sábado, noviembre 30, 2024

NUBI


La parola "crisi" aleggia in casa come una nuvola che minaccia pioggia. C'è stato un dottorando, francese, di Grenobles, che ha rinunciato a viaggiare nel Sud del Sud della Spagna in cui mi trovo e in cui ho coordinato da poco un progetto europeo sulle immagini della violenza in letteratura per paura della DANA e delle alluvioni che hanno devastato alcuni paesi dei dintorni di Valencia. E poi c'è la parola "stress" che è legata sia allo sforzo extra dovuto alla coordinazione del progetto, sia all'ansia di chi mi accompagna in quest'avventura assurda che è la vita per un altro impegno accademico che determinerà tutta la sua carriera futura (e chissà se, di riflesso, anche la mia vita).


E, infine, c'è la parola "solitudine": un bene prezioso di cui posso godere solo di rado, che molti evitano o di cui molti hanno paura e, invece, a me sembra un'opportunità per frenare, per fare le cose con calma, per poter leggere in profondità, per poter godere come si deve di un buon film (o di un buon vino).


Ho scritto a uno scrittore italiano che ho avuto ospite (per un altro progetto che non ha nulla a che vedere con quello succitato) perché avevo voglia di fargli sapere di quanto sia piaciuto un suo romanzo in un congresso su "letteratura e misticismo" (l'autore in questione è agnostico, o sicuramente ateo, o certamente lontano anni luce dalla religione cattolica). Poi ho chiamato per telefono un altro scrittore, questa volta spagnolo, per il semplice desiderio di sapere come sta, perché è anziano, ultranovantenne e certe telefonate vanno fatte, prima che sia troppo tardi...


Questa sera, invece, andrò al cinema a vedere La vita degli altri (di Florian Henckel von Donnersmarck, del 2006): un film che fa riflettere e che colma la solitudine di chi forse, un sabato 30 di novembre, non dovrebbe passare così tanto tempo da solo. Poi si vedrà. Sperando che la "crisi" e lo "stress" vadano via o si attenuino o diventino qualcos'altro...

viernes, noviembre 15, 2024

 Il passato che torna

Ieri ho fatto una cosa che avrei dovuto evitare: ho aperto una cartella piena di foto del passato e, ovviamente, il passato è tornato a vivere il presente, ad invaderlo, a occuparlo in modo immediato e inevitabile, senza chiedermi il permesso.

Mi torna in mente una canzone dei Zen Circus, una canzone che s'intitola Catene e che a un certo punto dice: "Il tempo viaggia sempre e solo in una direzione / Mentre in quella opposta trovi solo le macerie / I vecchi lo sanno bene, lì è meglio non andare". E come dare torto a chi ha scritto queste parole? A volte è meglio non andarci nel passato, perché ci sono fantasmi che poi ci fanno venire gli incubi o persone che abbiamo amato in modo ossessivo e che oggi ci hanno dimenticati, altre che non ricordavamo di aver conosciuto e che, all'improvviso, ci mettono davanti alla nostra mortalità, al fatto cioè che, come loro, anche noi siamo condannati a cadere nell'oblio degli altri (o di alcuni altri che hanno attraversato le nostre vite come si attraversano le strisce pedonali in una città in cui non si tornerà più, viaggio di solo andata, città vista e non vista, o intravista solo dai finestrini di una macchina o del treno).

Il tempo viaggia sempre e solo in una direzione e nessuno può pretendere di bagnarsi due volte nelle acque dello stesso fiume, né può pensare di bruciarsi due volte nello stesso fuoco.

Ho chiuso la cartella, ho smesso di guardare certe foto, in preda a uno stato d'animo saturnino che, a sua volta, mi ha evocato l'angelo che non vola, l'essere sovrannaturale con la mano sulla guancia e il gomito sul ginocchio che Albrecht Dürer disegnò nel lontano 1513 (ovvero, 511 anni fa). Tutti ricorderanno che in quell'illustrazione (incisione a bulino) l'angelo in questione è circondato da un sacco di oggetti dal valore simbolico e anche alquanto inquietante: si vede una clessidra (il tempo che passa); strumenti della matematica e della geometria per misurare la realtà in modo scientifico; una scala che porta chissà dove e un rombo fatto di chissà che materiale (pietra? marmo? legno?); un pipistrello che tra le zampe sostiene un pezzo di stoffa con su scritto il titolo dell'illustrazione: Melancolia I (perché I? C'è anche un II?); appare anche un cane mezzo addormentato, tra un martello e dei chiodi sparsi per terra. 

Ecco, guardando lo sguardo triste di quest'angelo misterioso ho pensato che la prossima volta farò più attenzione, perché, all'interno dei nostri computer, alberghiamo pezzi del passato che possono fare male o, addirittura, indurci a pensieri tristi, per non dire deprimenti...

PS: che fine faranno tutte queste cartelle "segrete" all'interno dei nostri pc (scatole nere) quando non esisteremo più? Cosa penseranno di noi gli eventuali testimoni che potrebbero imbattersi nelle foto custodite in queste cartelle?


 David Lynch: non lo "lyncheremo" più Ieri sera, verso le 20:00 (l'ora di cena per me, all'italiana), mia cugina mi manda ...