miércoles, junio 10, 2009


Antonio Moresco destruttura, rigenera e “invidea”: Canti del caos, Parte Seconda (“Invocazione alla Musa”)

Avevamo lasciato il Gatto esultare per aver sbaragliato il Matto, dopo essere riuscito a rubargli il ruolo di protagonista alla fine della Parte Prima di questo romanzo-fiume. E, invece, con la Parte Seconda, ci accorgiamo che la realtà non è come appare, che il Gatto non è quel demiurgo che crede di essere, che nessuno sposta i nessi di una trama senza innocenza, che il Matto, una volta liberata la donna avvolta nella stagnola, la sua amata Meringa, non è scomparso del tutto e definitivamente.

In questa seconda puntata, Moresco si diverte a smontare e a destrutturare quanto era andato costruendo nel corso della prima e ci presenta una situazione paradossale e umoristica nella sua stessa paradossalità: Dio in persona vuol vendere il pianeta; è troppo schifato da come l’abbiamo ridotto per volerlo mantenere ancora in piedi. E per questo si rivolge a quello stesso account pubblicitario che appariva all’inizio, al fine di stringere un accordo che possa rendere il massimo profitto (in termini economici e non solo…).

Tralascio (per forza di cose e per non rovinare il piacere della lettura al lettore potenziale e curioso dei Canti del caos) tutti i colpi di scena che ci condurranno fino a un finale inaspettato e ricco sia di pathos che di suspense. Provo a concentrarmi su alcune scene (sì, perché questo è un romanzo anche “visivo”, molto poco “cinematografico” e assai “teatrale”, a mio parere, ma anche godibilissimo dal punto di vista degli “effetti visivi” che i vari e altalenanti narratori vi evocano e immaginano – e a proposito di pathos e suspense, si ha a volte la sensazione di stare leggendo un poema eroicomico, o un libro di cavalleria; a tratti, vengono in mente certe scene alla Orlando furioso, certi incontri e scontri davvero rocamboleschi che fanno pensare all’Ariosto e a quel tipo di “letteratura popolare”, ma comunque, dicevamo, alcune scene, ecco quali):

a)      Le indossatrici: le pagine dedicate alla moda hanno la stessa carica eversiva, disturbante e corrosiva di quelle che nella Parte Prima alludono o sono ambientate nel mondo del porno estremo. Le indossatrici sono delle anoressiche drogate, vittime scarnificate di un sistema in cui la bellezza regna solo in quanto immagine effimera, da vendere a un pubblico dal palato poco fine e dal conformismo allarmante. Che pena vedere queste ragazze con il naso ancora sporco di cocaina camminare su trampoli altissimi, come equilibriste che rischiano la vita sulla passerella… che orrore, tutte quelle giovani vite date in pasto al Lupus, sorta di profeta della “moda del futuro”, una moda dove la bellezza verrà conseguita a partire dall’esibizione della nudità del corpo intero e interno, dall’eliminazione dell’involucro della pelle, che ci protegge e ci separa dallo spazio circostante, che tiene nascosti sangue, vene, follicoli e mucose… (le pagine in cui assistiamo al progressivo “denudamento” dei corpi delle modelle sono memorabili e fanno venire la pelle – appunto – d’oca).

b)      Il traslocatore e Principessa: ovvero, dell’amore e di altri demoni. Due figure positive, in mezzo a questa bolgia di personaggi infernali, due innamorati che fanno l’amore a ogni trasloco, due viaggiatori incalliti che, ogni volta che decidono di fermarsi, si portano dietro termosifoni, tubature, cyclette, pentole e oggetti vari per rendere ogni nuova casa come la loro casa… Sono pagine che fanno respirare, che fanno sorridere e ridere di gusto, con dialoghi scoppiettanti (diremmo come per una commedia hollywoodiana), che illuminano i caratteri di questa coppia felice e immemore del dolore che li circonda (una coppia che sembra vivere un perenne viaggio di nozze).

c)      Papa Elvis II: ovvero, della Chiesa e della sua crisi secolare. Moresco ha scritto una lettera a Papa Ratzinger, qualche tempo fa; non so se la lettera venne scritta prima della stesura della Parte Seconda dei Canti, o dopo. Sta di fatto che: 1) quella lettera si può leggere sul sito con cui Moresco collabora seguendo il link: http://www.ilprimoamore.com/testo_428.html; 2) tra quella e questi vi è un’interrelazione evidente. Come in quella (lettera) così in questi (brani del romanzo) Moresco ipotizza una rivoluzione epocale: un papa che decide di “sciogliere la Chiesa” in quanto istituzione ormai decrepita, moralmente inaccettabile perché popolata da morti viventi che hanno dimenticato il significato del messaggio di Cristo. Papa Elvis II l’ha fatto. Ora è inseguito dall’orda dei cardinali e dei vescovi che vorrebbero riportare la situazione alla normalità. Ma chissà se lo acciufferanno mai, questo papa ribelle, chissà se dopo averlo catturato e costretto alla resa, chissà se dopo averlo pestato di botte, il neo-papa che dovrebbe sostituire Elvis II farà lo stesso, pronuncerà anche lui, come il suo predecessore, lo scioglimento della Chiesa…

d)      La Tecnica: ovvero, come internet, la neo-genetica, la neuro-scienza, gli esperimenti della tecnologia più avanzata hanno (già) cambiato e stanno continuando a cambiare (irreversibilmente?) il nostro modo di stare nel mondo. L’intero romanzo ruota attorno alle modificazioni che subiscono i corpi in un mondo in cui tutto è suscettibile di venire manipolato dalla tecnica. Ricordo delle pagine in cui si narra di rette, spirali, frattali, insomma, di argomenti matematico-geometrici applicati alla rappresentazione del corpo umano (che va in frantumi, o si allunga, e si adatta, diventando elastico). Esiste un’intera branca della filosofia italiana contemporanea ossessionata a tal punto da questo argomento da arrivare a scrivere la parola Tecnica con la maiuscola. Moresco - che non credo segua quella branca - con i suoi personaggi, non si mette mai a filosofeggiare, ma ci lascia immaginare quello che potrà diventare la realtà quando le macchine avranno preso il sopravvento sull’umano. Quello che potremmo diventare tutti una volta che il virtuale si è conficcato dentro il reale al punto da farci dimenticare le differenze che passano tra quello e questo.

e)      L’uomo che pesta le merde: è un personaggio curioso, che si fa strada in mezzo al “plot” (come direbbe lo storyboard – o era il softwarista?) in modo graduale, quasi di soppiatto. A metà tra Sancio Panza e Don Chisciotte, è il paladino della giustizia, colui che deve difendere l’Interfaccia (la donna che sta per partorire una sorta di “Cristo” redento, oltre che redentore, anche se di sesso femminile) dalle grinfie dell’uomo che violenta le donne incinte. A me fa venire in mente Moresco stesso, l’autore in carne ed ossa, un sessantenne che ha creduto nel sogno della letteratura e che per pubblicare si è battuto contro il mondo editoriale con onestà, serietà, umiltà e quel pizzico di follia che lo fa rassomigliare al personaggio di Cervantes (onestamente, anche solo guardando una sua foto su internet, a chiunque può venire in mente Don Quijote, “lanza en ristre”, per quelle orecchie, quella barba, quel viso secco, quegli occhi piccoli che guardano da dietro le lenti spesse degli occhiali da miope). Una frase dell’uomo che pesta le merde: “Io sono il più tranquillo e il più solo, qui dentro. Il mio compito è senza speranza, io devo lasciare aperta una porta alla speranza anche se non ho speranza” (p. 466). Cosa chiedere di più a un personaggio che si chiama “l’uomo che pesta le merde”?

E ora mi aspetta la Parte Terza, che s’intitola “Inizio”… ma non era la fine? Non eravamo arrivati alla fine? Evidentemente no. “Lanza en ristre”, si riparte...

3 comentarios:

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