martes, junio 30, 2009

Fantasmi nella distanza

Il caso (o una serie di coincidenze o il destino o il fato o Dio o non so chi) ha voluto che, la settimana appena trascorsa, ricevessi notizie da alcuni dei miei migliori amici d’oltreoceano o che abitano in terra iberica. E così, senza volerlo, per telefono, sono venuto a sapere da Mauro (l’amico uruguaiano che attualmente vive a Madrid) che è diventato padre l’8 Maggio scorso… Mauro padre: che notizia! Mi aveva messo al corrente della sua vita sentimentale alquanto movimentata nel Novembre del 2008, quasi 8 mesi fa, l’ultima volta che ci siamo visti nella “Corte y Villa” e mi aveva raccontato di una storia d’amore travagliata con quella stessa fanciulla avvenente che poi sarebbe diventata (ma all’epoca non lo sapeva ancora) la madre di Bruno, suo figlio… E nel mezzo, un paio di altre storie poco chiare, intrallazzi vari con studentesse universitarie conosciute una sera in discoteca e poi riviste in locali notturni del centro, una barista argentina cui deve dei soldi (che chissà se avrà mai ricevuto), un’altra, una tipa di Mallorca, con cui ha avuto solo un rapporto di sesso veloce e via, niente di sentimentale, certo che è uno scoop e lascia esterrefatti sapere che Mauro, proprio lui, ha messo la testa a posto, e adesso si occupa (e si preoccupa) di Rosario, la sua attuale compagna, gelosa e alquanto isterica (ma chi non lo sarebbe affianco a un tipo come Mauro, attraente, sempre sorridente, sempre pronto a dare una mano, gran spendaccione e incallito dongiovanni?), ovvero la madre (attuale e per sempre, si suppone) di Bruno, il suo piccolo figlio di appena un mese di vita e pochi giorni, chissà com’è questo Bruno, mi domando e dico, ho anche chiesto a Mauro di spedirmi una foto via email, ma mi dice che ultimamente ha pochissimo tempo per vedere internet, è troppo incasinato tra lavoro, pannolini e Rosario che continua a essere gelosa, d’una gelosia che spaventa, chissà come sarà mai questo bambino appena nato e come crescerà con un padre così bravo e così simpatico come Mauro…

E poi, subito dopo la chiamata di Mauro, arriva l’email di Luciana, la mia antica coinquilina, la mia compagna di studi peruviana; io e Luciana abbiamo condiviso una casa in Calle Ortega y Gasset, una delle zone più ricche e snob di Madrid, ora io sono qui, in un paese in declino e in crisi aperta come l’Italia, e lei è tornata a Trujillo, a circa 550 chilometri dalla capitale; fa la maestra, insegna ai bambini dai 4 ai 9 anni a leggere e a scrivere correttamente, mi scrive che è stanca, che è difficile educare dei bambini così piccoli, si annoiano subito se a lezione non t’inventi qualcosa, una storia, un gioco, una rappresentazione scenica, è impossibile tenere desta la loro attenzione così labile per più di dieci minuti a lezione, e allora lei prova a farli sorridere con la sua verve, Luciana sa raccontare bene le storie, anche quando le chiedevo semplicemente: “Allora, com’è andata oggi?”, lei cominciava dall’inizio, ab ovo, come dice Lázaro de Tormes in quel romanzo della metà del ‘500, e allora diventava impossibile liberarsi di lei per i seguenti trenta minuti, era in grado di tenerti incollato al suo racconto orale della giornata appena trascorsa inframmezzando il tutto con aneddoti di ogni tipo, e mi manca Luciana e mi fa tenerezza quando mi dice che anche lì, da loro, si sente la crisi (dovrà chiedere dei soldi in prestito a sua madre per comprarsi un nuovo computer, il suo portatile è fuso, e non ha uno stipendio tanto alto da potersi permettere da sola un simile lusso, vedremo…).

E nemmeno a farlo apposta, due giorni dopo l’email di Luciana, mi arriva quella di Veronica, la mia amica argentina, che vive ancora a Madrid (anche lei, come Mauro, nella stessa capitale; una sera li ho fatti conoscere, si sono stretti la mano, si sono subito piaciuti, poi non so cosa è successo quando sono tornato in Italia, a Pisa, e sono rimasto l’unico ponte tra di loro, una specie di fantasma benigno che avrebbe potuto legarli anche a prescindere dalla mia presenza sul “campo”, chissà perché poi non si sono più incontrati, sembravano due tipi davvero molto compatibili…). Ricordo a memoria il suo indirizzo, vicino alla Ronda de Atocha, a due passi dalla stazione centrale. Mi racconta del suo attuale stato d’animo in rapporto al suo fidanzato; lei non si è sposata, e non ha alcuna intenzione di farlo. E’ piuttosto il suo compagno a voler fare il grande passo, sogna una casa tutta per loro e vorrebbe avere almeno 3 bambini, ma Vero non se la sente, è una tipa molto indipendente, lei, non sopporta che qualcuno possa dirle cosa deve e cosa non deve fare, lei è un tipo di donna come ce ne sono poche al mondo, attualmente, una che si è fatta le ossa e se le è rotte sempre da sola, facendo affidamento sempre e solo su se stessa, e quindi odia andare la domenica a pranzo dai genitori di lui, non sopporta dover fare da mangiare quando lui è a lavoro e lei magari ha il giorno libero, non sopporta la schiera dei parenti i cui compleanni vanno sempre festeggiati, e così nutre dei forti dubbi anche sulla sincerità dell’amore che prova per il suo ragazzo, e alla fine mi pone una domanda che mi ronza in testa dal giorno in cui anche Roberto (il mio migliore amico romano) me l’ha posta una sera, diversi anni fa, davanti alla tv, mentre sua moglie era in camera da letto che dormiva e io e lui finivamo di fumarci una canna guardando il Maurizio Costanzo Show: “Ma secondo te perché smettiamo di scopare quando ci accasiamo?”. E la domanda di Veronica è simile, anche se espressa in spagnolo: “Sono 4 giorni che non facciamo sesso, io non capisco perché, da quando siamo venuti in questo appartamento a convivere, non c’è più la stessa passione e la stessa carica sessuale d’una volta, perché?”. E certe volte me lo domando anch’io e non so proprio cosa rispondere a Vero, non lo so, sembra come se la passione (sessuale e d’altra forma) non vada affatto d’accordo con l’amore quotidiano, quello sancito da un matrimonio o da una convivenza di anni, come se fosse impossibile farlo allo stesso modo di quando ancora non ci si conosce abbastanza, quando il corpo dell’altro è tutto ancora da esplorare, quando anche baciare l’altro diventa un’impresa e ci batte forte il cuore perché sentiamo che potremmo sbagliare l’approccio e l’altro potrebbe risentirsene e allora diventa una sfida baciarlo proprio in quel modo e abbracciarlo e scoprire i suoi punti nevralgici, i punti deboli, le carezze proibite preferite, fino ad arrivare alla chimera (a volte, miracolosamente raggiunta) dell’orgasmo simultaneo (un piacere infinito, un miracolo, un evento – diciamocelo pure – più unico che raro…).

E così, nell’arco di una settimana, quelli che erano e sono stati i miei punti di riferimento in alcune fasi felici e delicate della mia vita sono tornati a farsi vivi e a farsi sentire, come fantasmi benigni la cui presenza continua a riempire di senso la mia vita quotidiana, e le cui voci ricordo ancora nitidamente, voci benevole di persone che ci hanno voluto bene in passato e cui noi vogliamo ancora tanto bene, nel presente, nonostante il passato e al di là della distanza spaziale che ci tiene separati…nolenti e dolenti…

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