miércoles, mayo 27, 2020

Come la morte. E come la vita

Oggi è morta nonna. La mia nonna materna. La madre di mia madre. Una seconda madre, per me, quand'ero bambino e adolescente e giovane alle prime armi.
Ricordo ancora la quantità industriale di panini con la Nutella che mi preparava quando giocavamo a calcio (per ore ed ore) nel campetto vicino casa sua. Ricordo anche quando nonno si arrabbiava con lei per delle scemenze. E ricordo il suo sorriso paziente (come va, nò? Eh, i dolori, i dolori me se magnano, era la sua risposta standard negli ultimi 5-6 anni).
Mia nonna è morta a 94 anni. E non è morta di coronavirus, bensì di vecchiaia. Mia madre - avvisata da mia zia - è accorsa a casa sua all'ora della colazione e l'ha trovata con la faccia schiacciata sul pavimento, il viso nero, le braccia aperte, ancora in pigiama. Stava per fare colazione. È quello che ha dedotto mia madre, vedendo sul tavolino i biscotti e la tazza del caffelatte ancora tiepido.
Non riesco a immaginare il dolore che deve aver sentito mia madre al momento di scoprire il corpo della madre riverso sul pavimento della cucina in quel modo osceno. Non ci riesco proprio. E non riesco a immaginare la scena successiva, quando mia madre avvisa mio padre e tra lui, il vicino di casa (un uomo sulla sessantina piuttosto corpulento ed ex-carabiniere) e una zia di secondo grado non riescono a risolevvarla né a spostarla di un centimetro. Un peso morto, si dice. E in questo caso, questa mattina, a casa di mia nonna, lei era questo, proprio un peso morto.
Fino a quando non è arrivato mio cugino, che era legatissimo alla nonna, e non si sa bene come né grazie a quale immane sforzo o a quale forza sovrannaturale, è riuscito non solo a sollevare il cadavere da terra, ma addirittura a metterselo sulle ginocchia (una Pietà al contrario: come se Cristo appoggiasse sulle gambe il corpo morto della Madonna).
Non riesco e non oso immaginare i pianti. Quelli di mio cugino, ma anche quelli di mia madre e di sua sorella, mia zia. 
Questa mattina alle 8:30, mentre si apprestava a fare colazione, come tutti i giorni, mia nonna, autonoma e indipendente a 94 anni suonati, è morta di colpo, per un infarto fulminante. E mia madre spera solo questo: che non si sia accorta di nulla; che non si sia resa conto di essere crollata a terra in quel modo così scandaloso e così poco confortante, così umiliante, per una che, nonostante il bastone, è riuscita a camminare, a farsi da mangiare e a lavarsi da sola per tutti questi anni.
Questa mattina alle 8:30 io ero in viaggio per tornare a casa e poter caricare in macchina la mia bici da montagna. E quando ho appreso la notizia da mia sorella (che piangeva come una disperata), ho provato a non piangere e ci sono riuscito. Quando si è alla guida è pericolosissimo piangere. E così sono tornato a destinazione. Ho scaricato la bici dal bagagliaio e sono corso al mare. E da lì ho guardato un gruppo di surfisti che cavalcavano le onde del mare e ho finalmente pianto, pensando a mia nonna, a mia madre, a mia sorella e a mio cugino. E a tutti coloro che domani potranno darle l'estremo saluto. Mentre io sono qui e, purtroppo, dovrò accontentarmi di una videochiamata per salutare i parenti più stretti.
Questa mattina alle 8:30 mia nonna è morta. Mentre in mille altri ospedali del mondo morivano altri anziani vittime del virus. E mille surfisti cavalcavano le onde di un mare che ci circonda tutti e sembra non avere fine. Come la morte. E come la vita.

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