martes, diciembre 17, 2024

 Gli alti e i bassi

Ci sono molti "alti" e "bassi", nel processo di scrittura di un libro. Ci sono giorni in cui la scrittura sembra davvero scaturire in modo spontaneo e fluire senza freni, libera, chiara, cristallina. E altri in cui si fa davvero fatica a scegliere l'aggettivo giusto (soprattutto quando uno scrive in una lingua che non coincide con quella materna, quella che di cui si è nutrito sin dalla culla). E uno, nel corso di queste montagne russe emozionali, si domanda a volte se ce la farà ad arrivare a un punto finale, se ci sarà mai un finale al processo di scrittura, se ne sarà valsa la pena, d'intraprendere un viaggio in cui ci si è spostati a vista, navigando in mezzo a 6 capitoli già scritti e a 2 o 3 inediti da scrivere e montare insieme agli altri pezzi (sperando di non dare vita ad un freddo o amorfo Frankenstein, bensì a un caldo e bruciante Prometeo).

Ci sono "bassi" che fanno venire voglia di lasciar perdere; "alti" che ti spingono a fare sempre di più, a sperimentare forme e modi di incastrare il pensiero nelle pagine (forse troppe) di un saggio che a volte ti sembra sperimentale e altre un gioco che non ha molto senso (eppure, ce lo deve avere per forza se ogni mattina ti svegli pensando al "libro"; ovvero, a quell'oggetto che per ora sono circa 150 pagine di Word e, in futuro, in un futuro si spera non troppo lontano, diventarà un rettangolo di pagine stampate e rilegate pronte per essere lette da chissà chi...

Penso ai grandi scrittori, a Dante, a Petrarca, a Leopardi, ma anche a Proust, a Joyce, a Kafka, a Virginia Woolf... penso a quanta fiducia in se stessi hanno dovuto sperimentare prima di intraprendere l'atto di scrittura di To the Lighthouse o Ulysses, della Recherche o de Il processo...o della Commedia o del Canzoniere o de "L'infinito"... quanta angoscia per i limiti che uno avverte in se stesso e quanta incrollabile fiducia nei propri mezzi nel momento in cui si decide di superarli, questi limiti benedetti, e di andare oltre, di sconfinare, di scandagliare il linguaggio per scoprire zone mai esplorate prima o mai prima con quel linguaggio che uno inventa a partire da un mondo interiore che non sa bene come funziona e perché, comunque, riesce a funzionare e permette di creare opere incrollabili.

Come dice Samuel Beckett nella citazione che usa spesso Sandro Veronesi per i suoi romanzi: "Ho provato. Ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio". E quanto è importante "fallire meglio"...

martes, diciembre 10, 2024

 Il libro


Oggi, 10 dicembre del 2024, inizio il libro. "Quel" libro. Quello di cui parlavo anche l'altro giorno nel post intitolato "Articoli". Sì, proprio quel libro il cui indice redassi un anno fa, a febbraio... È passato quasi un anno. Ci ho messo quasi un anno intero prima di scrivere le prime righe dell'introduzione. È un libro strano, forse perfino strambo, perché fatto di capitoli seri e seriosi, scritti in terza persona del singolare, nel rispetto delle norme degli articoli scientifici, e di capitoli più intimi e ribelli, scritti in prima persona, in cui viene fuori la voce più autobiografica, quella che non ricorda bene le date, quella che mescola i ricordi "reali" con quelli "inventati" o "manipolati" dall'immaginazione...

È un libro che è anche un omaggio a uno scrittore che adoro, LG (non voglio fare il nome per scaramanzia; se riesco a pubblicare il libro, scioglierò l'engima per quelle tre o quattro lettrici che potrebbero ancora sentire la voglia di leggermi - ma ci saranno davvero queste presunte lettrici? Non si saranno ormai disperse? Non saranno ormai scomparse per sempre? Chi li legge più i "blog", soprattutto se di natura letteraria? O di tematica letteraria? Chi?).

L'emozione non mi impedisce di scrivere con fluidità e certa razionalità. L'intimo si mescola all'accademico; la vita vera a quella vissuta solo attraverso i libri; chissà come sarà la conclusione. Chissà se e quando riuscirò ad arrivare all'ultima parola. Alla fine del viaggio. Alla fine di tutto. 

Intanto, per ora, mi godo l'avventura di salpare. La scrittura come navigazione: metafore antiche, che vengono da Omero. Speriamo di salvarci. Intanto, ripeto, godiamoci il viaggio.

lunes, diciembre 09, 2024

 Articoli 


C'è uno scrittore amico che scrive che ci sono giorni in cui scrivere articoli (di taglio accademico o - come si dice a volte pomposamente anche nell'ambito degli studi umanistici - "scientifico") gli risulta un lavoro ingrato, un compito infinito, un dovere che lo priva di ogni energia positiva. A me è successo la stessa cosa mesi fa e non solo in relazione agli "articoli", ma anche ad altre pubblcazioni come possono essere le recensioni per riviste d'impatto, gli articoli d'opinione per un giornale locale o le conferenze da esporre oralmente in pubblico (l'ultima su Antonio Moresco, nell'ambito di un mega-congresso su "letteratura e misticismo").

A volte penso anche che la scrittura che non è fluida, che non nasce spontanea, che ci spossessa dell'energia positiva è destinata al cestino, alla sconfitta, all'impasse eterna. Ovvero: forse dovremmo scrivere solo quando siamo davvero convinti ed ispirati, quando l'ispirazione ci coglie lavorando (come diceva anche Picasso), quando l'immaginazione riesce a sorpassare a destra l'intelligenza e l'erudizione e diventa qualcosa di vibrante, qualcosa che perfino il lettore "non esperto" o "non accademico" riesce a percepire e, quindi, ad apprezzare.

In questo mese ho scritto due recensioni, un articolo, una conferenza e un'introduzione ad un evento organizzato dalla Società Dante Alighieri in collaborazione con l'Instituto Cervantes. Il testo migliore, senza alcun dubbio, è proprio il prologo all'evento culturale succitato, un testo di due paginette, ispirato e scritto con un linguaggio comprensibile a tutti, in cui torno così indietro nel tempo da riscattare Omero e citare l'episodio delle Sirene (una scena mitica di tutta l'Odissea, avvolta nel mistero e che pone una domanda cui ancora oggi non riusciamo a trovare una risposta: "cosa cantavano le Sirene?").

Poi mi viene in mente la paginetta in cui ho scritto l'indice e i punti centrali di un libro "ideato" il 22 di febbraio dell'anno scorso (2024) e che - ahimè - non sono ancora riuscito a mettere nero su bianco. La scrittura del libro mi sembra una missione impossibile da portare a termine, eppure, ho già in mente il contenuto dei capitoli, ho intere frasi scritte in mente, ho una caterva di citazioni "salvate" sul pc e da sfoderare nei momenti e nei luoghi strategici del libro. Dovrei solo trovare il tempo. Mettermi alla scrivania. Sedermi davanti al computer. E scrivere. Scrivere. Scrivere. Senza stare a badare troppo all'effetto che il libro potrebbe generare nei futuri lettori; senza pensare nemmeno a un potenziale futuro lettore. Dando il meglio di cui sono capace. Cosciente del fatto che non c'è il libro perfetto né potrebbe mai esistere una cosa del genere. Cosciente del fatto che i libri si dovrebbero scrivere sempre (e solo) con passione, come una domanda che ci assilla, come un'ossessione che si vuole osservare da vicino, come un puzzle che non si vuole finire...

 Gli alti e i bassi Ci sono molti "alti" e "bassi", nel processo di scrittura di un libro. Ci sono giorni in cui la scri...