Nessuna passione spenta (o “dei
fantasmi del passato”)
A F. (che mi cantava sotto la doccia)
Era da un po’ che ci sentivamo via Whatsapp (quanti segreti custodisce
questa famosa applicazione? Quanta parte della nostra vita celiamo all’interno
di questo spazio virtuale? Quante foto scottanti? Quante frasi che ci
vergogneremmo anche a pronunciare ad alta voce? Quanti messaggi (vocali)
sussurrati nel cuore della notte o, al contrario, gridati nel corso di una
festa a base di alcol e droga? Quante coppie scoppierebbero per colpa di questo
strumento trapiantato ormai in tutti i nostri cellulari?). Diciamo pure che era
da quest’estate che, ogni tanto, ci si scambiava qualche saluto, qualche
immagine dai posti di villeggiatura (ma dai? Sei davvero in Sardegna? Oppure:
ma che ci fai a Marsiglia? O ancora: che bella Genova, ma quando scendi a Roma,
disgraziato che non sei altro?). E ultimamente la mia nostalgia di lei mi aveva
spinto a scriverle stronzate a ore intempestive (forse inopportune) con
l’intenzione (innocente?) di rimembrare il passato (ma ti ricordi di quella
volta che ci ubriacammo come pazzi col vino bianco buono e facemmo l’amore come
animali e sudammo come porci e poi tu ti mettesti a cantare sotto la doccia?
Che cantavi? Cos’era? La Callas o cosa? Sì, certo, la Callas, come no? Io sotto
la doccia non la canto mai la Callas, ma sei scemo?! Sarà stata un’arietta da
niente, un motivetto per passare il tempo, non canto cose difficili sotto la
doccia, sono una professionista io, per chi mi hai presa?). E così, questa
mattina, una collega che insegna Storia della Musica (una materia per me
affascinante e alquanto misteriosa) mi dice che suona l’oboe, anzi, che si è
diplomata al Conservatorio in oboe…
L’oboe: non so nemmeno che forma abbia uno strumento del genere, so che
è uno di quelli a fiato, come il flauto traverso, ma non ho mai visto un oboe in
diretta in vita mia (e se è per questo forse non ho mai visto nemmeno un flauto
traverso, dal vivo). E così la collega si mette a ridere e mi chiede se conosco
il film The Mission (di Roland Joffé,
se non erro, con Robert De Niro, visto tanti anni fa, un ricordo vago, devo
assolutamente tornare a vederlo). Le rispondo di sì, ma che, per l’appunto, la
visione risale a molti anni addietro; lei mi consiglia di ascoltare la colonna
sonora e, in particolare, “Gabriel’s Song”, uno dei motivi musicali più toccanti
dell’intero film. E così, io le do retta, cerco subito su YouTube “Gabriel’s
Song” (mentre mi domando chi mai sarà Gabriel, se il protagonista del film o
uno che svolge solo un ruolo secondario, o l’Arcangelo Gabriele, considerando
il fatto che The Mission, da quel che
io ricordo, parla di missionari, di colonizzazione del Nuovo Mondo da parte
degli spagnoli, o di una roba del genere, tipo Aguirre, furore di Dio, di Werner Herzog).
E mentre cerco, mi appare una lista, ma con la scritta “Gabriel’s Oboe”,
sicché penso: la collega di Storia della Musica deve essersi sbagliata, qui il
titolo della canzone mette l’accento proprio sul fatto che questo benedetto
(forse in tutti i sensi) Gabriel (o Gabriele) suona proprio il suo strumento
preferito, quello in cui lei si è diplomata, e così avvio il video, col tasto
del “play”, ma non su uno qualsiasi dei link, no, do al tasto “play” sul video
in cui appare il nome di Ennio Morricone e – seconda sorpresa, dopo quella
relativa al vero titolo del pezzo – scopro che è proprio lui, sì, accidenti, è
lui, il Maestro, l’autore della colonna sonora di The Mission, ma che bello! Sono già in fibrillazione, già pronto a
saltare dalla sedia per andare a dire alla collega di Storia della Musica che
certo che è un capolavoro quel film! Certo, non può essere altrimenti! La
colonna sonora è frutto della bravura del genio, del nostro orgoglio nazionale,
del “mago” della musica per il cinema, Ennio Morricone!
Poi mi metto all’ascolto attento: chi non ha mai visto il film o non ha
mai ascoltato “Gabriel’s Oboe”, non può avere l’idea dell’emozione che scatena
questo motivo musicale… Ci si sente immediatamente trasportati in un’altra
dimensione, in un mondo “diverso”, dove si percepisce quasi il soffio del vento
al tramonto in un paesaggio mozzafiato, dove si contempla la Natura come fosse
il Paradiso, dove – se uno vuole – si può perfino volare… E insomma, mi lascio
inebriare dalle note stupende di questo capolavoro di Morricone, quando, ad un
tratto, al minuto 6:12, la telecamera fa un leggero travelling sui coristi,
perché, a un certo punto, alla musica creata dagli strumenti (un’orchestra
intera, con l’oboe, ovviamente, in primo piano), segue quella creata dalla voce
umana, ci sono dei coristi che accompagnano il maestro, e – terza e ultima
sorpresa, quella più scioccante di questa giornata – la vedo, riconosco la mia
ex, è lei, non ho dubbi, o meglio, tentenno, ma poi, dopo il sudore freddo
sulla fronte e il tremore lungo la spina dorsale, mi accerto che è proprio lei,
quella che cantava sotto la doccia dopo aver fatto l’amore, l’unica ex bionda
che ho (o abbia mai avuto), una ragazza speciale, una mezzo soprano all’altezza
dei coristi che cantano per Morricone, non ci credo, voglio alzarmi, urlare di
gioia, avvisare subito la mia collega di Storia della Musica, dirle: “Guarda, è
lei, è una delle mie ex, è quella che canta nel coro!”, ma non sono sicuro che
mi capirebbe, anzi, probabilmente, mi prenderebbe per un pazzo scatenato, uno
fuori di testa che non sa quello che dice… E allora fermo l’immagine, la metto
in pausa, immobilizzo temporaneamente il volto attento di lei, mentre accenna
ad aprire la bocca per emettere la frase seguente, concentrata, bella,
biondissima, con un vestito nero elegante, una sorta d’uniforme ufficiale del suo
coro, che io conosco perché in un paio d’occasioni la seguii nei suoi concerti,
tra Piazza del Popolo e Ariccia, tra Velletri e il Parco della Musica disegnato
da Renzo Piano… Sono loro, riconosco anche le altre ragazze, gli altri
colleghi, sono proprio loro (e non mi sovviene il nome del coro stesso), sono
emozionato, ripremo il “play” e mi lascio di nuovo invadere dall’emozione
fortissima legata alle note dell’oboe di Gabriel(e)…
I fantasmi del passato tornano a visitarci nei momenti più impensati;
lei non sa che l’ho appena vista in un video del 2002 in cui canta per (e con)
Morricone; non può saperlo né sospettarlo; io non so cosa stia facendo a
quest’ora del pomeriggio, le 18:39 del 19 di Settembre del 2016 (starà facendo
le prove per il prossimo concerto? L’amore con l’uomo della sua vita? Le
melanzane alla parmigiana che le venivano così bene?). Il passato torna
presente (ritorna dal passato per farsi presente) nei momenti più assurdi e
impensabili; il caso gioca con le nostre vite come Dio ai dadi (giammai un
colpo di dadi cancellerà l’azione del caso). Ma i cellulari di oggigiorno hanno
tutti Whatsapp ed è davvero difficile resistere alla tentazione e così le
scrivo (forzo, in un certo senso, la direzione del caso, lo obbligo a far
entrare in scena anche lei, la mia ignara ex cantante mezzo soprano): “Scusami
se ti disturbo, posso?”. E lei: “Che c’è? Che vuoi mo’?” (ci divertiamo a
scriverci in romano, a volte). E io: “Solo una domanda: ma tu nel 2002 hai per
caso cantato con e per il Maestro Ennio Morricone? All’Arena di Verona?”. E
lei: “Certo, te l’avrò raccontato almeno mille volte, ma tu, come al solito…”.
E io: “Non ci posso credere! Ti ho appena visto cantare all’Arena di Verona!”.
E lei: “Tu sei tutto scemo”. E io: “Non ci posso credere, sono stato con una
corista del coro di Morricone!”. E lei: “Sei proprio scemo, confermo”. E io:
“Ma com’è possibile?”. E lei: “Sì, me lo chiedo anch’io. Com’ho fatto a
sopportarti tanto?”. E io: “Mi sono emozionato… Eri molto bella anche nel 2002,
molto giovane”. E lei: “Sei proprio stronzo”. E io: “Mi sono commosso fino
quasi al pianto, fino alle lacrime”. E lei: “E’ quel quasi che non va bene”. E io: “Scusa, hai ragione, sto svariando, è
che mi sono emozionato a vederti in azione in quel coro, con Ennio Morricone
con la bacchetta che vi dirige all’Arena di Verona”. E lei: “Vedi? Ti sei perso
una famosa”. E io: “Sono il solito smemorato…” (a sottolineare, a scusare,
quasi, con i punti di sospensione, questo mio enorme vuoto di memoria attorno a
quest’evento così importante per lei). E lei: “Faceva un freddo! Me lo ricordo
ancora, come se fossi oggi”.
Dopodiché, ci si saluta con uno scambio di emoticon (che stanno lì a
sostituire i nostri temporanei, spesso labilissimi, stati d’animo). E per un
momento penso a come sarebbe stata la mia vita se, invece che la mia “compagna
di avventure”, avessi sposato (o fossi rimasto a convivere con) la mia ex mezzo
soprano. Mi domando come sarebbe stata la mia vita oggi (nel 2016), se fossi
ancora accanto a lei (una delle donne più belle ed eleganti che conosca – aveva
davvero buon gusto nello scegliere i vestiti; anche quando andavamo a fare la
spesa, non dimenticava mai la collana o gli orecchini, i braccialetti o qualche
altro dettaglio che ne mettesse in evidenza lo stile – la voglia di mostrare al
mondo che lei di stile ne ha da vendere, un modo di camminare e di guardare che
affascina, una maniera d’altri tempi che, però, non passa mai di moda, davvero
difficile, per me, oggi, definire il suo stile).
E mi domando cosa starà facendo ora (mi verrebbe la tentazione di
scrivere il suo nome reale, ora, ma non voglio, la rispetto, e non vorrei mai
che si sentisse a disagio se un giorno finisse a leggere questo blog – se già
non è tra le 3 o 4 lettrici che mi sopportano)… Mi domando cosa starà pensando,
dopo la mia “incredibile” scoperta (incredibilmente in ritardo, direi,
imperdonabilmente in ritardo, anzi). Fui io a lasciarla (una delle pochissime
volte in vita mia in cui il ruolo del “cattivo” è spettato a me); fu lei a
soffrire come una matta subito dopo la separazione. Poi passò diverso tempo
prima che ci si riappacificasse (il tempo rende umani rapporti che, quando li
si sta vivendo, possono portare alla follia più autodistruttiva). E un giorno
ci si incontrò a Milano e ci aggiornammo sulle nostre rispettive vite (ma dai,
davvero ti sei trasferito in Spagna? E tu davvero hai lasciato i Parioli? Come
può una come te allontanarsi dai Parioli? E ora come fai senza Ponte Milvio e
quella rosticceria che ti piaceva tanto, quella dove andavamo a mangiare i
supplì più boni de Roma?). Milano e la sua nebbia e il freddo ci accompagnarono
fino alla Stazione Centrale; poi lei salì sul suo treno per ridiscendere a
Termini e io m’avviai verso Linate, per riprendere l’areo per Madrid.
Ho come la sensazione che lei sia ancora qui, con me. E non serve
Whatsapp per averne una prova tangibile (o uditiva): ora c’è anche questo
maledetto video del 2002; l’oboe di Gabriele, con l’orchestra e il coro diretti
dal Maestro Morricone, in diretta dall’Arena di Verona… E lì dentro, in quello
spazio-tempo di 14 anni fa…ci sei (sempre e per sempre) pure tu…
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