martes, diciembre 31, 2024

Il tempo (passa)


Mentre la mia compagna d'avventure impara a suonare la fisarmonica e mio fratello si arrabatta tra i saluti di Capodanno e gli impegni lavorativi con il suo studio legale, io finisco un articolo sul Quijote e il cinema, l'ultimo articolo scritto nel 2024...(anche se verrà pubblicato nell'estate del 2025, se non ci sono intoppi e tutto va bene: un motivo di orgoglio e di allegria perché la rivista che lo pubblicherà è una delle più importanti nell'ambito della critica letteraria spagnola).


Don Chiosciotte è un'immagine, prima ancora che un personaggio letterario: tutti sanno (o saprebbero) disegnarlo, perfino coloro che non hanno mai nemmeno letto una pagina dell'opera di Cervantes. Non si può dire lo stesso né di Emma Bovary né di Amleto, né di Leopold Bloom né tantomeno di Julien Sorel o Raskolnikov. Don Chiosciotte è quel matto allampanato sui cinquant'anni (un anziano all'epoca di Cervantes) che se ne va in giro a raddrizzare torti e a difendere i più deboli delle ingiustizie del mondo in compagnia di Sancio Panza, un contadino basso e paffutello che lo segue con il suo asino in attesa di conquistare chissà quali isole ricche e piene di cibo e sole.


Mi piace l'idea di finire l'anno con uno dei miei personaggi (e dei miei romanzi) preferiti. L'ombra lunga di Cervantes si proietta anche in alcuni capitoli del libro, quello che dovrò finire e provare a pubblicare entro il 2025. 


E come ogni ultimo dell'anno, potrei anch'io (come milioni di persone) avvertire l'esigenza di fare un bilancio, ma non lo faccio, perché più passano gli anni e più provo a cogliere l'attimo, a vivere il presente, a godere dell'attimo che passa, come ora, proprio come adesso che s'intravede un cielo luminoso, nonostante una leggera nebbia che scende dalla montagna. Un uccello l'attraversa per venire a posarsi un secondo sul davanzale della finestra della cameretta in cui ho trascorso l'infanzia e l'adolescenza. Un'aereo lascia una scia e chissà dove va, dove è diretto (speriamo non caschi, come cadono ultimamente troppi aerei). Un gatto scodinzola e si intrufola sotto una macchina di un vicino che non conosco. Il tempo passa. Passerà anche questo 31 dicembre del 2024.

domingo, diciembre 29, 2024

 Oggi


Allora, oggi è sabato 28 dicembre del 2024 e io sono riuscito a tornare in Italia sano e salvo. Non ci sono stati incidenti aerei, né imprevisti mortali, anche se un raffreddore tremendo e un forte mal di schiena mi hanno obbligato a prendere medicinali e a stare disteso a letto per tutta la giornata, dopo quasi 10 ore e mezzo di spostamenti in macchina, aereo, bus. Roma è inondata dal sole, anche se fa freddo. Il paesino sui monti abruzzesi in cui sono nato è circondato dalle vette innevate (triste la notizia dei due amici morti assiderati sul Gran Sasso...una montagna che mi ha fatto sempre paura e su cui non sono mai riuscito a salire).
I miei fratelli mi conoscono bene e così, sulla scrivania, mi attendono due saggi molto belli e molto densi: Visus (Torino, Enaudi, 2024) di Riccardo Falcinelli e Pensare con gli occhi (Milano, Mimesis, 2017) di Harun Farocki. Ultimamente, oltre che dalla scrittura del libro, sono ossessionato dai saggi sull'immagine. Mi chiedo perché sia così ossessionato da questo argomento. E non trovo risposta, anche se mi sembra che il saggio di Falcinelli sul volto e quello di Farocki sul pensare con gli occhi facciano rima interna tra di loro (sono certo che da entrambi riceverò una montagna di stimoli, informazioni, sollazzo e piacere sia visuale che intellettivo).
Oggi è 28 dicembre del 2024, ergo, mancano appena 3 giorni per dare fine a quest'anno e inizio al 2025. Desideri nel cassetto: riuscire a vedere stampato il libro (ho appena aggiunto una nota al pie di pagina che non so se lascerò al suo posto; per ora si viaggia a quota 208 pp.). 
Il mal di gola persiste, quello di schiena pure, anche se leggermente meno doloroso. Domani andremo a vedere molto probabilmente l'ultimo film di Pedro Almodóvar, La stanza accanto, o La habitación de al lado, di cui ho letto recensioni molto positive. 
Di notte, m'imbatto in uno dei primi film di Almodóvar, ¡Átame!, ovvero, Legami!, con due giovanissimi Antonio Banderas e Victoria Abril, e mi ha fatto effetto vederlo all'interno di un ciclo chiamato "España carnal". Mi domando (ancora oggi) da dove deriva questa tendenza tutta italiana (tutta nostra e nostrana) a identificare "l'ispanicità" nella "carnalità" e nella "passionalità", nel Sesso e in Eros... C'entrerà qualcosa anche il mito della Carmen di Bizet? Non tenderanno per caso anche i francesi a far coincidere la Spagna con la carnalità?

jueves, diciembre 26, 2024

 Domani

Allora, domani torno in Italia: sarà il 27 dicembre del 2024, ancora 2024, ancora per poco. Dunque, immaginiamo che domani l'aereo su cui volerò cadrà a terra e io non ci sarò più. Il libro è rimasto in una cartella che si chiama "Libro LG", all'interno di un'altra cartella piena di articoli, capitoli sparsi, appunti. 
Oggi il libro dura 207 pagine, ma, molto probabilmente, alla fine, ne conterrà di meno (per evitare le inutili ripetizioni e perché, forse, eliminerò alcune note troppo lunghe o prolisse). Ecco: immaginiamo un 27 dicembre del 2024 che vede la fine della mia vita. Immaginiamocelo. Non solo mi perderò il resto della vita da vivere, ma non riuscirò mai a vedere pubblicato il libro e, soprattutto, non ce la farò a farne dono all'autore soggetto oggetto della mia ricerca. 
Voglio proprio vedere come va a finire. Ovviamente, faccio gli scongiuri e spero che domani l'areo arrivi sano e salvo con tutti i suoi passeggeri a bordo, felici e contenti di toccare il suolo italico, di tornare a Roma capoccia, di riassaporare le bontà della cucina italiana...

martes, diciembre 17, 2024

 Gli alti e i bassi

Ci sono molti "alti" e "bassi", nel processo di scrittura di un libro. Ci sono giorni in cui la scrittura sembra davvero scaturire in modo spontaneo e fluire senza freni, libera, chiara, cristallina. E altri in cui si fa davvero fatica a scegliere l'aggettivo giusto (soprattutto quando uno scrive in una lingua che non coincide con quella materna, quella che di cui si è nutrito sin dalla culla). E uno, nel corso di queste montagne russe emozionali, si domanda a volte se ce la farà ad arrivare a un punto finale, se ci sarà mai un finale al processo di scrittura, se ne sarà valsa la pena, d'intraprendere un viaggio in cui ci si è spostati a vista, navigando in mezzo a 6 capitoli già scritti e a 2 o 3 inediti da scrivere e montare insieme agli altri pezzi (sperando di non dare vita ad un freddo o amorfo Frankenstein, bensì a un caldo e bruciante Prometeo).

Ci sono "bassi" che fanno venire voglia di lasciar perdere; "alti" che ti spingono a fare sempre di più, a sperimentare forme e modi di incastrare il pensiero nelle pagine (forse troppe) di un saggio che a volte ti sembra sperimentale e altre un gioco che non ha molto senso (eppure, ce lo deve avere per forza se ogni mattina ti svegli pensando al "libro"; ovvero, a quell'oggetto che per ora sono circa 150 pagine di Word e, in futuro, in un futuro si spera non troppo lontano, diventarà un rettangolo di pagine stampate e rilegate pronte per essere lette da chissà chi...

Penso ai grandi scrittori, a Dante, a Petrarca, a Leopardi, ma anche a Proust, a Joyce, a Kafka, a Virginia Woolf... penso a quanta fiducia in se stessi hanno dovuto sperimentare prima di intraprendere l'atto di scrittura di To the Lighthouse o Ulysses, della Recherche o de Il processo...o della Commedia o del Canzoniere o de "L'infinito"... quanta angoscia per i limiti che uno avverte in se stesso e quanta incrollabile fiducia nei propri mezzi nel momento in cui si decide di superarli, questi limiti benedetti, e di andare oltre, di sconfinare, di scandagliare il linguaggio per scoprire zone mai esplorate prima o mai prima con quel linguaggio che uno inventa a partire da un mondo interiore che non sa bene come funziona e perché, comunque, riesce a funzionare e permette di creare opere incrollabili.

Come dice Samuel Beckett nella citazione che usa spesso Sandro Veronesi per i suoi romanzi: "Ho provato. Ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio". E quanto è importante "fallire meglio"...

martes, diciembre 10, 2024

 Il libro


Oggi, 10 dicembre del 2024, inizio il libro. "Quel" libro. Quello di cui parlavo anche l'altro giorno nel post intitolato "Articoli". Sì, proprio quel libro il cui indice redassi un anno fa, a febbraio... È passato quasi un anno. Ci ho messo quasi un anno intero prima di scrivere le prime righe dell'introduzione. È un libro strano, forse perfino strambo, perché fatto di capitoli seri e seriosi, scritti in terza persona del singolare, nel rispetto delle norme degli articoli scientifici, e di capitoli più intimi e ribelli, scritti in prima persona, in cui viene fuori la voce più autobiografica, quella che non ricorda bene le date, quella che mescola i ricordi "reali" con quelli "inventati" o "manipolati" dall'immaginazione...

È un libro che è anche un omaggio a uno scrittore che adoro, LG (non voglio fare il nome per scaramanzia; se riesco a pubblicare il libro, scioglierò l'engima per quelle tre o quattro lettrici che potrebbero ancora sentire la voglia di leggermi - ma ci saranno davvero queste presunte lettrici? Non si saranno ormai disperse? Non saranno ormai scomparse per sempre? Chi li legge più i "blog", soprattutto se di natura letteraria? O di tematica letteraria? Chi?).

L'emozione non mi impedisce di scrivere con fluidità e certa razionalità. L'intimo si mescola all'accademico; la vita vera a quella vissuta solo attraverso i libri; chissà come sarà la conclusione. Chissà se e quando riuscirò ad arrivare all'ultima parola. Alla fine del viaggio. Alla fine di tutto. 

Intanto, per ora, mi godo l'avventura di salpare. La scrittura come navigazione: metafore antiche, che vengono da Omero. Speriamo di salvarci. Intanto, ripeto, godiamoci il viaggio.

lunes, diciembre 09, 2024

 Articoli 


C'è uno scrittore amico che scrive che ci sono giorni in cui scrivere articoli (di taglio accademico o - come si dice a volte pomposamente anche nell'ambito degli studi umanistici - "scientifico") gli risulta un lavoro ingrato, un compito infinito, un dovere che lo priva di ogni energia positiva. A me è successo la stessa cosa mesi fa e non solo in relazione agli "articoli", ma anche ad altre pubblcazioni come possono essere le recensioni per riviste d'impatto, gli articoli d'opinione per un giornale locale o le conferenze da esporre oralmente in pubblico (l'ultima su Antonio Moresco, nell'ambito di un mega-congresso su "letteratura e misticismo").

A volte penso anche che la scrittura che non è fluida, che non nasce spontanea, che ci spossessa dell'energia positiva è destinata al cestino, alla sconfitta, all'impasse eterna. Ovvero: forse dovremmo scrivere solo quando siamo davvero convinti ed ispirati, quando l'ispirazione ci coglie lavorando (come diceva anche Picasso), quando l'immaginazione riesce a sorpassare a destra l'intelligenza e l'erudizione e diventa qualcosa di vibrante, qualcosa che perfino il lettore "non esperto" o "non accademico" riesce a percepire e, quindi, ad apprezzare.

In questo mese ho scritto due recensioni, un articolo, una conferenza e un'introduzione ad un evento organizzato dalla Società Dante Alighieri in collaborazione con l'Instituto Cervantes. Il testo migliore, senza alcun dubbio, è proprio il prologo all'evento culturale succitato, un testo di due paginette, ispirato e scritto con un linguaggio comprensibile a tutti, in cui torno così indietro nel tempo da riscattare Omero e citare l'episodio delle Sirene (una scena mitica di tutta l'Odissea, avvolta nel mistero e che pone una domanda cui ancora oggi non riusciamo a trovare una risposta: "cosa cantavano le Sirene?").

Poi mi viene in mente la paginetta in cui ho scritto l'indice e i punti centrali di un libro "ideato" il 22 di febbraio dell'anno scorso (2024) e che - ahimè - non sono ancora riuscito a mettere nero su bianco. La scrittura del libro mi sembra una missione impossibile da portare a termine, eppure, ho già in mente il contenuto dei capitoli, ho intere frasi scritte in mente, ho una caterva di citazioni "salvate" sul pc e da sfoderare nei momenti e nei luoghi strategici del libro. Dovrei solo trovare il tempo. Mettermi alla scrivania. Sedermi davanti al computer. E scrivere. Scrivere. Scrivere. Senza stare a badare troppo all'effetto che il libro potrebbe generare nei futuri lettori; senza pensare nemmeno a un potenziale futuro lettore. Dando il meglio di cui sono capace. Cosciente del fatto che non c'è il libro perfetto né potrebbe mai esistere una cosa del genere. Cosciente del fatto che i libri si dovrebbero scrivere sempre (e solo) con passione, come una domanda che ci assilla, come un'ossessione che si vuole osservare da vicino, come un puzzle che non si vuole finire...

 David Lynch: non lo "lyncheremo" più Ieri sera, verso le 20:00 (l'ora di cena per me, all'italiana), mia cugina mi manda ...