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miércoles, enero 15, 2025
Diario di Bologna
6 Gennaio 2025
Iniziamo l’anno accamedico in
viaggio dall’Abruzzo all’Emilia Romagna. Devo firmare un accordo Erasmus con il
Campus di Forlì (con il DIT, ovvero, il Dipartimento di Interpretazione e
Traduzione). Abbiamo affittato (a caro prezzo) un appartamento a due metri
dalla Stazione Centrale di Bologna. La capitale della regione ci accoglie con
la nebbia e un freddo umido che ti penetra nelle ossa, che a tratti paralizza.
Sono le 19:30 ma sembra mezzanotte. Riesco a carpire frammenti di dialoghi in dialetto
bolognese. Adoro quest’accento, così diverso dall’abruzzese o dal romanesco.
La padrona di casa mi fa vedere
la moka della Bialetti: sembra che oggigiorno nemmeno i turisti italiani si
preparano più la macchinetta tradizionale, sembra che tutti preferiscano la
Nescafé (è più veloce, più efficace, più pulito). Mi chiedo dove andremo a
finire se perfino gli italiani smetteranno di farsi il caffè come abbiamo
sempre fatto nel corso di decenni (forse secoli).
Andiamo a dormire presto, stanchi
del viaggio. Domattina, alle 10:30, saremo già a Forlì, al Campus
universitario, per conoscere dal vivo una collega con cui ho scambiato un sacco
di email, prima di arrivare a questo
momento (ovvero, alla firma concreta dell’accordo). Nell’appartamento, il
riscaldamento è al massimo. Fuori c’è la nebbia e si gela, dentro si può
dormire anche in maniche corte.
7 Gennaio 2025
Forlì: anche qui nebbia e freddo.
Le panchine della stazione sono bagnate. La gente imbacuccata. Andiamo al
Campus senza sbagliare strada. È una città geometrica, Forlì, o così pare.
Giorgia ci accoglie con il sorriso e ci offre subito un caffè. I mobili
dell’ufficio in cui parliamo di questioni accademico-burocratiche sembrano
tratti dalla serie di Leopardi che Rai1 manda in onda proprio stasera. Sembra
tutto molto ottocentesco. La stampante funziona, ma a fatica, con una lentezza
quasi snervante. C’è il distributore dell’acqua gratis (fredda e a temperatura
ambiente). C’è anche quello del caffè a 60 centesimi. Ho notato che, ormai, in
Italia, nei bar, è impossibile prendere un espresso a meno di 1,30 euro.
Giorgia ci mostra le aule dei laboratori dei futuri interpreti e traduttori
italiani da e per lo spagnolo (ma anche il francese, il tedesco, l’inglese,
perfino il cinese). È bello, quasi emozionante, vedere tanti studenti seduti in
postazioni costruite su due piani in un edificio che, qualche decennio fa, era
un ospedale, ora completamente ristrutturato e ricostruito secondo la moda del
postmodernismo architettonico. Vedo una cartina dell’Italia con sopra stampata
una domanda a caretteri cubitali: “di dove sei tu?”. In realtà, la domanda
appare sotto la cartina dell’Europa. La distanza e la miopia galopante mi
giocano brutti scherzi. Qui gli scambi Erasmus sono all’ordine del giorno.
Siamo qui per quello. E per loro, per quegli studenti che avranno voglia di sperimentare
cosa significa studiare in un altro paese e in una lingua diversa da quella
materna.
Andiamo a pranzo in una trattoria
tipica emiliana. Le tagliatelle con il ragù alla bolognese sono orgasmiche. I
tortellini in brodo pure. Il caffè macchiato lo servono con un bricco per il
latte, uno con panna spruzzata con cacao amaro e un biscottino al cioccolato
d’accompagnamento. Incredibile la qualità del cibo e la professionalità dei
camerieri e del padrone di casa.
Nel pomeriggio, giro in centro
con la nostra guida personale (fino a un parco che mi ricorda “El Retiro” di
Madrid) e poi rientro a Bologna in treno perché comincia a piovigginare.
Prima di separarci Giorgia ci
parla dell’architettura del Quartiere razionalista: se si guardano dall’alto,
certi palazzi del quartiere formano la M enorme di Mussolini. Non a caso, il
Duce è nato a Predappio, ovvero, a 20 chilometri da Forlì. Mi sembra davvero
paradossale che uno dei dittatori più ridicoli e folli della Storia del XX
secolo sia nato proprio in una delle regioni più “rosse” d’Italia. Poi proviamo
a sdrammatizzare. Senza l’Emilia Romagna la cucina italiana sarebbe più povera:
qui hanno inventato il Parmiggiano Reggiano, il Grana Padano, la mortadella,
l’aceto balsamico di Modena, la piadina, lo squacquerone, le tigelle e le
crescentine, le tagliatelle e i tortellini…il Lambrusco e il San Giovese…
Proviamo solo per un momento ad
eliminare uno di questi elementi dalla cucina tipica italiana: saremmo tutti
più poveri (e più tristi). Viva l’Emilia Romagna!
8 Gennaio 2025
Ravenna: quanta bellezza e quanta
storia e quanta arte nella stessa città! Il Mercato Coperto ci stupisce per la
sua eleganza e la cura di ogni dettaglio, la varietà dell’offerta gastronomica
e la bontà dei prodotti. E poi la Basilica di San Vitale coi suoi famosi
mosaici bizantini e Galla Placidia e …la tomba di Dante. Mi faccio scattare una
foto. Mi commuove sapere che le ossa del Sommo Poeta riposano proprio qui,
lontane dalla natia Firenze, la patria da cui Dante si esilia e a cui non farà
più ritorno.
Andiamo a pranzo in un altro
ristorante su consiglio di un’amica che rivedrò domani per una cena in una
pizzeria del centro di Bologna. Si chiama Osteria Passatelli. Mangiamo un
piatto di tortellini con fonduta di parmiggiano stagionato 30 mesi e passatelli
in brodo. Di nuovo, il piacere della tavola ci lascia a bocca aperta.
Dopo una passeggiata digestiva,
torniamo a Bologna. E qui mi sgancio dal gruppo e vado in centro da solo. I
portici di Bologna. Le Torri degli Asinelli. La Piazza del Nettuno. E la Piazza
Coperta Umberto Eco, dotata di spazi per la diffusione della lettura e della
cultura davvero emozionanti se consideriamo il mondo in cui viviamo. Ho visto
ragazzi leggere libri di carta. Anziani leggere giornali di carta. Forse non
tutto è perduto, se queste biblioteche sono ancora frequentate e anche da
persone giovani, da gente che ormai è abituata ad usare il cellulare come una
seconda pelle.
Mi addentro nelle sale del Cinema
Modernissimo: cimeli di alcuni grandi classici del cinema italiano; una
caffetteria elegante e assolutamente cinefila, poster dovunque, locandine di
film visti da ragazzo; foto storiche e in bianco e nero della Bologna del
secondo dopoguerra. In programmazione l’ultimo film di Roberto Andò: L’abbaglio, con Ficarra e Picone. E poi,
uscendo per strada, la Feltrinelli, dove mi è impossibile non comprare libri e
non rimembrare i tempi in cui andavo sempre a quella di Via dei Cerretani a
Firenze (quando ero un cittadino della città di Dante). Compro un saggio breve
di Ezio Raimondi, il grande italanista, Un’etica
del lettore; e poi Il viaggio di
Dante. Storia illustrata della Commedia, di Emilio Pasquini; e poi È una donna che vi parla, stasera, di
Alba de Céspedes, una scrittrice che ho scoperto grazie alla mia compagna
d’avventure e di viaggi e, infatti, gliene faccio dono, come regalo
inaspettetato.
Domani altro giro, altra corsa:
Ferrara. Andiamo a dormire guardando l’ultima puntata di Leopardi, il poeta dell’infinito su Rai1. È bello e strano, e anche
un po’ emozionante, vedere una serie del genere sulla tv pubblica italiana. È
strano sentirsi così…italiano in Italia.
9 Gennaio 2025
Ferrara. La pioggia, il freddo,
il vento ci danno il benvenuto e ci obbligano a prendere un taxi per arrivare
alla Biblioteca Ariostea, sita all’interno dello storico Palazzo Paradiso (gli
Estensi avevano buon gusto nel nominare i loro possedimenti; qui esiste anche un
Palazzo dei Diamanti).
Entriamo per dare fastidio agli
addetti della biblioteca. Riusciamo a farci aprire una porticina che dà accesso
alla sala in cui secoli fa gli studenti di Medicina seguivano le lezioni di
Anatomia. Poi saliamo al secondo (o terzo) piano per contemplare emozionati la
tomba di Ludovico Ariosto. È la seconda tomba importante che visito da quando
siamo in Emilia Romagna: Dante e Ariosto, due geni, ognuno a modo suo, anche se
è ovvio: l’Orlando Furioso non
potrebbe mai raggiungere le vette della Commedia,
né avere la stessa fama internazionale dell’opera del fiorentino. Dalla tomba di
Ariosto si vede una sala di lettura destinata agli specialisti e ai
ricercatori: dentro quella sala sono conservati manoscritti e libri antichi
risalenti al XV e al XVI secolo. Chissà se non c’è anche una qualche edizione
del poema di Ariosto.
Vorrei sedermi e tornare
studente, ma non si può. Continuiamo il tour per la città fredda e piovosa,
entriamo nella Cattedrale, poi passiamo davanti al Castello, bellissimo e
rinascimentale, con quell’acqua che lo difende e lo circonda. E poi, appunto,
il Palazzo dei Diamanti, percorrendo quella che viene considerata una delle
strade più belle d’Italia, ovvero, Corso d’Ercole I d’Este. Al posto dei
sanpietrini romani ci sono altre pietre che sostituiscono l’asfalto e fanno
viaggiare con la mente indietro nel tempo. All’interno del Palazzo un negozio
con i cataloghi delle mostre e una libreria fornitissima: vorrei comprare tutti
i saggi sulla fotografia, sul cinema (Fellini), sull’arte. È incredibile la
cura del dettaglio, l’amore che chi gestisce questa libreria dimostra nei
confronti della cultura. Poi si torna a Bologna. E vediamo Rossella a cena
nella pizzeria Berberè: impasto artigianale, lievito di qualità, alta
digeribilità. La mia capricciosa è ottima, così pure la margherita della mia
amica di liceo. Erano 10 anni che non ci vedevamo, ma sia io che lei sappiamo
che, in fondo, non siamo cambiati molto da quando eravamo adolescenti, anche se
i nostri corpi sono invecchiati. Rossella ci parla della fatica che fa a
cercare d’insegnare qualcosa ai ragazzi di oggi: “L’altra mattina spiegavo l’apparato
riproduttivo e non avete idea delle battutine stupide. Poi, due alunni
marocchini molto palestrati mi hanno chiesto se potevamo presentare una lezione
sull’importanza dello sport e dell’alimentazione per avere un fisico come il
loro. Li ho lasciati fare: hanno scritto “l’alibido” (con l’apostrofo) e “problemi
rettili” (dimenticando la “e”). Dio mio che risate e che disperazione!”.
Ridiamo tutti. Il livello generale degli studenti delle superiori è basso in
tutto il mondo, evidentemente. Rossella ormai è quasi più bolognese che
abruzzese. Elogia la Spagna: anche dal punto di vista politico. Parliamo della
Meloni, della serie su Mussolini con Luca Marinelli, dei cortei dei fascisti
proprio lì, a Bologna, la rossa, la dotta, la grassa. Di come è difficile
pensare al cambiamento climatico e al regredire generalizzato con le guerre in
atto alle porte di quella UE nata proprio dalle macerie della Seconda Guerra
Mondiale. Poi parliamo di cinema e del Cinema Modernissimo che lei stessa mi ha
consigliato di visitare. Beviamo birra e poi vino, un bel San Giovese per
ricordare i bei tempi di una volta. Il giorno dopo dobbiamo ripartire per Roma
e poi il giorno dopo ancora per la Spagna. Ma stasera, intanto, abbiamo
annullato le distanze sia spaziali che temporali, abbiamo condiviso un pezzetto
di quella follia che è la vita, come diceva anche Sterne…
11 Gennaio 2025
Di mattina andiamo in stazione
per andare a Modena. L’obiettivo è pranzare con la migliore amica di mia madre,
prima di tornare a Bologna e da lì prendere l’Italo delle 18:52. Modena dista
appena mezz’oretta dalla capitale dell’Emilia Romagna. Visitiamo il centro
storico, poi, alle 12:30, ci viene a prendere il marito della migliore amica di
mamma e ci porta a casa sua: una villa in mezzo al nulla, circondata dalla
pianura e dagli alberi che svettano in mezzo a casolari che fanno pensare a Novecento, il film di Bertolucci. Maria
Paola ci ha preparato un pranzo succulanto, un vero pranzo di Natale: di nuovo
i tortellini, con panna e parmiaggiano reggiano doc; e poi le tigelle, con
insaccati vari e mortadella che solo a Bologna è così buona. Beviamo e
sorridiamo nel rimembrare mia madre che non si è mai decisa a prendere un treno
e a venire sù al Nord dal paesino sui monti abruzzesi in cui vive. Parliamo
della difficoltà di fare i genitori oggi. Ma sarà mai esistita un’epoca in cui
sarà stato facile fare il padre o la madre? Domanda retorica. Il marito di
Maria Paola torna a lavoro: lei ci riporta alla stazione. Sono le 17:00 ma
sembrano le 2 di notte. La stazione centrale è tutta un viavai. Italo parte in
perfetto orario (anche se mia madre preannunciava uno sciopero che non c’è
stato). Alle 21:05 siamo a Termini. Mio fratello non può venire a prenderci; ci
tocca prendere il taxi. Verso le 22:00 siamo tutti seduti nel salotto di casa sua
a mangiare pizza. Tornerò in Spagna con 3 o 4 kili in più, ma sono felice. La
felicità implica più peso corporeo. Ma ogni tanto fa bene rompere le regole e
non seguire dieta di sorta. Domani sarà il 12 Gennaio. Sarò in Spagna. La mia
seconda patria. Che difficile il ritorno alla routine dopo questo viaggio così
denso e bello e allettante. Quant’è dura tornare alla realtà di tutti i giorni.
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