jueves, abril 07, 2011

Blade Runner: senza ricordi che uomo sei?


Ieri ho rivisto per la sesta o settima volta Blade Runner, il capolavoro di Ridley Scott del 1982, tratto dal romanzo fantascientifico di Philip Dick Ma gli androidi sognano pecore elettriche?


C'è una scena del film che mi colpisce sempre - a ogni nuova visione, anche se la conosco a memoria e me l'aspetto, perché so esattamente quand'è che "capiterà" - ed è quella in cui Rachael si siede davanti ad un pianoforte, si scioglie i capelli (che porta pettinati secondo la moda degli  anni 40 o 50) e inizia a suonare con grande abilità e senso del ritmo. Deckard si alza dal letto su cui riposa e le si avvicina, posizionandosi dietro le spalle di lei. Lei continua a suonare e dice una frase strana: "Non sapevo di saper suonare". E infatti, Rachael, come lo spettatore a questo punto sa già, è un'androide, ovvero, una macchina dalle sembianze umane talmente perfetta e realistica che - nella società futuristica immaginata nel film, nella Los Angeles del 2019 - è diventato difficile, se non impossibile riuscire a distinguerla dagli esseri umani.


Rachael non sapeva di saper suonare e Deckard le spiega che anche le sue abilità, i suoi gusti e i suoi ricordi non sono in realtà "suoi", ma pezzi di memoria inseriti dall'azienda che l'ha fabbricata, con tanto di data di scadenza.


Ecco: scoprire che i nostri ricordi non sono nostri, ma infilati nel cervello da qualcun'altro, sapere che quello che provi e che ti emoziona corrisponde a una serie numerica di formule e dati e computi matematici è un incubo, uno dei tanti incubi che Philip Dick immaginava scrivendo le sue storie ambientate in un futuro cupo proprio perché privo di quel senso dell'umanità che ci rende umani e perciò deboli, limitati, consci del fatto che, prima o poi, la "macchina" si spegne (il cuore smette di pompare sangue e moriamo).




La paura, o meglio ancora, l'angoscia che inizia a invadere Rachael è evidente dalle espressioni del volto che avrà da quel momento in avanti, fino alla fine del film, al di là dell'amore che Deckard inizierà a provare nei suoi confronti fino all'altra scena famosa, quella in cui è lui a ordinarle di dirgli "Ti amo" e "Stringimi forte"...


Blade Runner è un classico perché - esattamente come le opere classiche della letteratura - ci parla di problemi eterni attorno a cui continueremo ad interrogarci finché riusciamo a sopravvivere su questo pianeta.


Rachael non sapeva di saper suonare; e ora dovrà pure imparare ad amare (sempre che le abbiano introdotte le "informazioni" giuste per provare un sentimento come l'amore). E Deckard? Che amore può pretendere da un androide? Non rischia di innamorarsi di una macchina? Si può scaldare il cuore di una donna fatta su misura dai computer? Ma gli androidi sognano pecore elettriche?




Qualche critico suggerisce un'ipotesi interpretativa affascinante: anche Deckard potrebbe essere un androide, simile in tutto e per tutto all'amata Rachael. E questo spiega ancora meglio la fuga dei due alla fine del film... lontano dai magnati dell'impresa elettronica che ha fabbricati i "replicanti"; lontano dalla polizia; lontano dalla città sporca e piovosa, piena di spot e di pubblicità che proiettano sempre le stesse identiche immagini da schermi che volano in un cielo senza stelle.

3 comentarios:

  1. Pensa te che il motivo principale per cui adoro Proust è che lo considero lo scrittore dell'oblio, mica della memoria...
    Ma che 'sta cosa resti un segreto tra noi due, eh, non lo dire a nessuno ;-)

    Gabrilu/Gabriella

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  2. Avevo scritto un lungo ed articolato commento su questo post, ma il blog è tanto blindato che nulla trapela.

    Beh, che ri-ridire se non OKKEI?

    In fondo volevo dire solo che questo mi pareva un bel post.

    Niente di sovversivo, insomma.
    O almeno, così a me pareva :-/
    Ciao da gabrilu/Gabriella

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  3. Carissima Gabrilù, grazie mille dei tuoi commenti! Spero di non aver "reso pubblico" niente di scottante - riguardo il tuo rapporto con la memoria proustiana! Ja ja! Non ci crederai, ma ti assicuro che non l'ho fatto apposta, però...sì, insomma, il prossimo post che "appendo" su questo blog sarà ancora una volta su...Proust! (così come lo legge un lettore d'eccezione quale è Walter Benjamin).
    Un saluto affettuoso e a presto!

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