, al contempo, è riuscito a "guardare" anche gli aspetti più banali e quotidiani della vita umana da un punto di vista altamente filosofico (intendendo con tale aggettivo un atteggiamento continuamente teso a interrogare la realtà, a metterla in dubbio, a indagarla in modo nuovo, straniante, originale, irruento, anche, se vogliamo). E' un atteggiamento, quello di Benjamin, che appare in tutto il suo fascino in Angelus Novus o nei famosi Passages de Paris. L'altra mattina, invece, mi sono imbattuto in una raccolta di saggi letterari, e, all'interno di questi, in un bellissimo, puntuale, perfetto, "Per un ritratto di Proust". Non oso chiosare (è talmente chiaro, talmente esatto, talmente bello quello che dice l'autore che non c'è bisogno di "chiosare" proprio nulla); mi limiterò a citare:

Poiché qui, per l'autore che ricorda, la parte principale non è affatto svolta da ciò che egli ha vissuto, ma dal lavoro del suo ricordo, dalla tela di Penelope della memoria. O non sarebbe meglio dire dalla tela di Penelope dell'oblio? La “memoria involontaria” di Proust non è forse assai più vicina all'oblio che a ciò che si chiama comunemente ricordo? E quest'opera della memoria spontanea, in cui il ricordo è la trama e l'oblio l'ordito, non è forse il contrario dell'opera di Penelope, piuttosto che la sua copia? Poiché qui il giorno disfà ciò che che aveva fatto la notte. Ogni mattino, quando ci svegliamo, teniamo in mano per lo più debolmente, solo per qualche frangia il tappeto dell'esistenza vissuta, quale l'ha tessuto in noi l'oblio. Ma ogni giorno disfà il tessuto, gli ornamenti dell'oblio con l'agire pratico e, ancor più, con il ricordare legato alla prassi. E' per questo che Proust alla fine ha trasformato i suoi giorni in notti, per dedicare tutte le sue ore all'opera, indisturbato, nella stanza buia, alla luce artificiale, per non lasciarsi sfuggire nessuno degli intricati arabeschi”.

Walter Benjamin, "Per un ritratto di Proust", in Avanguardia e rivoluzione. Saggi sulla letteratura, Torino, Einaudi, 1973, p. 28 (la sottolineatura è mia - e risponde implicitamente, oltre che un po' ironicamente, a un commento precedente della simpatica ed "esperta in materia" Gabrilù) .

1 comentario:

  1. Ma ora perché viene fuori sto sfondo rosa shocking? E soprattutto: perché non riesco a toglierlo?

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