Vite parallele (quando uno si ritrova a vivere all’estero)
Dunque, la questione è la
seguente: ho come la sensazione che il fatto stesso di non vivere più in
Italia, ovvero, di non essere più fisicamente presente nei luoghi in cui –
prima del mio “trasloco” in Spagna – ero solito vivere, abbia innescato un
meccanismo bislacco, perverso e anche un po’ grottesco, in base al quale –
senza io volerlo né tantomeno desiderarlo o auspicarlo – gli altri (che mi
conoscono o che mi conoscevano o avevano una qualche nozione della mia identità)
hanno cominciato a “inventarsi” altre, malleabili, modificate versioni di me e
della mia vita (come se la mia vita importasse davvero a qualcuno, diciamoci la
verità: non dovrebbe importare proprio a nessuno!).
E così l’altro giorno,
parlando per telefono con una collega di Pisa, vengo a sapere che qualcuno ha
sparso in giro la notizia che ho avuto da poco un figlio e che, ormai, sono
così impegnato nei miei doveri di padre da trascurare i miei impegni
accademici… Poveretto… un bimbo appena nato… certo non avrà più tempo per fare
ricerca… certo la moglie lo aiuterà, ma vuoi mettere? Ora ha altro per la
testa…
Io. Un figlio. Neonato.
Storie dell’altro mondo.
Ho provato a chiedere alla
mia collega chi fosse l’autore di una simile frolloccata. Ma per il bene
dell’altro collega, la mia amica ha sorvolato, commentando semplicemente (come
a voler smorzare i toni) che la gente è matta, che ci sono persone che non
hanno altro a cui pensare e che, per questo, si mettono a spettegolare degli
altri, che non devo dargli troppa importanza, che prima o poi mi dimenticherò
di questa stupida diceria…
E allora apro l’email, con
la ferma intenzione di dimenticarmi di questa fandonia messa in giro (sotto
forma di gossip di bassa lega) da
qualche malintenzionato o cerebroleso o ficcanaso contafrottole e mi accorgo di
aver ricevuto un messaggio da parte di un’altra collega, di Roma “La Sapienza”,
che mi chiede com’è andato il concorso a Palermo, perché è venuta a sapere da
un’altra (di Milano) che hanno orchestrato un concorso per me, ad personam, per farmi rientrare in
Italia, tramite la legge promossa dal Governo Renzi per evitare ulteriori fughe
dei cervelli all’estero…
Ovviamente, ci resto di sasso. Palermo. Concorso disegnato su misura. Governo Renzi. Rientro dei cervelli in fuga.
Le rispondo che non ne
sapevo nulla e che non sapevo nemmeno esistesse una legge del genere (ma siamo
proprio sicuri che l’abbia promossa Renzi?); che non ho partecipato ad alcun
concorso pubblico per entrare all’Università di Palermo e che magari mi
richiamassero in Italia per offrirmi un posto degno, ci penserei! (Anche se non
lo so mica se accetterei: le annose questioni italiche che attanagliano gli
italiani e chi vive in Italia ormai mi fanno venire i brividi).
Infine, tramite Facebook, vengo a sapere da un amico di
Livorno che si dice in giro che io sia diventato Professore Associato in Spagna
presso l’Università “Complutense” di Madrid e che guadagni un sacco di soldi e
che disprezzo l’Italia e il mondo accademico italiano perché non hanno saputo
valorizzarmi…
Anche stavolta chiedo,
gentilmente, chi sia l’autore di una simile menzogna. L’amico mi fa il nome di
uno che conobbi una volta (tantissimi anni fa) in un congresso svoltosi a
Lecce. Uno di quei tipi viscidi che ti chiedono il numero di cellulare con un
sorriso falso, che ti fanno domande inopportune sul tuo curriculum vitae, che
ti propongono di collaborare con loro e che poi, all’improvviso, spariscono
dall’orizzonte per farsi sentire solo via email con lo scopo di invitarti ad
andare a visitarli presso la loro Università, come se si trattasse d’un evento
mondano imperdibile (e se rifiuti o non rispondi entusiasta sei un “uomo
morto”, uno che non merita tanta generosità)…
E insomma: proprio perché
non vivo più nella mia nazione, in Italia, c’è chi si sente libero d’inventarsi
“altri da me”, degli “io” diversissimi dal mio “io” attuale, delle versioni
assurde e grottesche, presentandomi al prossimo come un neo-padre, dimentico
dei suoi impegni accademici, o, al contrario, un raccomandato che ha vinto un
concorso a Palermo o, infine, un affermato Prof. Associato in una delle più
importanti e famose Università della capitale spagnola…
E la domanda a questo punto
è: come possiamo pretendere di fermare simili voci da corridoio? Chi ci darà
mai la forza per frenare simili gossip? Come poter rettificare le cazzate che
spara la gente senza il nostro consenso e alle nostre spalle? La risposta è
semplice: non c’è modo. Non ci sono proprio santi. Non si può. Il mondo gira
(va avanti) anche grazie alle dicerie, ai pettegolezzi, allo sparlare della
gente; il mondo è una palla che rotola in continuazione perché viene smossa in
continuazione da gente che – per i più svariati motivi: invidia, gelosia,
rabbia, rancore, noia, vuotezza interiore – si dedica a parlar male del
prossimo, o a inventare versioni dei fatti che non hanno alcun riscontro con la
realtà.
Ergo: mi devo abituare
all’idea che nel mio paese d’origine, in Italia, ci sono persone che sono
convintissime che io sia un neo-padre, che sia un raccomandato che lavora a
Palermo o che faccia la bella vita grazie al mio incarico presso la “Complutense”
di Madrid.
La versione “vera”, quella
più vicino al reale, la sappiamo solo io, mia moglie e i pochi, cari amici di
fiducia. Gli altri, che sparlino pure, e inventino, e ridano, e provino
invidia, o noia, o vuotezza interiore, o rabbia, o rancore, o tutte queste cose
insieme… Come disse il Poeta: “Non ti curar di lor, ma guarda e passa”.
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