jueves, junio 30, 2016



 L'origine del mondo: una poesia di Carlos Marzal


Non lo conoscevo Carlos Marzal; non sapevo neppure che fosse un poeta; e che fosse nato a Valencia nel 1961; e che per le sue opere avesse ricevuto dei riconoscimenti importanti, qui in Spagna, che è da dove scrivo questo folle "diario di bordo" di uno che vive ai "bordi" della vita...

E così, l'altro giorno, per caso, navigando in rete, mi sono imbattuto in questo poema che mi permetto di riprodurre in questo spazio virtuale, senza tradurlo, perché penso che la musicalità dello stesso possa essere apprezzata anche da un lettore italiano, o da un lettore di qualunque altra nazionalità che non conosca lo spagnolo... 

È un poema lungo che cerca di spiegare (o ancora meglio, di "cantare") un mistero enorme, irrisolvibile, affascinante come pochi: quello legato all'organo genitale da cui tutti deriviamo... quell' "origine del mondo" che è anche il titolo di un famoso quadro che, ancora oggi, nel 2016, fa parlare di sé e crea polemiche infinite, quel primo piano di una vagina che Gustave Courbert dipinse nell'ormai lontano 1866 e che io potei vedere dal vivo nell'estate del 2008 al Museo d'Orsay, quando scoprii per la prima volta le bellezze di Parigi...

Dedicato a tutti quelli che si sentono (si sono sentiti, si sentiranno sempre) "esclavos del deseo" (o, il che è lo stesso: "schiavi del desiderio"). Perché, in fondo, lo siamo tutti... schiavi del desiderio...


El origen del mundo

                                                                  A Felipe Benítez Reyes

No se trata tan sólo de una herida
que supura deseo y que sosiega
a aquellos que la lamen reverentes,
o a los estremecidos que la tocan
sin estremecimiento religioso,
como una prospección de su costumbre,
como una cotidiana tarea conyugal:
o a los que se derrumban, consumidos,
en su concavidad incandescente,
después de haber saciado el hambre de la bestia,
que exige su ración de carne cruda.

No consiste tan sólo en ese triángulo
de pincelada negra entre los muslos,
contra un fondo de tibia blancura que se ofrece.
No es tan fácil tratar de reducirlo
al único argumento que se esconde
detrás de los trabajos amorosos
y de las efusiones de la literatura.

El cuerpo no supone un artefacto
de simple ingeniería corporal;
también es la tarea del espíritu
que se despliega sabio sobre el tiempo.
El arca que contiene, memoriosa,
la alquimia milenaria de la especie.

Así que los esclavos del deseo,
aunque no lo sospechen, cuando lamen
la herida más antigua, cuando palpan
la rosa cicatriz de brillo acuático,
o cuando se disuelven dentro de la hendidura,
vuelven a pronunciar un sortilegio,
un conjuro ancestral.
                                             Nos dirigimos
sonámbulos con rumbo hacia la noche,
viajamos otra vez a la semilla,
para observar radiantes cómo crece
la flor de carne abierta.

La pretérita flor.

Húmeda flor atávica.
El origen del mundo.

Carlos Marzal, Metales Pesados, Barcelona, Tusquets, 2001.

jueves, junio 16, 2016


 STATISTICHE E BACI





“La statistica afferma che spesso chi dà il primo bacio nel seguito del primo amplesso sarà quello che ne uscirà male”. 

Questa frase mi risuona nel cervello mentre torno a casa in bici; in realtà, la frase è un verso di una canzone di un gruppo italiano di “indie-rock” (sic.) denominato I cani (non male, devo dire, sono molto ballabili, e il cantante ha una voce strana che cattura; alquanto strano, scoprirli stando in Spagna, invece che in Italia). La canzone s’intitola “Le coppie” e, come deducibile dal titolo, parla della vita di coppia. I fidanzati che vanno a cena fuori, poi a un concerto, poi tornano a casa. Insomma, la routine della vita di tanti (anche della mia, quando ero studente e vivevo a Pisa e poi a Firenze con la mia fidanzata d’un tempo).

E poi, verso la fine della canzone, appare questa variante:
“La statistica afferma che spesso il primo a staccarsi dal primo dei baci è lo stesso che alla fine dirà di troncare”.

E mi viene da domandarmi: ma queste due affermazioni non sono poi speculari? E poi: ma le due affermazioni hanno (possiedono) un che di verità? Si avvicinano alla realtà dei fatti? Chi fu, tra i due, a dare quel primo bacio sul Ponte Vecchio, quella sera d’estate? Chi si staccò per primo dopo i baci dell’ultimo amplesso? Ma soprattutto: eravamo coscienti, io e la mia ex, del fatto che quello sarebbe stato (ahinoi) l’ultimo amplesso?

Quante domande assurde, ne converrete. Domande che fanno rima con alcune frasi che appaiono in un racconto che ho scritto tra il 21 Maggio e il 6 Giugno, un racconto che parla di tradimenti (tanto per cambiare) e di coppie e di amore e di sesso e di passioni irrefrenabili… Erano anni che non scrivevo un racconto così lungo (20 pagine) in così poco tempo (in genere, un racconto posso portarmelo appresso anche 6 o 7 mesi, prima di arrivare al punto finale – che poi non è mai quello “finale” e definitivo…almeno, non lo è una volta che ho finito e riletto il tutto).

La persona che mi ha ispirato il racconto sa che è stata la fonte d’ispirazione dello stesso, ma ancora non ha avuto il tempo (e il modo) di leggerlo. Succede sempre qualcosa. C’è sempre qualche imprevisto che c’impedisce di vederci. Sembra che sia destino che non riesca ad entrare in possesso di queste 20 pagine (è una lettrice accanita e della vecchia scuola: le sembrerebbe triste ricevere il file Word e leggermi sul pc, preferisce la carta stampata).

E insomma: i casi della vita fanno sì che colei che mi ha ispirato il racconto sia ancora ignara del contenuto dello stesso benché abbia manifestato una gran voglia di leggerlo. E i casi della vita vogliono anche che io m’imbatta nella canzone succitata de I cani mentre corro come un folle in bici sotto al sole d’estate e a 35 gradi centigradi all’ombra.

Chi ne uscirà male da tutta questa storia? Non lo so proprio. E poi non è detto che lei si riconosca nella protagonista femminile che sta al centro del racconto; né è detto che si veda rispecchiata nei fatti che si raccontano attraverso il filtro della “finzione”. E, di fatto, forse non è poi nemmeno producente scrivere un racconto pensando solo ad una determinata persona reale; i racconti devono respirare un’atmosfera amplia, diventare “universali”, cattutare la fotografia di un momento trasformandola in una radiografia valida in un senso più generale (pensiamo alle favole).

E insomma, e per farla finita: è vero che “il primo a staccarsi dal primo dei baci è lo stesso che alla fine dirà di troncare”? È vero che “spesso chi dà il primo bacio nel seguito del primo amplesso sarà quello che ne uscirà male”?

Mi verrebbe voglia di chiamarla, la mia ex, per chiederglielo e verificare qual è la versione corretta (se la sua o la mia o se entrambi coincidono)...

Letture pasquali Provo a leggere, in queste vacanze pasquali, tra una corsa in bicicletta in alta montagna e le mangiate assurde previste da...