martes, julio 28, 2020

Continuando ad aspettare l'evolversi degli eventi



Leggo dalla pagina Facebook dei fan di Nuccio Ordine una bella recensione dell'autore de L'utilità dell'inutile ad un saggio di Enrico Terrinoni intitolato Oltre abita il silenzio. Tradurre la letteratura (Milano, Il Saggiatore, 2019). Si tratta di un libro anomalo, a metà tra lo studio scientifico sul "tradurre" e la confessione autobiografica (e d'amore) attorno alla relazione (sentimentale e complessa) tra il traduttore (Terrinoni) e lo scrittore tradotto (James Joyce). Si chiede - giustamente - Nuccio Ordine: "Come si fa a tradurre l'intraducibile? Quanti anni, quanto sforzo, quanta umiltà ci vuole per tradurre in italiano romanzi come l'Ulysses o Finnegans Wake?" (cito a memoria e, dunque, non verbatim). Ed in effetti come si fa?

È da diversi mesi che ho portato a termine la traduzione di cento microracconti di un autore spagnolo quasi sconosciuto, ma molto apprezzato dagli happy few. Qualcuno lo definisce "el secreto mejor guardado de la literatura española de estos últimos años" (ovvero, "il segreto meglio conservato della letteratura spagnola degli ultimi anni"). È un autore che scrive racconti e romanzi fantastici, che sguazzano nell'irreale e nel surreale, ma lo stile che adotta per questo tipo di narrazioni è apparentemente piatto, quasi notariale, ed è stato difficile, a volte, tradurlo, proprio per mantere anche in italiano questa cifra stilistica così sua, così particolare, così apparantemente "neutra".

Intanto, Sandro Veronesi ha vinto davvero il Premio Strega e da parte de La Nave di Teseo (che, tra le altre cose, pubblica anche Nuccio Ordine) nessuna risposta; segnalavo loro una mia recensione positiva a Il colibrì (cfr. post di qualche tempo fa) e nulla, niente, il silenzio e uno si domanda (di nuovo): ma sarà il modus operandi standard di tutte le case editrici mettere a disposizione un'indirizzo email sapendo che tanto poi non risponderanno a nessuno (sia esso aspirante scrittore, romanziere rinomato, giornalista incuriosito o professore universitario di materie umanistiche?).

E allora, preso da sdegno, ho scritto di nuovo io, sapendo che non mi leggeranno o mi cestineranno ancora prima di aprire l'email e ho scritto loro per spiegare: a) che ero davvero e sinceramente felice della vittoria di Veronesi; b) che ero dispiaciuto da una tale forma di maleducazione cibernetica (nemmeno un'email di risposta automatica?) e che c) mi avevano un po' deluso, calcolando che sono stato sempre un loro fan e che ammiravo molti dei loro autori in catalogo (a partire da Nuccio Ordine, per passare da Veronesi e Umberto Eco).

E intanto, sono ancora qui che attendo l'evolversi degli eventi: se il coronavirus non ce lo impedirà all'ultimo momento, il 2 agosto tornerò in Italia e ci resterò fino al 28; poi, di nuovo, covid-19 permettendo, dovrei tornare qui, in questa casa in cui ho vissuto i 3 mesi del confinamento, in cui mi sono stressato tanto, in cui ho sofferto una terribile insonnia cronica, in cui mi sono drogato di tg e di notizie angosciantissime.

È il 28 luglio e mancano solo 4 giorni alla partenza e nell'attesa dell'evolversi degli eventi mi metto a guardare fuori dalla finestra: i lampioni accesi; un caldo asfissiante anche di notte (di giorno abbiamo raggiunto i 35 gradi); poche persone in giro; qualche luce accesa negli appartamenti di fronte; qualche foglia secca che sembra anticipare addirittura l'autunno...


martes, julio 14, 2020

Aspettando lo svolgersi degli eventi


Sono le ore 18:14 e, per la prima volta da diversi mesi, mi godo il silenzio di questa casa senza la prole attorno a far chiasso (grida, pianti, lamenti infantili immaginari che, a volte, hanno il potere di spingerci al suicidio o ad atti ancora più convulsi: tiro il computer dalla finestra o butto giù voi? Che famo? Dai, ora tocca a te! Ha fatto la cacca! No! Ma un'altra volta? Di nuovo? Non è possibile, cazzo! Ma cosa gli dai da mangiare a questa creatura? Gli "diamo", prego, non sono mica solo io quella che decide il menù del giorno, ti piacerebbe, vero?!).

E mentre il silenzio mi culla, leggo il bellissimo saggio The Story of Looking di Mark Cousins: un libro che illumina la mente, oltre agli occhi. Un saggio scritto con uno stile piano, un linguaggio non specialistico, ma ricco di spunti che ti spingono a riflettere, a prendere la matita per sottolineare alcune frasi che diventano quasi aforismi, porte che si aprono verso mondi di significato che prima intuivi soltanto, mentre ora, grazie al modo di guardare la realtà e le immagini di Cousins, riesci a osservare da un punto di vista inedito (una frase al volo, tra le tante su cui tornare a riflettere a lettura completata: "Una casa è piena di segreti visivi"; ed è così, accidenti, basta aprire il cassetto del comodino accanto al letto per scoprire mille enigmi intimi, scontrini di compere fatte chissà quando, biglietti del treno di quando ancora vivevamo in Italia e ci spostavamo lungo l'asse Firenze-Pisa - con diverse fermate a Empoli - o Firenze-Roma - con quello strano cartello di Orte; profilattici scaduti, metonimie di rapporti sessuali sognati e mai realizzati; calzini bucati di cui vergognarsi, se qualcuno li scovasse lì in mezzo a tutte quelle carte e foto di ex-amanti che a quest'ora chissà dove saranno e con chi e come avranno affrontato la pandemia di quasi 4 mesi).

Leggo e mi guardo attorno e assaporo questo silenzio, interrotto ogni tanto solo dal cinguettio degli uccellini in terrazza...

Poi un suo messaggio dal Whatsapp (dovrei tenere il cellulare a debita distanza, quando leggo un libro che mi prende così tanto, lo so, ma da quando siamo genitori, è più forte di entrambi, dobbiamo essere sempre reperibili l'uno nei confronti dell'altro, soprattutto quando l'altro è uscito in macchina con la prole per andare a fare la spesa al più grande centro commerciale della zona): "Non c'è Qualità Rossa, ti va bene lo stesso Lavazza Crema e Gusto?". Accontentiamoci. La vita è amara. Ma il caffè di marca italiana è cosa giusta e necessaria (è sempre cosa giusta e necessaria, soprattutto dopo una pandemia).

Il primo piano di una capra da un film di Tarkovskij (L'infanzia di Ivan?). E Mark Cousins si domanda: ma come ci guardano gli animali? E cosa vedono di noi? E come siamo soliti guardare noi gli animali? Com'è cambiato questo sguardo, nel corso dei secoli, oggi che non abbiamo quasi più contatti diretti con gli animali, se si eccettuano quelli da compagnia, come cani e gatti?

Ecco: sono queste le domande che si pone (e ci pone) uno come Cousins; domande che mi fanno venire in mente altri due saggi sulla fotografia (e sulla questione di come interpretiamo le immagini) altrettanto brillanti e che meritano il plauso di ogni lettore attento...Mi riferisco al Geoff Dyer di L'infinito istante. Saggio sulla fotografia (Torino, Einaudi, 2007) e al Joan Fontcuberta di La furia de las imágenes. Notas sobre la postfotografía (Barcelona, Galaxia Gutenberg, 2016). Due libri eccezionali che illuminano le (ancora oggi) molte zone d'ombra prodotte dalle immagini che creiamo o che abbiamo creato (nei secoli) attraverso una macchina fotografica. Che saggi! Che spasso!

E mentre aspetto l'evolversi degli eventi (potremo tornare in Italia? Ci lasceranno uscire dalla Spagna? Non è pericoloso? Non sono un po' troppi i nuovi focolai del coronavirus? Le autorità stanno davvero monitornando la situazione? È davvero tutto sotto controllo?), giro pagina e dopo il primo piano tarkovskijano della capra m'imbatto nel primo piano struggente e in lacrime di Marina Abramovic, l'artista contemporanea che ha inventato l'installazione (o "performance") The Arist is Present (al MOMA di New York, se non ricordo male, nel 2010). 

Sì, è lei. L'artista è davvero "presente": seduta per più di 700 ore, Marina si limita a guardare negli occhi tutti coloro che abbiano voglia di sedersi di fronte all'artista. E tra questi "tutti", non dimenticherò mai l'emozione della scena, ecco che spunta il suo ex-fidanzato, compagno di avventure e di scorribande artistico-rivoluzionarie giovanili. Questo Mark Cousins non lo dice, sono io che l'aggiungo e lo ricordo: quando Marina ri-apre gli occhi e se lo trova davanti, scoppia a piangere. Sono passati decenni dall'ultima volta che si sono visti, ma il passato non passa, se ci sono di mezzo i sentimenti (o se c'è stato di mezzo Eros). Marina piange e lui, il suo ex, gli stringe forte le mani, allunga le braccia verso di lei, come a volerle dire: "Ehi, stai tranquilla, sono qui per te, faccio il tifo per te, continua così, vai alla grande"... E noi piangiamo insieme a Marina. Anche in questo caso, è davvero tutta una questione di "sguardi".

Letture pasquali Provo a leggere, in queste vacanze pasquali, tra una corsa in bicicletta in alta montagna e le mangiate assurde previste da...