lunes, diciembre 14, 2009

La tempesta



Para C. Z., con el deseo de poder verla juntos algun dia

Tra i quadri più misteriosi della storia dell'arte, La tempesta, di Giorgione, resta un mistero...Tanto che, come ci racconta Salvatore Settis nelle ultime pagine del suo splendido studio La tempesta interpretata. Giorgione, i committenti, il soggetto (Torino, Einaudi, 1978), ancora oggi, resta uno di quei quadri per i quali è possibile inventarsi le interpretazioni più variopinte e bizzarre (da quelle esoteriche a quelle bibliche; dalle letture "sapienziali" a quelle "mitologiche", etc. etc.).

I punti fermi sono due: a) il paesaggio che si staglia dietro i due personaggi in primo piano è altrettanto importante (se non più importante) degli stessi personaggi "umani"; b) i due personaggi sono al centro di un conflitto di cui, per ora, non possiamo scorgere l'origine e la natura.

Chi è davvero quell'uomo, vestito in modo piuttosto elegante, che si sorregge su un bastone e che guarda a debita distanza la donna? E' poi davvero un bastone, quello che si vede, o non piuttosto un'arma, una specie di lancia, un'asta per colpire o difendersi?

Chi è davvero quella donna, seminuda, che allatta al seno il proprio bambino? Cosa rappresenta quella specie di soprabito bianco (o mantella) che, in parte, serve a coprirle le spalle e, in parte, a farla adagiare sul prato come se fosse un lenzuolo? E soprattutto (è questa la domanda cruciale): chi sta guardando (per sempre) questa donna così bella e così distante nella sua bellezza ieratica?Non certo l'uomo, che, rispetto al suo sguardo, resta quasi in uno sdegnoso secondo piano... Non certo il bambino che, a rigor di logica, è l'essere umano più vicino che abbia a portata d'occhio... Non lo sappiamo. Anzi, forse sì, lo sappiamo, e nel momento stesso in cui ce ne accorgiamo, questa donna ci fa quasi paura, crea nello spettatore una sorta d'inquietudine inspiegabile, perché sembra che la donna guardi proprio noi, gli spettatori del quadro, con occhi attenti, sguardo diretto e quasi altero...

Perché diretto e altero? Perché trasmette quest'idea dell'alterità e, oserei dire quasi della rabbia? Ce l'ha con l'uomo che si trova alla sua destra? Quell'uomo è il suo amante, suo marito, suo fratello, un amico, è il padre del bambino? Se così fosse, perché i due non si guardano e sono così distanti (empaticamente) l'uno dall'altro?

In realtà, se spostiamo la nostra attenzione dalla donna all'uomo (soldato, cavaliere, nobiluomo, plebeo?), ci accorgiamo di come quest'ultimo rivolga il proprio sguardo sulla donna che allatta. Quindi, una qualche empatia o interesse verso la compagna si riesce a indovinare, anche se non lo si può certificare: ci manca un primo piano di quello che potrebbe essere un sorriso, oppure, e al contrario, un ghigno, una smorfia di dolore, oppure di sorpresa, o di compassione o di pietà o, peggio, di rabbia, dell'uomo verso la (propria) donna...e il bambino intento a nutrirsi dal seno materno...

Cosa è mai successo tra questi due? Sono davvero, come ipotizza Settis, Adamo ed Eva dopo la cacciata dal Paradiso Terrestre? E quel lampo che, letteralmente, "spacca" a metà il quadro, divenendone il centro perfetto, cosa starebbe a simboleggiare? La rabbia divina? Dio che manifesta la propria ira con un lampo che preannuncia la tempesta che da il titolo all'opera?

E' certo il lampo uno degli elementi che ci permette di dire che qui, dentro questo quadro tanto misterioso ed enigmatico, la Natura (con la maiuscola), da semplice "comparsa" o "sottofondo visivo" diventa protagonista assoluta...Con quelle foglie che sembrano mosse da un vento sovrannaturale; e quegli alberi e quell'erba perfettamente realistici; e quei pezzi di costruzioni urbane che s'intuiscono o si vedono chiaramente in mezzo al mondo vegetale, come quelle colonne infrante e quel ponte, in lontananza, e quelle case che sembrano proprio le abitazioni tipiche di Venezia, con le sue calli e la presenza costante dell'elemento marino (acqua scura su cui si riflettono in parte le nuvole illuminate per una frazione di secondo da quel lampo maledetto che, se da un lato preannuncia la tempesta in arrivo con effetto sonoro di rimbalzo - io vedo il lampo, e immagino di sentire subito dopo il tuono -, dall'altro sottolinea una tempesta emozionale, o sentimentale, che, in un modo o nell'altro coinvolge i due protagonisti "umani" del quadro...cosa sarà mai successo per determinare questo distacco così atroce, così netto, così...misterioso, appunto).

Come Las meninas di Velazquez, così La tempesta di Giorgione sembra essere anche un quadro dentro il quadro; un quadro che ci fa riflettere sull'essenza stessa dell'arte della pittura (ossia, sull'arte di "confinare dentro a un quadro" tutto un pezzo di mondo, con i suoi tratti salienti e le sue piccole o grandissime tragedie quotidiane).

A me piace pensare che quei due, l'uomo e la donna (col bambino attaccato al seno), prima o poi, potranno superare ogni ostacolo si frapponga tra di loro e li tenga a questa distanza così anomala. Mi piace immaginare che, dopo la tempesta, troveranno di nuovo la forza di vivere insieme e di andare avanti, nonostante le divergenze, o le delusioni reciproche o le inevitabili incomprensioni...

A me piace pensare che quei due, dopo la tempesta, ritroveranno l'amore perduto che ha permesso loro di mettere al mondo quel bambino che si nutre del latte materno e che, probabilmente, non sa ancora nulla della vita, né di come va il mondo, né di cos'è un lampo o un tuono, o una tempesta...che s'intuisce, ma non si vede. Che si addensa nel cielo del quadro ed è sempre in procinto di esplodere.

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