miércoles, diciembre 30, 2009
martes, diciembre 29, 2009
Bouvard e Pécuchet, di Gustave Flaubert: un libro di libri che non conclude
“CLASSICI: si presume che si siano letti” (p. 273 dell’ed. Einaudi, Torino, 1996). Questa è soltanto una delle molte “idee comuni” raccolte nel Dictionnaire des idées reçues che segue al romanzo “impossibile” Bouvard et Pécuchet e il lettore si sente subito colto in fallo, sbeffeggiato, denudato davanti alla sua “banalità” di lettore di testi classici. E se è vero che Bouvard et Pécuchet lo è, è pur vero che noi contemporanei, in quanto lettori di questo “classico” ci troviamo ancora (sempre di più) spaesati perché non sappiamo proprio da che parte pigliarlo, come inquadralo, che senso trovargli.
La trama: due copisti s’incontrano un giorno per caso e fanno amicizia. L’uno lavora in una ditta di commercio, l’altro al Ministero. Entrambi si piacciono subito, trovano immediatamente idee e principi che li accomunano. Geniale la descrizione dei primi momenti della nascita di questa amicizia (come Don Quijote così pure Bouvard e Pécuchet: il fascino di questi capolavori sta anche nel modo in cui il tema “romanzesco” dell’amicizia tra i due protagonisti diventi un elemento trainante che cambia sia la trama sia i loro rispettivi caratteri):
“Mai a corto di argomenti, i due seguitavano a intrattenersi insieme; alle osservazioni seguivano gli aneddoti, alle considerazioni filosofiche i punti di vista personali. Vilipesero il genio civile, la manifattura tabacchi, il commercio, i teatri, la marina, l’intero genere umano, col risentimento di chi ha patito amare delusioni. Ognuno, ascoltando l’altro, riscopriva qualcosa di sé che aveva scordato. […] Più volte s’erano alzati da sedere, avevano fatto insieme la strada dalla diga chiusa a monte a quella a valle, erano tornati a sedersi: col proposito ogni volta di separarsi, ma senza mai risolvervisi, come prigionieri di un incantesimo” (p. 5).
E’ l’incantesimo dell’amicizia che, da questo momento in poi, li legherà fino a prendere la decisione della loro vita: basta vita di città, grazie al denaro ricevuto inaspettatamente in eredità da Bouvard, i due lasceranno Parigi e andranno a vivere in una bella casa in aperta campagna col proposito di dedicarsi all’agricoltura e al loro benessere fisico e mentale. Ma c’è di più: hanno in mente di dedicarsi allo studio come mai prima d’allora sono riusciti a fare per via dei loro rispettivi lavori. E qui la faccenda si complica: perché si da il caso che sia Bouvard che l’amico Pécuchet sono due tipi piuttosto impulsivi e onnivori. Quando decidono di studiare una materia, se la sorbiscono fino in fondo; leggono tutto d’agricoltura, pur non essendo mai stati prima dei contadini. Poi s’appasionano d’astronomia. E cominciano a spendere soldi per avere il miglior telescopio. Poi di geologia: e riducono la casa a un museo di fossili e pietre antiche, scavando lo scavabile nei dintorni della loro dimora. Poi di religione: e trasformano l’antico casolare in una specie di chiesa a cielo aperto, con croci e statue di San Pietro a fare da corredo.
Flaubert, a quanto lui stesso confessa in forma epistolare ad un collega (da quanto si evince dallo splendido saggio di Raymond Queneau annesso all’edizione Einaudi che maneggio – un saggio acuto, pieno di ironia, quasi sarcastico, nei confronti di Flaubert, eppure attento, penetrante, chiarificatore come pochi), lesse più di 1500 libri per “mimare” la “fame di sapere” dei due bonhommes protagonisti del romanzo. Italo Calvino lo ricorda (se non ricordo male) nel suo Lezioni americane, quando parla del valore della “molteplicità”. E questo è uno dei nodi del romanzo (anche se a questo punto chiamarlo solo “romanzo” può apparire non solo riduttivo, ma anche fuorviante): si snoda in molteplici direzioni, senza intraprenderne mai una in modo univoco e definitivo. Bouvard e Pécuchet sono degli “umanisti folli”, per certi versi, perché credono ancora nell’abilità delle parole nello spiegare il mondo che abbiamo davanti agli occhi, ma al contempo si accorgono del fatto che nessun libro potrà mai insegnare come si fa a coltivare quel determinato tipo di pianta; nessun articolo di medicina potrà dirci la verità ultima sul funzionamento della corteccia cerebrale; nessun prete riesce a convincerli delle verità religiose contenute all’interno della Bibbia e nessuna religione riesce a convincerli del dogma che professa…
L’affanno ulissiaco di conoscenza permette allo stesso Queneau di definire Bouvard et Pécuchet come una sorta di Odissea moderna. I due protagonisti (che a me ricordano molto da vicino Don Chisciotte e Sancio Panza) si mettono in viaggio nell’oceano immenso e pericoloso (perché privo di confini) dello scibile umano, ma non approdano a nessuna Itaca. Gli altri li snobbano; o addirittura li minacciano di azioni legali. Mentre loro due sono spacciati: non potranno più sopportare la visione (o l’ascolto) della stupidità umana. Il loro prossimo, impegnativo progetto sarà quello di stilare una specie di dizionario dei luoghi comuni; per smascherare la stupidità del genere cui (malgré eux) appartengono e per passare il tempo che gli resta da vivere (in quella casa che è stata museo archeologico, chiesa, fattoria, sala di mostre d’arte contemporanea, sala di consiglio, e così via – sarebbe interessante studiare sia lo spazio che il tempo in un romanzo in cui la percezione sia dello spazio che del tempo cambia in relazione al cambiare dell’atteggiamento “filosofico” e “investigativo” dei due protagonisti: sembra quasi che più i due studiano e più diventano ignoranti e più tendono a modificare lo spazio che li circonda – rendendolo più malleabile – e il tempo che passano insieme – un tempo che più li vede invecchiare e più li vede farsi “giovani” di spirito; la curiosità di Bouvard e Pécuchet è ciò che non li fa invecchiare e, anzi, li spinge a osservare con occhi sempre attenti e giovani le fette di realtà su cui la loro curiosità sempre viva fa poggiare i loro sguardi).
Un romanzo “onnivoro”, dunque, questo romanzo postumo (e inconcluso) di Flaubert; un romanzo sul Tutto che finisce col coincidere col Nulla. Un romanzo sul niente. Perché il Tutto è pieno di contraddizioni e non si riesce a trovare la strada che ci potrebbe condurre alla Verità (è per questo motivo che parliamo di un "libro che non conclude": perché proprio non può concludere; né rientra nelle facoltà (e tantomeno nel progetto) di Flaubert il concluderlo. Da un lato, dunque, giusto destino, quello di un libro che non conclude (e viene pubblicato postumo) perché non ne esiste un finale né potrebbe esisterne. E strano destino, dall'altro lato, quello di questi due poveri cristi: studiare, leggere tanto e di tutto, con la vaga speranza di arrivare a capire qualcosa del mondo infinito che li circonda; accorgersi, poi, che nessun libro al mondo potrà mai dire l’ultima parola su nulla, perché è tutto molto più complicato di quanto appare. Non ci resta che il già citato Dizionario dei luoghi comuni: un’enciclopedia del sapere all’incontrario (che Jorge Luis Borges dovette trovare molto divertente; o quantomeno interessante, un pezzo prezioso da riporre all’interno della sua ipotetica Biblioteca di Babele):
QUADRATURA DEL CERCHIO: Non si sa cos’è, ma quando se ne parla, un’alzatina di spalle ci sta bene.
POESIA (LA): Del tutto inutile. Fuori moda.
TEMPO: Eterno argomento di conversazione. Lamentarsene sempre. Causa universale di malattie.
ITALIANI: Tutti musicisti. Traditori.
LIBRO: Qualunque esso sia, sempre troppo lungo.
LETTERATURA: Occupazione di oziosi… (infatti).
miércoles, diciembre 23, 2009

Quello che colpisce è innanzitutto l'originalità del plot: lo spettatore intuisce che si tratta di un film di vampiri, ma capisce anche subito che qui si trova davanti a una storia di vampiri davvero originale. La protagonista è Eli, una ragazzina di 12 anni, dall'odore strano, a detta di Oskar, il fanciullo biondo coetaneo che le abita affianco. Occhioni verdi e capelli perennemente smunti, Eli diventa poco a poco amica e confidente di Oskar, un tipo timido che non riesce a difendersi dagli atti di violenza dei bulli della sua classe. Eli vive da sola con il padre, un uomo ambiguo sin dalle prime inquadrature del film. Se in un primo momento potrebbe sembrare un pedofilo che ha appena accalappiato la preda, nel corso della trama ci dimostrerà tutta la sua umanità di padre in quando succube di una figlia che lo maltratta e, addirittura, lo spinge a raccogliere letteralmente per lei il sangue umano di cui questa si nutre.

sábado, diciembre 19, 2009
viernes, diciembre 18, 2009

Penso al grande scrittore Roberto Arlt e a quella mattina del 1929, quando i colleghi lo trovarono nella redazione del giornale con i piedi sopra il tavolo e senza scarpe, piangendo, con i calzini bucati. Davanti a sé aveva un bicchiere con dentro una rosa appassita. Davanti alle domande e alla preoccupazione degli amici, disse:
“Ma non vedete il fiore? Non vi rendete conto del fatto che sta morendo?”
Sono le quattro del mattino a Barcellona e sono io ora quello che ha davanti a sé un bicchiere con una rosa che appassisce. Il bicchiere non smette di preoccuparmi, ma mi permette di pensare ancora di più a Roberto Arlt. In realtà, penso a lui da ieri, da quando un amico letterato mi ha chiesto se, come aveva fatto Arlt in altre occasioni, mi ero mai soffermato a riflettere sulle finestre illuminate alle quattro del mattino. Ha fatto una pausa e poi ha aggiunto: “Ci sono parecchie storie lì dentro”.
Ed è vero. Ce ne sono molte. Lo so bene io ora, perfettamente insonne nella mia personale zona d'angoscia, alle quattro del mattino. Il punto è che ho appena visto, oltre alla rosa appassita, la misteriosa finestra appena illuminata di un vicino e mi sono chiesto immediatamente che storia si nasconderà dietro di essa, cosa starà succedendo in quell'interno.
A Roberto Arlt, uomo di grande intuito, le finistre illuminate a notte fonda lo tenevano sveglio per molte notti interminabili: “Niente di più curioso nel cubo nero della notte di un rettangolo di luce bianca. Chi c'è là dentro? Giocatori, ladri, suicidi, malati? Sta nascendo o morendo qualcuno in quel luogo? Finestra illuminata a notte fonda. Se si potesse narrare tutto ciò che si nasconde dietro i tuoi vetri smerigliati o rotti si potrebbe scrivere il poema più angosciante che l'umanità possa mai conoscere”.
Guardando dalla mia zona d'angoscia la finestra illuminata del vicino, la mia immaginazione s'è destata e ho pensato, in primo luogo, a qualcuno che a quest'ora sta navigando nell'infinita rete dello schermo del suo computer. Non so perché ho scelto questa opzione. Il fatto è che spesso, iniziando da una zona d'angoscia un testo sonnambulo come questo, pretendo di realizzare un atto che mi permetta di situarmi in quel mondo. Ma è pur vero che, non appena scrivo la prima frase, la mia angoscia mi lascia in bocca qualcosa di simile a un retrogusto di pianto davanti a una rosa appassita, poiché vedo che il mio mondo è divenuto subito limitato.
La mia angoscia deriva dal mio desiderio di essere domani una persona diversa, qualcuno che non resta legato alla prima frase dei suoi testi. E riesco a calmarmi adesso pensando che il mio vicino sta spiando un'altra finestra illuminata a tarda notte, e quella finestra è la mia, e per lui io posso essere ora sul punto di suicidarmi, o forse di festeggiare per una vincita al casinò o, semplicemente, qualcuno a cui si sono bruciate le pupille a forza di guardare la rosa appassita o lo schermo del computer.
Finestre che sono fari nel cuore della notte. Ci sono molte storie dietro di loro. Storie di ladri con la torcia o di moribondi in procinto di dettare le ultime volontà. Storie di madri che, ubriache di sonno, s'inclinano su una culla. Storie di coppie che fanno l'amore o di tizi che chiacchierano del mistero dell'universo. Storie d'insonni che pensano che il poema più angosciante che si possa scrivere sull'umanità si trova lì, dietro le finestre illuminate alle quattro del mattino.
Finestra illuminata del vicino, quella che contemplo adesso. E' la finestra di uno che si è affacciato sulla rete e ha a sua disposizione il mondo intero, senza limiti. Ha anche me, spia sterile che spera che domani sia un altro giorno e che io non continui ad essere colui che ha scritto questo testo che è nato sonnambulo a notte fonda. Chissà se domani riuscirà ad essere un altro, anche se credo che continuerò ad essere colui che ancora una volta proverà a situarsi in questo mondo e che, per questo, dalla grande zona d'angoscia della rete, tornerà a scrivere la prima frase sonnambula di un testo che, ancora una volta, sarà incapace di comprendere un mondo che, come la profonda aria azzurra, non è in nessun luogo ed è interminabile.
Traduzione mia del brano "Ventanas iluminadas", disponibile in versione originale sul sito di Enrique Vila-Matas al link: http://www.enriquevilamatas.com/textventana.html
lunes, diciembre 14, 2009
.jpg)
A me piace pensare che quei due, dopo la tempesta, ritroveranno l'amore perduto che ha permesso loro di mettere al mondo quel bambino che si nutre del latte materno e che, probabilmente, non sa ancora nulla della vita, né di come va il mondo, né di cos'è un lampo o un tuono, o una tempesta...che s'intuisce, ma non si vede. Che si addensa nel cielo del quadro ed è sempre in procinto di esplodere.
martes, diciembre 08, 2009

Ecco allora come le conigliette di Playboy sbarcate con gli elicotteri in una base americana diventano il "correlativo oggettivo" (per dirla con T.S. Eliot) delle Sirene omeriche; e come il capitano Kilgore (quel pazzo che pretende di fare surf cavalcando le onde in mezzo ai bombardamenti aerei) svolga il ruolo di una sorta di Polifemo privo di ogni morale; Kurtz, seguendo questa lettura, sarebbe una specie di Zeus incazzato, una sorta di divinità assoluta in crisi d'identità e in cerca di un nemico vero da abbattere o ammirare...
domingo, diciembre 06, 2009

David Lynch: non lo "lyncheremo" più Ieri sera, verso le 20:00 (l'ora di cena per me, all'italiana), mia cugina mi manda ...

-
David Foster Wallace docet Un anno fa moriva suicida David Foster Wallace. Sono già iniziate le commemorazioni, la pubblicazione delle opere...
-
Dedicato a Silvia, l'amica di "Impressioni di vita" Seneca osserva: "L'uomo è destinato a tornare alla vita, e perciò...
-
Letture pasquali Provo a leggere, in queste vacanze pasquali, tra una corsa in bicicletta in alta montagna e le mangiate assurde previste da...