martes, septiembre 20, 2016

Nessuna passione spenta (o “dei fantasmi del passato”)




A F. (che mi cantava sotto la doccia)


Era da un po’ che ci sentivamo via Whatsapp (quanti segreti custodisce questa famosa applicazione? Quanta parte della nostra vita celiamo all’interno di questo spazio virtuale? Quante foto scottanti? Quante frasi che ci vergogneremmo anche a pronunciare ad alta voce? Quanti messaggi (vocali) sussurrati nel cuore della notte o, al contrario, gridati nel corso di una festa a base di alcol e droga? Quante coppie scoppierebbero per colpa di questo strumento trapiantato ormai in tutti i nostri cellulari?). Diciamo pure che era da quest’estate che, ogni tanto, ci si scambiava qualche saluto, qualche immagine dai posti di villeggiatura (ma dai? Sei davvero in Sardegna? Oppure: ma che ci fai a Marsiglia? O ancora: che bella Genova, ma quando scendi a Roma, disgraziato che non sei altro?). E ultimamente la mia nostalgia di lei mi aveva spinto a scriverle stronzate a ore intempestive (forse inopportune) con l’intenzione (innocente?) di rimembrare il passato (ma ti ricordi di quella volta che ci ubriacammo come pazzi col vino bianco buono e facemmo l’amore come animali e sudammo come porci e poi tu ti mettesti a cantare sotto la doccia? Che cantavi? Cos’era? La Callas o cosa? Sì, certo, la Callas, come no? Io sotto la doccia non la canto mai la Callas, ma sei scemo?! Sarà stata un’arietta da niente, un motivetto per passare il tempo, non canto cose difficili sotto la doccia, sono una professionista io, per chi mi hai presa?). E così, questa mattina, una collega che insegna Storia della Musica (una materia per me affascinante e alquanto misteriosa) mi dice che suona l’oboe, anzi, che si è diplomata al Conservatorio in oboe…

L’oboe: non so nemmeno che forma abbia uno strumento del genere, so che è uno di quelli a fiato, come il flauto traverso, ma non ho mai visto un oboe in diretta in vita mia (e se è per questo forse non ho mai visto nemmeno un flauto traverso, dal vivo). E così la collega si mette a ridere e mi chiede se conosco il film The Mission (di Roland Joffé, se non erro, con Robert De Niro, visto tanti anni fa, un ricordo vago, devo assolutamente tornare a vederlo). Le rispondo di sì, ma che, per l’appunto, la visione risale a molti anni addietro; lei mi consiglia di ascoltare la colonna sonora e, in particolare, “Gabriel’s Song”, uno dei motivi musicali più toccanti dell’intero film. E così, io le do retta, cerco subito su YouTube “Gabriel’s Song” (mentre mi domando chi mai sarà Gabriel, se il protagonista del film o uno che svolge solo un ruolo secondario, o l’Arcangelo Gabriele, considerando il fatto che The Mission, da quel che io ricordo, parla di missionari, di colonizzazione del Nuovo Mondo da parte degli spagnoli, o di una roba del genere, tipo Aguirre, furore di Dio, di Werner Herzog).

E mentre cerco, mi appare una lista, ma con la scritta “Gabriel’s Oboe”, sicché penso: la collega di Storia della Musica deve essersi sbagliata, qui il titolo della canzone mette l’accento proprio sul fatto che questo benedetto (forse in tutti i sensi) Gabriel (o Gabriele) suona proprio il suo strumento preferito, quello in cui lei si è diplomata, e così avvio il video, col tasto del “play”, ma non su uno qualsiasi dei link, no, do al tasto “play” sul video in cui appare il nome di Ennio Morricone e – seconda sorpresa, dopo quella relativa al vero titolo del pezzo – scopro che è proprio lui, sì, accidenti, è lui, il Maestro, l’autore della colonna sonora di The Mission, ma che bello! Sono già in fibrillazione, già pronto a saltare dalla sedia per andare a dire alla collega di Storia della Musica che certo che è un capolavoro quel film! Certo, non può essere altrimenti! La colonna sonora è frutto della bravura del genio, del nostro orgoglio nazionale, del “mago” della musica per il cinema, Ennio Morricone!

Poi mi metto all’ascolto attento: chi non ha mai visto il film o non ha mai ascoltato “Gabriel’s Oboe”, non può avere l’idea dell’emozione che scatena questo motivo musicale… Ci si sente immediatamente trasportati in un’altra dimensione, in un mondo “diverso”, dove si percepisce quasi il soffio del vento al tramonto in un paesaggio mozzafiato, dove si contempla la Natura come fosse il Paradiso, dove – se uno vuole – si può perfino volare… E insomma, mi lascio inebriare dalle note stupende di questo capolavoro di Morricone, quando, ad un tratto, al minuto 6:12, la telecamera fa un leggero travelling sui coristi, perché, a un certo punto, alla musica creata dagli strumenti (un’orchestra intera, con l’oboe, ovviamente, in primo piano), segue quella creata dalla voce umana, ci sono dei coristi che accompagnano il maestro, e – terza e ultima sorpresa, quella più scioccante di questa giornata – la vedo, riconosco la mia ex, è lei, non ho dubbi, o meglio, tentenno, ma poi, dopo il sudore freddo sulla fronte e il tremore lungo la spina dorsale, mi accerto che è proprio lei, quella che cantava sotto la doccia dopo aver fatto l’amore, l’unica ex bionda che ho (o abbia mai avuto), una ragazza speciale, una mezzo soprano all’altezza dei coristi che cantano per Morricone, non ci credo, voglio alzarmi, urlare di gioia, avvisare subito la mia collega di Storia della Musica, dirle: “Guarda, è lei, è una delle mie ex, è quella che canta nel coro!”, ma non sono sicuro che mi capirebbe, anzi, probabilmente, mi prenderebbe per un pazzo scatenato, uno fuori di testa che non sa quello che dice… E allora fermo l’immagine, la metto in pausa, immobilizzo temporaneamente il volto attento di lei, mentre accenna ad aprire la bocca per emettere la frase seguente, concentrata, bella, biondissima, con un vestito nero elegante, una sorta d’uniforme ufficiale del suo coro, che io conosco perché in un paio d’occasioni la seguii nei suoi concerti, tra Piazza del Popolo e Ariccia, tra Velletri e il Parco della Musica disegnato da Renzo Piano… Sono loro, riconosco anche le altre ragazze, gli altri colleghi, sono proprio loro (e non mi sovviene il nome del coro stesso), sono emozionato, ripremo il “play” e mi lascio di nuovo invadere dall’emozione fortissima legata alle note dell’oboe di Gabriel(e)…

I fantasmi del passato tornano a visitarci nei momenti più impensati; lei non sa che l’ho appena vista in un video del 2002 in cui canta per (e con) Morricone; non può saperlo né sospettarlo; io non so cosa stia facendo a quest’ora del pomeriggio, le 18:39 del 19 di Settembre del 2016 (starà facendo le prove per il prossimo concerto? L’amore con l’uomo della sua vita? Le melanzane alla parmigiana che le venivano così bene?). Il passato torna presente (ritorna dal passato per farsi presente) nei momenti più assurdi e impensabili; il caso gioca con le nostre vite come Dio ai dadi (giammai un colpo di dadi cancellerà l’azione del caso). Ma i cellulari di oggigiorno hanno tutti Whatsapp ed è davvero difficile resistere alla tentazione e così le scrivo (forzo, in un certo senso, la direzione del caso, lo obbligo a far entrare in scena anche lei, la mia ignara ex cantante mezzo soprano): “Scusami se ti disturbo, posso?”. E lei: “Che c’è? Che vuoi mo’?” (ci divertiamo a scriverci in romano, a volte). E io: “Solo una domanda: ma tu nel 2002 hai per caso cantato con e per il Maestro Ennio Morricone? All’Arena di Verona?”. E lei: “Certo, te l’avrò raccontato almeno mille volte, ma tu, come al solito…”. E io: “Non ci posso credere! Ti ho appena visto cantare all’Arena di Verona!”. E lei: “Tu sei tutto scemo”. E io: “Non ci posso credere, sono stato con una corista del coro di Morricone!”. E lei: “Sei proprio scemo, confermo”. E io: “Ma com’è possibile?”. E lei: “Sì, me lo chiedo anch’io. Com’ho fatto a sopportarti tanto?”. E io: “Mi sono emozionato… Eri molto bella anche nel 2002, molto giovane”. E lei: “Sei proprio stronzo”. E io: “Mi sono commosso fino quasi al pianto, fino alle lacrime”. E lei: “E’ quel quasi che non va bene”. E io: “Scusa, hai ragione, sto svariando, è che mi sono emozionato a vederti in azione in quel coro, con Ennio Morricone con la bacchetta che vi dirige all’Arena di Verona”. E lei: “Vedi? Ti sei perso una famosa”. E io: “Sono il solito smemorato…” (a sottolineare, a scusare, quasi, con i punti di sospensione, questo mio enorme vuoto di memoria attorno a quest’evento così importante per lei). E lei: “Faceva un freddo! Me lo ricordo ancora, come se fossi oggi”.

Dopodiché, ci si saluta con uno scambio di emoticon (che stanno lì a sostituire i nostri temporanei, spesso labilissimi, stati d’animo). E per un momento penso a come sarebbe stata la mia vita se, invece che la mia “compagna di avventure”, avessi sposato (o fossi rimasto a convivere con) la mia ex mezzo soprano. Mi domando come sarebbe stata la mia vita oggi (nel 2016), se fossi ancora accanto a lei (una delle donne più belle ed eleganti che conosca – aveva davvero buon gusto nello scegliere i vestiti; anche quando andavamo a fare la spesa, non dimenticava mai la collana o gli orecchini, i braccialetti o qualche altro dettaglio che ne mettesse in evidenza lo stile – la voglia di mostrare al mondo che lei di stile ne ha da vendere, un modo di camminare e di guardare che affascina, una maniera d’altri tempi che, però, non passa mai di moda, davvero difficile, per me, oggi, definire il suo stile).

E mi domando cosa starà facendo ora (mi verrebbe la tentazione di scrivere il suo nome reale, ora, ma non voglio, la rispetto, e non vorrei mai che si sentisse a disagio se un giorno finisse a leggere questo blog – se già non è tra le 3 o 4 lettrici che mi sopportano)… Mi domando cosa starà pensando, dopo la mia “incredibile” scoperta (incredibilmente in ritardo, direi, imperdonabilmente in ritardo, anzi). Fui io a lasciarla (una delle pochissime volte in vita mia in cui il ruolo del “cattivo” è spettato a me); fu lei a soffrire come una matta subito dopo la separazione. Poi passò diverso tempo prima che ci si riappacificasse (il tempo rende umani rapporti che, quando li si sta vivendo, possono portare alla follia più autodistruttiva). E un giorno ci si incontrò a Milano e ci aggiornammo sulle nostre rispettive vite (ma dai, davvero ti sei trasferito in Spagna? E tu davvero hai lasciato i Parioli? Come può una come te allontanarsi dai Parioli? E ora come fai senza Ponte Milvio e quella rosticceria che ti piaceva tanto, quella dove andavamo a mangiare i supplì più boni de Roma?). Milano e la sua nebbia e il freddo ci accompagnarono fino alla Stazione Centrale; poi lei salì sul suo treno per ridiscendere a Termini e io m’avviai verso Linate, per riprendere l’areo per Madrid.

Ho come la sensazione che lei sia ancora qui, con me. E non serve Whatsapp per averne una prova tangibile (o uditiva): ora c’è anche questo maledetto video del 2002; l’oboe di Gabriele, con l’orchestra e il coro diretti dal Maestro Morricone, in diretta dall’Arena di Verona… E lì dentro, in quello spazio-tempo di 14 anni fa…ci sei (sempre e per sempre) pure tu…


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