jueves, septiembre 29, 2016


Vite parallele (quando uno si ritrova a vivere all’estero)




Dunque, la questione è la seguente: ho come la sensazione che il fatto stesso di non vivere più in Italia, ovvero, di non essere più fisicamente presente nei luoghi in cui – prima del mio “trasloco” in Spagna – ero solito vivere, abbia innescato un meccanismo bislacco, perverso e anche un po’ grottesco, in base al quale – senza io volerlo né tantomeno desiderarlo o auspicarlo – gli altri (che mi conoscono o che mi conoscevano o avevano una qualche nozione della mia identità) hanno cominciato a “inventarsi” altre, malleabili, modificate versioni di me e della mia vita (come se la mia vita importasse davvero a qualcuno, diciamoci la verità: non dovrebbe importare proprio a nessuno!).

E così l’altro giorno, parlando per telefono con una collega di Pisa, vengo a sapere che qualcuno ha sparso in giro la notizia che ho avuto da poco un figlio e che, ormai, sono così impegnato nei miei doveri di padre da trascurare i miei impegni accademici… Poveretto… un bimbo appena nato… certo non avrà più tempo per fare ricerca… certo la moglie lo aiuterà, ma vuoi mettere? Ora ha altro per la testa…

Io. Un figlio. Neonato.

Storie dell’altro mondo.

Ho provato a chiedere alla mia collega chi fosse l’autore di una simile frolloccata. Ma per il bene dell’altro collega, la mia amica ha sorvolato, commentando semplicemente (come a voler smorzare i toni) che la gente è matta, che ci sono persone che non hanno altro a cui pensare e che, per questo, si mettono a spettegolare degli altri, che non devo dargli troppa importanza, che prima o poi mi dimenticherò di questa stupida diceria…

E allora apro l’email, con la ferma intenzione di dimenticarmi di questa fandonia messa in giro (sotto forma di gossip di bassa  lega) da qualche malintenzionato o cerebroleso o ficcanaso contafrottole e mi accorgo di aver ricevuto un messaggio da parte di un’altra collega, di Roma “La Sapienza”, che mi chiede com’è andato il concorso a Palermo, perché è venuta a sapere da un’altra (di Milano) che hanno orchestrato un concorso per me, ad personam, per farmi rientrare in Italia, tramite la legge promossa dal Governo Renzi per evitare ulteriori fughe dei cervelli all’estero…

Ovviamente, ci resto di sasso. Palermo. Concorso disegnato su misura. Governo Renzi. Rientro dei cervelli in fuga.

Le rispondo che non ne sapevo nulla e che non sapevo nemmeno esistesse una legge del genere (ma siamo proprio sicuri che l’abbia promossa Renzi?); che non ho partecipato ad alcun concorso pubblico per entrare all’Università di Palermo e che magari mi richiamassero in Italia per offrirmi un posto degno, ci penserei! (Anche se non lo so mica se accetterei: le annose questioni italiche che attanagliano gli italiani e chi vive in Italia ormai mi fanno venire i brividi).

Infine, tramite Facebook, vengo a sapere da un amico di Livorno che si dice in giro che io sia diventato Professore Associato in Spagna presso l’Università “Complutense” di Madrid e che guadagni un sacco di soldi e che disprezzo l’Italia e il mondo accademico italiano perché non hanno saputo valorizzarmi…

Anche stavolta chiedo, gentilmente, chi sia l’autore di una simile menzogna. L’amico mi fa il nome di uno che conobbi una volta (tantissimi anni fa) in un congresso svoltosi a Lecce. Uno di quei tipi viscidi che ti chiedono il numero di cellulare con un sorriso falso, che ti fanno domande inopportune sul tuo curriculum vitae, che ti propongono di collaborare con loro e che poi, all’improvviso, spariscono dall’orizzonte per farsi sentire solo via email con lo scopo di invitarti ad andare a visitarli presso la loro Università, come se si trattasse d’un evento mondano imperdibile (e se rifiuti o non rispondi entusiasta sei un “uomo morto”, uno che non merita tanta generosità)…

E insomma: proprio perché non vivo più nella mia nazione, in Italia, c’è chi si sente libero d’inventarsi “altri da me”, degli “io” diversissimi dal mio “io” attuale, delle versioni assurde e grottesche, presentandomi al prossimo come un neo-padre, dimentico dei suoi impegni accademici, o, al contrario, un raccomandato che ha vinto un concorso a Palermo o, infine, un affermato Prof. Associato in una delle più importanti e famose Università della capitale spagnola…

E la domanda a questo punto è: come possiamo pretendere di fermare simili voci da corridoio? Chi ci darà mai la forza per frenare simili gossip? Come poter rettificare le cazzate che spara la gente senza il nostro consenso e alle nostre spalle? La risposta è semplice: non c’è modo. Non ci sono proprio santi. Non si può. Il mondo gira (va avanti) anche grazie alle dicerie, ai pettegolezzi, allo sparlare della gente; il mondo è una palla che rotola in continuazione perché viene smossa in continuazione da gente che – per i più svariati motivi: invidia, gelosia, rabbia, rancore, noia, vuotezza interiore – si dedica a parlar male del prossimo, o a inventare versioni dei fatti che non hanno alcun riscontro con la realtà.

Ergo: mi devo abituare all’idea che nel mio paese d’origine, in Italia, ci sono persone che sono convintissime che io sia un neo-padre, che sia un raccomandato che lavora a Palermo o che faccia la bella vita grazie al mio incarico presso la “Complutense” di Madrid.


La versione “vera”, quella più vicino al reale, la sappiamo solo io, mia moglie e i pochi, cari amici di fiducia. Gli altri, che sparlino pure, e inventino, e ridano, e provino invidia, o noia, o vuotezza interiore, o rabbia, o rancore, o tutte queste cose insieme… Come disse il Poeta: “Non ti curar di lor, ma guarda e passa”.

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