39 anni (e vivere ancora nell’incertezza)
«Si mon âme pouvait prendre pied, je ne m’essaierais pas, je me résoudrais.
Elle est toujours en apprentissage, et en épreuve», così si esprime Michel de
Montaigne (l’inventore del genere letterario che va sotto il nome di “saggio”,
una delle teste pensanti più assurdamente geniali che siano esistite sulla
Terra) nel cap. 2 del Libro III dei suoi (appunto) Essais…ovvero, secondo la traduzione di Fausta Garavini (nella
nuova edizione dell’opera per Bompiani, apparsa nel 2012):
«Se la mia anima potesse
stabilizzarsi, non mi saggerei, mi risolverei; essa è sempre in tirocinio e in
prova».
Ebbene, l’8 Settembre (5
giorni fa), ho compiuto 39 anni e, a quest’altezza del mio “cammin”, mi sento
esattamente come l’anima di Montaigne: non ho “preso piede”, mi sento ancora
del tutto “in tirocinio” o “in prova”, ho ancora molto da apprendere…molto da
imparare e da affinare, chissà quante delusioni ancora da assorbire, chissà
quante batoste o, più semplicemente, quante esperienze da digerire,
interpretare, rendere parte del mio bagaglio vitale…
Non credevo che a quasi
40 anni ci si potesse sentire ancora così “incerti” e “instabili”; poi leggo il
Mostro e mi tranquillizzo (quando lui scrisse queste parole di anni ne aveva 55,
e aveva appena rimesso mano alla prima e alla seconda versione del suo libro in progress, ovvero, alla prima edizione,
uscita nel 1580, quando aveva 47 anni; e alla seconda, pubblicata nel 1583, se
non erro, quando di anni ne aveva 50; muore nel 1592, un 13 di Settembre (che è
oggi, mentre scrivo queste riflessioni amare), a 59 anni, e uno si domanda:
come aveva fatto ad apprendere tanto, un uomo che muore così relativamente
giovane? Come?).
Qualche collega mi
prende in giro e mi fa notare che di certezze ne ho molte: sono in salute;
dimostro meno anni di quelli che effettivamente ho (qualcuno me ne dà 30,
addirittura!); ho una compagna di avventure che mi ama; ho un lavoro; ho una
casa (anche se non di mia proprietà, dai 18 anni, da quando mi trasferii per la
prima volta a Roma, ho sempre vissuto in case in affitto, case d’altri, di
passaggio); ho una passione per la lettura che ancora non mi ha abbandonato (e
questo dà costanza e certezza agli alti e bassi della vita; i libri come
rifugio in cui sostare quando ci si sente male o troppo smarriti o troppo giù
di corda – altro che la psicanalisi, altro che le confessioni dal prete, altro
che internet…attualmente mi sto immergendo anima e corpo nei casi clinici raccontati
con una tenerezza e un tatto unici da Oliver Sacks in quel best-seller che va
sotto il nome di L’uomo che scambiò sua
moglie per un cappello…). Insomma, dovrei essere sicuro almeno di queste
“certezze” e, invece, mi sento sempre davvero di passaggio; temporaneo; con la
data di scadenza (lo dicevo al Direttore del Dipartimento di Lingue: “Siamo
tutti a scadenza, purtroppo; il brutto è che – a differenza degli yogurt – non
conosciamo la nostra data”; il Direttore, un tedesco che si trova a lavorare in
Spagna dopo aver vissuto per 6 anni a Roma, mi sorride sornione e mi fa: “Ma
vai a lavorare, vai, per favore!”).
39 anni, un brutto
numero, come quasi tutti quelli che precedono i “numeri tondi”: a 29 anni ne
vuoi avere subito 30; a 39 subito 40 (per non starci troppo a pensare al trauma
di essere giunto a questo traguardo importante); a 49, immagino, uno desidera
di compierne subito 50 (e vadano a quel paese i “numeri tondi” e i
festeggiamenti di rito).
Ho pensato anche
d’adottare questo semplice stratagemma: dire a tutti che di anni ne ho 40,
così, quando arriverà l’8 Settembre del 2017, ci avrò già fatto il callo.
Certo è che se mi mettessi a rileggermi in questo “diario di bordo” sin dal giorno del primo post, mi scoprirei diverso: ci sono tanti “altri io” (o “altri me”) che gironzolano qui dentro, in questo spazio virtuale che (ne sono quasi certo) continuerà a sopravvivermi anche quando io sarò letteralmente morto. Non ho comunicato a nessuno la password per entrare nella mia email (come è logico ed anche ovvio); e di conseguenza, nessuno potrebbe entrare tramite la mia email nel dominio di questo blog e disattivarlo (spegnerlo per sempre, come fa David Bowman col cervello pensante di HAL9000 in 2001: Odissea nello spazio). Insomma, ha ragione Montaigne, siamo “in prova”, in un costante “tirocinio”, che terminerà solo con la morte; ed è anche vero che “il mio io di adesso e il mio di fra poco siamo certamente due” (cito non verbatim, stavolta, potrei sbagliarmi). Potrei rileggermi e vedere come sono cambiato in tutti questi anni… Vedere quanti difetti, quanti tic, son rimasti identici nel corso degli anni; potrei constatare quante volte mi sono messo a riflettere sugli stessi nodi (magari anche con lo stesso linguaggio, o con espressioni simili, che si ripetono davvero da un anno all’altro, senza che io me ne renda conto). Potrei auto-psicanalizzarmi, ma non ne ho voglia: ho 39 anni e il fisico comincia a risentirne, non ho più la stessa tonicità di una volta, mi stanco prima, ho meno fiato, se fumo una sigaretta, il giorno dopo ho la stessa identica voce di Andrea Camilleri. E allora la finisco qui; mi abituo all’idea di essere un “quarantenne”, o un “diversamente giovane”, come diceva Fiorello, o un “maturo incipiente”, come dice qualcun altro. C’est la vie, non ci si può far proprio nulla.
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